Le scienze umane nella formazione infermieristica

Le argomentazioni che rendono la medicina e l’infermieristica una scienza umana possono essere ricondotte a tre capisaldi. Il primo consiste nell’ineffabilità del giudizio immediato, ovvero quella particolare virtù in cui consiste il comprendere intuitivo che consente di cogliere con immediatezza ciò che un “occhio” scientifico non potrebbe vedere, una comprensione empatica dove gioca un ruolo fondamentale la “conoscenza proposizionale” che ha a che fare con i processi di astrazione, di concettualizzazione, di generalizzazione (Pagnini, 2010). In questo senso si sottolinea una pluralità di interpretazioni intenzionali tra cui scegliere prima che il contenuto dell’intuizione diventi un dato oggettivo su cui basare la nostra conoscenza.
Il secondo caposaldo consiste nel considerare le ragioni come non causate dal comportamento o da uno stato mentale. In questo caso basta far riferimento ad una concezione causale che si contrappone al riduzionismo scientifico per cui spiegazioni scientifiche esisterebbero solo ed esclusivamente se accertata la causa fisica, escludendo un aspetto fondamentale che caratterizza l’uomo, i desideri e le credenze nelle quali egli confida. In realtà nelle scienze si danno spiegazioni causali in riferimento ad antecedenti non fisici, come per esempio in sociologia i termini “classe” o “genere”. L’ultimo aspetto da analizzare è quello per cui la medicina assume connotati narrativi.
L’intento è quello di integrare la scienza biomedica con una parte centrale e che riguarda il rapporto di comunicazione operatore – paziente e sulla struttura narrativa di tale rapporto (Pagnini, 2010). Non si nega l’importanza che la causalità gioca in medicina, ma si ritiene che questo non sia l’unico principio guida; tutti i dati colti dall’osservazione e dall’inferenza scientifica devono essere raccolti in una trama che dia un senso di coerenza all’anamnesi. Tale coerenza non viene imposta autoritariamente dall’operatore ma costruita in un dialogo aperto tra paziente ed operatore, il cui fine terapeutico tende inesorabilmente al malato.
In questa visione la medicina e l’infermieristica non vanno viste unicamente nell’ottica del saper fare, ma sono un saper trattare nel processo di interazione con il malato, un “sapere fronetico”, un sapere pratico che mette in relazione azioni e valori, che non dipende da leggi generali ma dall’esperienza, intesa come saggezza acquisita nel fare e non nel conoscere proposizionale, una conoscenza preteoretica.
Quel che serve alla clinica appartiene ad una “ragion pratica” delle narrazioni. Se la ragion pratica la intendiamo come un modo per aggirare le costrizioni che ogni processo di teorizzazione ed ogni metodo comportano in nome di una forma di sapere diverso, facciamo riferimento a Kant quando sostiene: “se la critica della ragion pura pratica deve essere completa, credo indispensabile che si debba anche dimostrare la sua unità con quella speculativa in un fondamento comune, perché in fondo non ci può essere che un’unica e stessa ragione, distinta solo dall’applicazione” (Pagnini, 2010).