Conflitti familiari e giustizia civile
La mediazione nei conflitti familiari
La mediazione nei conflitti familiari, ripeto la definizione contenuta nel Regolamento dell’A.I.M.S. riportata nel primo paragrafo di questo capitolo, “è un percorso di aiuto alla famiglia in periodi critici del ciclo vitale, finalizzato al raggiungimento di accordi concreti e duraturi su alcune decisioni come, ad esempio, l’assistenza ad anziani e portatori di handicap, controversie ereditarie, situazioni di affido e adozione, conflitti riguardanti il tema della diversità”.
Si tratta, perciò, di un intervento finalizzato alla composizione di controversie che sorgono all’interno di un nucleo familiare, tali, tuttavia, da non provocare nella coppia la volontà di separarsi, nel rispetto del principio di parità dei coniugi (essenziale affinché si possa instaurare un dialogo costruttivo) e della loro libertà di concordare l’indirizzo da dare alla propria vita familiare (art. 144 c.c.) attraverso accordi che durino nel tempo.
Questi sono i principi che, dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, permeano il diritto di famiglia odierno.
Le finalità sottese alla mediazione nei conflitti familiari sono le stesse perseguite dal legislatore più di trentacinque anni orsono introducendo la possibilità che i coniugi si rivolgano al giudice ai sensi dell’art. 145 c.c. Come è stato già sottolineato, in questo contesto la norma ha delineato un “modello composito di giudice, tra il mediatore, il conciliatore e l’arbitratore”.
Dal punto di vista operativo tale disposizione ha ricevuto un’applicazione ridottissima, per una serie di motivazioni che dipendono dalla struttura stessa del procedimento giudiziario e che potrebbero essere superate qualora si promuovesse un percorso di mediazione.
Innanzitutto, rileva una certa predisposizione di tipo culturale secondo la quale non ci si rivolge al giudice per ricomporre una frattura, ma esclusivamente per individuare chi l’ha causata, e per la tutela di diritti soggettivi o interessi legittimi, dai quali, eventualmente, si possa ottenere una soddisfazione anche patrimoniale. La mediazione familiacontesto culturale differente, quello afferente all’Alternative Dispute Resolution (ADR). Si tratta di un movimento, nato negli Stati Uniti negli anni Settanta, successivamente diffusosi anche in Europa, che promuove metodi alternativi al tradizionale processo civile di risoluzione delle controversie.
Le tecniche ADR, tra le quali arbitrato, negoziazione, conciliazione e mediazione, trattano la lite con maggiore semplicità, con risparmio di tempo e di costi, e si basano su competenze più specifiche e dunque più adeguate al contesto sociale. Il loro beneficio più importante consiste nell’ “insegnare a comporre amichevolmente ed al minor costo sociale – costringendo magari a fare anche solo dei tentativi seri – la più gran parte delle liti che, a dispetto dei migliori sforzi, insorgono nel corso della vita di tutti noi”. La mediazione, in particolare, “non si riduce ad una semplice alternativa alla giustizia, ma rappresenta una modalità di regolazione sociale che si affianca al diritto nella gestione delle situazioni conflittuali e se ne differenzia sul piano dei principi e dell’atteggiamento verso il conflitto: mentre il diritto tende ad accaparrarsi gli spazi riducendo la capacità decisionale dei singoli, la mediazione tende a restituire la capacità decisionale e la responsabilità nella gestione dei conflitti alle persone coinvolte.
Tale differenza ha la funzione di delimitare le sfere di competenza per ottenere una più efficace integrazione dei sistemi, dal momento che la mediazione, strumentale alla gestione dei legami sociali, necessità dell’apporto delle garanzie tipiche del diritto”. Per questa ragione si è proposto in dottrina di trasformare il significato della «A» di ADR da alternative a appropriate, al fine di sottolineare il carattere complementare della mediazione, che non intende sostituirsi alla via giudiziaria.
In secondo luogo, la sede giudiziaria non è il luogo in cui può avvenire l’ascolto attento e obiettivo per approfondire le motivazioni che sono alla base del conflitto, le quali non hanno fondamento esclusivamente giuridico; di conseguenza, non è il contesto in cui si possono individuare le soluzioni che possano cogliere le ragioni profonde del dissidio al fine di garantire una pace duratura.
Chiedere al giudice di esercitare una funzione conciliativa, che implica competenze non solo giuridiche, costituisce un paradosso, che consiste, appunto, nel “dire al giudice di non svolgere il ruolo del giudice, cioè decidere ed aggiudicare, ma di conciliare, mediare, arbitrare; spesso gli si dice di pacificare senza decidere, quando il suo ruolo è tradizionalmente quello di decidere senza necessariamente pacificare”. Il ruolo del mediatore, invece, è quello di occupare uno spazio diverso: come ho già cercato di dimostrare in questo capitolo, egli non deve decidere, e pertanto può svolgere il ruolo di pacificatore. Il mediatore non deve riempire uno “spazio di sottrazione, come quello occupato dal giudice che deve perdere la propria identità e mascherarsi, confondendosi, nello spirito della legge”, ma deve conquistare una posizione “ricca dello stare in mezzo, del condividere, dell’appartenere comune”, la “medietas”, che lo legittima agli occhi della coppia nell’accompagnarla all’individuazione di una soluzione condivisa.
Infine, è stata del tutto assente un’attività di informazione e di educazione del pubblico, osservazione che può essere estesa anche alla mediazione familiare. Al fine di migliorare questo aspetto, si afferma in dottrina, “potrebbe essere impostata una «rete informativa» tale da garantire la possibilità di una consapevole valutazione delle diverse opzioni per la risoluzione delle liti, sia di fronte ad organi giurisdizionali sia di fronte ad altri organismi. In questo modo l’accesso alla giustizia si potenzia includendo anche la preparazione del cittadino ad una valutazione informata e consapevole dell’opportunità e della convenienza della proposizione di un giudizio”.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Conflitti familiari e giustizia civile
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Informazioni tesi
Autore: | Tiziana Restifo |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Laurea Magistrale in Giurisprudenza |
Relatore: | Alberto Ronco |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 310 |
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