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Una proposta di Rischio Paese: alcune applicazioni

La metodologia di valutazione in SACE

In quanto società dedicata a fornire strumenti di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese italiane, SACE non è stata immune dalle profonde trasformazioni che hanno riguardato il panorama internazionale e la sua attività ne è stata anzi fortemente coinvolta sotto tutti gli aspetti, inclusi i processi di assunzione dei rischi tra cui l’analisi del Rischio Paese.

Come tutte le Export Credit Agencies (ECA), infatti, SACE è nata sia come strumento di politica industriale e commerciale, sia allo scopo di fornire protezione agli operatori nazionali in un contesto caratterizzato da mercati finanziari poco sviluppati, da asimmetrie informative e da sostanziali fallimenti del mercato.

Le ECA erano quindi viste come assicuratori di ultima istanza - in quanto i privati non erano disposti a operare in Paese a elevato rischio - la cui attività si svolgeva in regime di monopolio e non necessariamente in un’ottica di ricerca del profitto. In particolare, considerato l’elemento di sussidio insito nella loro natura, l’attività assicurativa era fortemente legata al concetto di prodotto locale e di operatore nazionale. Questa impostazione si rifletteva anche nel meccanismo di formazione dei premi, che in molti casi erano inferiori al minimo richiesto per coprire le perdite attese, mentre l’attività a condizioni di mercato era lasciata agli operatori privati per evitare fenomeni di spiazzamento.

Il quadro operativo tradizionale era quindi caratterizzato dalla presenza di un’impresa nazionale (attiva sovente in settori strategici), che realizzava progetti ad elevato contenuto di merci nazionali in Paese ad alto rischio, con orizzonti temporali di rimborso a lungo termine e con controparti sovrane. In caso di default del debitore si agiva nell’ambito del Club di Parigi insieme agli altri creditori ufficiali e il focus dell’analisi era incentrato sul rischio sovrano e sul rischio politico. Questo contesto comportava per le ECA una forte concentrazione del portafoglio - non compensata da adeguati accantonamenti - e un onere per il bilancio dello stato nell’eventualità di un mancato pagamento, a causa del contenimento dei premi al di sotto dei livelli di mercato (Ascari (2007)).

In seguito alle crisi debitorie degli anni ’80 e ’90 vi è stata una presa di coscienza, a livello OCSE, riguardo alla necessità di stabilire regole comuni a tutti i membri in materia di credito all’esportazione. Di conseguenza, sono state definite linee guida in materia di premi (con l’obbligo di applicare un livello minino necessario a raggiungere il break even), ambiente, responsible lending e lotta alla corruzione.

Nel frattempo, lo sviluppo dei mercati finanziari ha portato a una maggiore competizione da parte degli operatori privati e alla nascita di nuovi strumenti che facilitano l’accesso al credito da parte dei mercati emergenti, con conseguente marginalizzazione dell’attività tradizionale di export credit che diventa solo una delle opzioni percorribili. Ciò ha creato la necessità per le ECA di rivedere il proprio ruolo, spingendole verso un modello maggiormente orientato al mercato e alla redditività (Figura 1). A ciò si sono associati i noti fenomeni di internazionalizzazione produttiva che rendono difficile ricondurre la realizzazione di un determinato bene al concetto di “made in”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Una proposta di Rischio Paese: alcune applicazioni

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Informazioni tesi

  Autore: Alessia Di Gennaro
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Economia
  Corso: Istituzioni Finanziarie - Banca e Finanza
  Relatore: Amedeo Amato
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 103

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