L’esposizione di simboli religiosi negli edifici pubblici, alla luce della giurisprudenza della CEDU

Tutelata dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dal Patto sui diritti civili e politici del 1966, la libertà religiosa rinviene espressa menzione anche nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma nel 1950, entrata in vigore (a seguito del previsto deposito di dieci strumenti di ratifica) nel settembre del 1953, e resa esecutiva in Italia con legge n. 848 del 1955.
L’introduzione in sede sovranazionale di un regime di preservazione della libertà di religione è storicamente coerente con l’acquisizione – essenzialmente contemporanea – di una nuova consapevolezza degli Stati in ordine alla centralità dei diritti inalienabili dell’Uomo, verosimilmente favorita dalla graduale emersione post-bellica delle inenarrabili violazioni della dignità della persona, perpetrate nel contesto del secondo conflitto mondiale, soprattutto in riferimento al pianificato sterminio di un intero popolo, dichiaratamente stigmatizzato in ragione dell’adesione dei suoi componenti alla religione ebraica da costoro professata.
Il disposto convenzionale, corroborato dall’azione di supporto all’applicazione della Convenzione, provenuta dagli organi del Consiglio d’Europa, ha costituito la via maestra per la fondazione di un autentico diritto ecclesiastico europeo, alla cui costruzione la giurisprudenza della Corte EDU ha offerto un contributo di non poco momento.