Fedro e la condizione femminile tra misoginia e rivalutazione
La meretrix: assoluzione o condanna?
Così come nella cultura greca, anche a Roma esisteva ed era formalmente riconosciuta la professione di meretrix.
Le prostitute appartenevano solitamente alla classe servile ma, nonostante fossero poste ad un gradino inferiore rispetto alle matrone all’interno della scala sociale, godevano di un certo prestigio nella società poiché esse ricevevano in realtà una buona educazione che le avvicinava, per ruolo e per cultura, alle cortigiane greche.
Nonostante rapporti di questo genere non fossero mai stati istituzionalizzati, essi erano molto frequenti e spesso erano concepiti come delle vere e proprie storie parallele. Ciò si spiega con la particolare concezione che i romani ebbero dell’amore: nella società, il matrimonio aveva un ruolo primario in quanto all’interno di esso nascevano i cives Romani, per cui il marito doveva mostrarsi attento e presente nei confronti della consorte ma l’amore coniugale era spesso fortemente limitato. A questo istituto si accosta perciò il concubinato o le relazioni con meretrici, che permettevano di dare sfogo a quelle pulsioni sessuali che non potevano essere soddisfatte nell’ambito del matrimonio onde evitare di apporre una macchia sulla reputazione della mater familias, e dal momento che le meretrici non erano di condizione libera non si poteva parlare di adulterio e non c’era punizione.
Che le relazioni con prostitute e cortigiane fossero cosa alquanto frequente è attestato ampiamente nella letteratura e in particolar modo nelle commedie, plautine o terenziane, in alcuni carmi del neoterico Catullo o degli elegiaci Tibullo e Properzio, senza dimenticare i carmi satirici oraziani. Da questi testi si evince una caratterizzazione delle meretrices sicuramente negativa, aderente allo stereotipo della donna calcolatrice e volubile che non è in grado di provare sentimenti d’amore univoci e disinteressati: soprattutto nelle commedie spesso è la prostituta a ordire inganni ai danni del protagonista maschile.
La letteratura ha dunque contribuito in qualche misura a radicare nell’immaginario collettivo un’idea negativa della meretrix, che si evince anche dall’opera di Fedro il quale la rende protagonista di due favole (la IV e la XXIX) entrambe raccolte, non a caso, nell’Appendix: è stato fatto notare, infatti, che le favole raccolte nell’Appendix Perottina sono quelle a sfondo erotico e nelle quali si mostrano comportamenti poco etici; queste furono eliminate in età medievale, quando l’opera di Fedro aveva valore prettamente educativo. Tuttavia, in queste due fabulae, e in particolare nella XXIX, l’elemento misogino sembra essere un dato meramente esteriore e superficiale in quanto riflesso più del giudizio comune che del pensiero dell’autore.
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Fedro e la condizione femminile tra misoginia e rivalutazione
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Informazioni tesi
Autore: | Marianna De Falco |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Rossana Valenti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 103 |
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