Dalle parallele convergenti alla guerra al terrore
La lingua istituzionalizzata è una partita a scacchi
Rispetto alla lingua della sfera politica, sia essa quella della teoria, della ricerca o della prassi politica, esiste una comunità di parlanti con alcune regole linguistiche cui conformarsi e che si sono formate nel corso dei secoli. Sono regole condivise, comprensibili agli altri parlanti, che accettiamo implicitamente quando iniziamo ad utilizzare la lingua della politica. Questa è un’altra idea di derivazione saussuriana, che lo storico neozelandese John G. A. Pocock [1984] applica dunque anche al linguaggio politico, con alcuni sviluppi. Parlare vuol dire essere sottoposti ad un qualche potere esterno al parlante ma appartenente alla comunità. Un atto di potere come quello del singolo atto linguistico è di conseguenza mediato e mitigato. E risulta istituzionalizzato per sua stessa natura, pur non essendo controllato da alcuna singola ed isolata agenzia.
Concretamente, un atto linguistico significa sempre al tempo stesso sia più che meno di ciò che avevamo in mente. Si comunica sempre volontariamente con un impegno a sottoporsi ad un processo che implica necessariamente più e meno di quello che viene percepito e ciò comporta necessariamente una visione non neutrale del linguaggio, come si è già detto precedentemente, che conduce a considerazioni però diverse. Paragonando l’espressione linguistica all’idea di guerra clausewitziana, cioè ad una sfida d’intelligenza e politica possibile solo grazie alla specifica non conducibilità dell’unica (e sola!) maniera in cui una guerra può essere condotta, Pocock sostiene che una frizione di questo tipo tra l’intenzione e la performance effettiva del primo atto del parlante, sono seguite generalmente da un comportamento in qualche maniera ragionato del secondo attore, che risponde con una reazione egualmente prodotta per contrastare il tentativo di influenza nei propri confronti, impegnandosi in quella che sembra una vera e propria partita a scacchi.
Detto questo, va da sé che i mezzi di comunicazione, in particolare, compiono atti di potere e che niente di tutto questo sarebbe stato possibile in questo modo se i parlanti avessero avuto un potere performativo immediato sulle proprie azioni linguistiche. In sostanza, dalle frizioni proprie del medium conseguono frizioni nelle azioni, e dato che le limitazioni sia del primo che delle seconde sono osservate e utilizzate da due intelligenze percettive, diventano poi vere e proprie modalità di comunicazione; nessuna delle due intelligenze può escludere l’altra dalla mediazione che ne consegue. Come suggerisce ancora Habermas [1986], con l’aumentare della libera circolazione tra i livelli del discorso da parte delle persone, aumenta anche il consenso autentico all’interno della società, e ciò ci porta dunque a distinguere tra impedimenti esterni al processo comunicativo ed impedimenti invece che dalla stessa struttura del processo di comunicazione originano.
Secondo Pocock, in conclusione, il linguaggio comporta un potere, che non può essere controllato integralmente e che non si può evitare che gli altri controllino, data la sua istituzionalizzazione. In quanto medium per la comunicazione politica e per l’azione, il linguaggio ha un’effettività politica proprio per questa sua caratteristica. Imporre direzioni e strategie al discorso politico è fondamentale, per spiegare il funzionamento del punto di intersezione tra il linguaggio e la politica, quella «messa in comune» [Arendt, 1987] da parte di alcuni individui di alcune forme dell’esperire quotidiano per agire di concerto in vista del conseguimento di un determinato scopo (comune o meno), che può avvenire solo con l’esperienza comunicativa.
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Dalle parallele convergenti alla guerra al terrore
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Informazioni tesi
Autore: | Fabrizio Colimberti |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Francesca Piazza |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 89 |
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