Il ruolo della Corte Suprema degli Stati Uniti d'America nella protezione dei diritti e delle libertà fondamentali durante periodi di crisi
La libertà d’espressione durante la guerra del Vietnam
Nonostante nel lontano Oriente si stesse già combattendo la guerra del Vietnam da alcuni anni, la dura repressione nei confronti dei cittadini americani di orientamento politico vicino ad ambienti comunisti cominciò ad apparire sempre meno giustificata. Nel 1958 un cittadino americano, Rockwell Kent, presentò richiesta per ottenere il passaporto al fine di poter andare in Finlandia per partecipare ad una conferenza del “Consiglio Mondiale per la Pace”. Il Segretario di Stato, John Foster Dulles, negò il rilascio del passaporto a causa delle posizioni politiche di Kent. Dulles argomentò che il diniego fosse un legittimo esercizio della sua discrezionalità di Segretario di Stato al fine di tutelare la sicurezza degli Stati Uniti, implicitamente minacciata dagli obiettivi della filosofia comunista. A Kent fu, quindi, impedito di partecipare alla conferenza nonché di viaggiare liberamente. In sostanza si trattò di una limitazione significativa della libertà personale attuata attraverso un provvedimento discrezionale dell’autorità esecutiva, in assenza di un giusto processo. Il caso venne portato davanti alla Corte Suprema, dove Kent contestò una palese violazione del I emendamento e dei suoi diritti al giusto processo sostanziale. Il Giudice Douglas riuscì a raccogliere una debole maggioranza di cinque Giudici per invalidare il provvedimento esecutivo e tutelare i diritti e le libertà di Kent. La libertà di viaggiare venne qualificata come un aspetto importante della libertà personale garantita ai cittadini. Per questa ragione la Corte ritenne che non fosse legittimo limitarla in assenza di una chiara e precisa legislazione da parte del Congresso. In altre parole, Douglas confermò la propria diffidenza nei confronti di quelle restrizioni dei diritti e delle libertà fondamentali attuate senza un chiaro e preciso consenso da parte del Congresso. In assenza di una condotta criminale, Kent avrebbe avuto diritto ad ottenere il passaporto. Douglas negò che l’autorità del Segretario di Stato fosse titolare di un’assoluta discrezionalità nel rilascio dei passaporti, mentre la forte opinione dissenziente del Giudice Clark confermò tale discrezionalità sulla base dell’evidente funzione di proteggere la sicurezza interna del paese, sia in tempo di pace che in tempo di guerra. Con questa sentenza, se da un lato venne confermata l’ossessiva preoccupazione per la sicurezza nazionale in relazione ad una generica minaccia comunista, la maggioranza della Corte confermò la dottrina introdotta dalla nota 4 del caso Carolene Products Co., in base alla quale, in assenza di una chiara e precisa disciplina approvata dal Congresso, la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali esige una presunzione di incostituzionalità (c.d. Per Se Incostitutionality). In sostanza la Corte avrebbe dovuto interpretare rigidamente un provvedimento come quello adottato nel caso Kent. Risulta chiaro come il Giudice Douglas riabilitò il ruolo della Corte come “ingranaggio” del sistema dei checks and balances, sebbene le divisioni interne dei Giudici rappresentassero i contrasti dell’opinione pubblica di quegli anni.
Il Movimento per i Diritti Civili di Martin Luther King, infatti, stava progressivamente risvegliando una nuova consapevolezza politica di natura liberale, che non si limitò alle comunità afro-americane. Una rinnovata idea di tolleranza venne proposta al popolo americano, il quale cominciò progressivamente a manifestare una certa insofferenza nei confronti degli schemi governativi del secondo dopo-guerra. L’elezione del Presidente Kennedy catalizzò la speranza di un cambiamento sociale prima che politico, ancorché, proprio nei pochi anni della sua amministrazione, le truppe americane in Vietnam venissero triplicate. Ad ogni modo, le contrapposizioni sociali erano aspre e numerose. Alle immense folle che si radunavano per ascoltare i discorsi di Luther King corrispondevano violenti atti di terrorismo da parte del Ku Klux Klan; alle feroci campagne anti-comuniste corrispondevano le manifestazioni pacifiste contro la guerra in Vietnam; alle istanze repressive delle idee pericolose promosse dai c.d. neo- con corrispondevano le proteste in favore dei diritti civili. Per quanto possa essere opinabile l’influenza dell’opinione pubblica sull’attività della Corte Suprema, indubbio è stato il riflesso di queste contrapposizioni nelle posizioni personali dei singoli Giudici. [...]
I contrasti sociali degli Anni ’60 continuarono a sollecitare l’intervento della suprema Magistratura affinché venisse data una risposta definitiva in favore di una parte piuttosto che di un’altra.
Nel 1963 un gruppo di studenti di colore, che manifestavano pacificamente contro la discriminazione, furono arrestati per non aver obbedito ad un ordine della polizia di disperdersi in relazione ad un supposto rischio di c.d. “breach of the peace” (sommossa, agitazione popolare). Uno degli studenti, Edwards, decise di impugnare la sentenza di condanna davanti alla Corte Suprema. Egli contestò una palese violazione delle libertà fondamentali delI’emendamento (libertà d’espressione, libertà di riunione e diritto di manifestare le proprie istanze). Il Giudice Stewart, estensore della sentenza, accolse le argomentazioni di Edwards giudicando il comportamento della polizia come ingiustificato. [...]
La Corte ritenne, inoltre, che gli studenti fossero stati condannati da una corte statale della Carolina del Sud a causa del contenuto della loro manifestazione di espressione, il quale era palesemente contrario alla opinione della maggioranza della comunità locale e che, quindi, attrasse una folla dalla quale gli studenti dovevano essere tutelati. In altre parole, la polizia avrebbe dovuto proteggere i manifestanti e non arrestarli.
Stewart affermò anche che la costituzione federale non consente ad uno stato di criminalizzare la pacifica espressione di opinioni impopolari e che il valore di precedente della decisione della corte statale della Carolina del Sud avrebbe costituito una simile criminalizzazione. L’unica opinione dissenziente venne redatta dal Giudice Clark, il quale affermò l’inopportunità di non consentire alla polizia di agire prima che la sommossa si scateni. In altre parole Clark sostenne la legittimità dell’azione di repressione preventiva la quale, da un certo punto di vista, ricorda la dottrina introdotta con il caso Dennis. Il caso Edwards contro Carolina del Sud ripristinò una dottrina concretamente protettiva della libertà d’espressione, in particolare, quando questa sia esercitata laddove ha luogo tradizionalmente la pubblica discussione.
Comunque sia, l’importanza del caso Edwards è costituita dal superamento del caso Feiner attraverso l’imposizione del dovere di proteggere da una folla ostile colui che trasmette il messaggio.
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Il ruolo della Corte Suprema degli Stati Uniti d'America nella protezione dei diritti e delle libertà fondamentali durante periodi di crisi
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandro Martinuzzi |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Luca Mezzetti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 304 |
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