Dalla rappresentazione alla spiegazione. Un esperimento in Didattica della Geografia nella Scuola Primaria.
La geografia nella scuola italiana: brevi cenni storici
La prima legge di riferimento inerente l’ordinamento scolastico del nostro Paese risale al periodo ancora antecedente l’unità di Italia (1861); si tratta della L. Casati, dal nome dell’allora Ministro dell’Istruzione del Regno di Sardegna, Gabrio Casati, approvata dal Parlamento subalpino e promulgata dal re Vittorio Emanuele II.
Di impronta fortemente positivista, tale legge, composta da 379 articoli, poneva l’attenzione sull’importanza dell’utilizzo dei sensi per la raccolta, la catalogazione e l’analisi della realtà empirica; per questo essa regolava l’amministrazione della pubblica istruzione, di tutti i gradi ed ordini, da quello universitario a quello secondario classico, a quello tecnico ed elementare.
In seguito l’organizzazione didattica viene rimaneggiata, ma non in maniera eccessivamente incisiva, sia nella legge Coppino, che nei programmi del 1888 o in quelli del 1905. Il problema principale della scuola dell’epoca, ancora fortemente elitaria e rivolta a pochissime persone, è ancora quello del "leggere" e dello "scrivere", o al massimo del "fare di conto", per cui la geografia trova davvero poco spazio di applicazione e di interesse, sia da parte degli insegnanti che da parte dell’amministrazione centrale.
Del 1888 sono poi i Programmi Gabelli, che, riprendendo la legge Coppino, introducono nell’insegnamento scolastico nuove discipline, quali la fisica, le scienze naturali, la geometria e l’aritmetica, tutte materie che hanno il chiaro intento di promuovere negli alunni l’uso dell’intelletto e della sensibilità nel contatto quotidiano con il mondo circostante.
Del 1905 è, invece, il regio decreto 29/01, n. 30, che apporta alcune modifiche ai programmi della scuola elementare, pur se di minima entità, per cui sostanzialmente nella didattica nulla cambia e la geografia permane nella sua posizione marginale e di voluto isolamento.
Proprio per ricostruire il quadro di insegnamento della geografia di oltre un secolo fa nella scuola elementare, un valido aiuto proviene da un testo di Emilia Formiggini Santamaria dal titolo Lezioni di didattica, nel quale si evidenzia come lo studio di materie, quali proprio la geografia e la storia, non iniziava se non a partire dalla terza classe (il ciclo completo era di sei classi).
Quindi, considerato l’elevato tasso di abbandono scolastico dell’epoca, quando già frequentare i primi due anni era già per molti ragazzi un lusso vero e proprio, è facile intuire come la maggior parte degli studenti non sia mai arrivata neppure a ricevere i fondamenti di queste due discipline.
Altro spunto interessante del testo viene poi dal fatto che l’autrice sottolinea l’importanza di un approccio didattico della materia di tipo esperienziale-pratico, piuttosto che di un insegnamento di questa meramente teorico, che poco o nulla lasciava nella mente dei giovani allievi.
Nel 1923 viene fatta la Riforma Gentile, dal nome dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione, che definisce per la prima volta una netta dicotomia tra materie letterarie e materie scientifiche. Di tale dualismo risente allora, tra le altre, anche la geografia, che si trova proprio a metà tra i due filoni di studio.
Diventa in tal modo questa una disciplina particolarmente sfruttata, funzionale all’epoca per diffondere, già tra i giovani allievi, gli ideali del fascismo, quali colonialismo, patriottismo, superiorità razziale e così via.
Nei programmi del 1945 la situazione muta nuovamente. Infatti si decide di unire l’insegnamento della geografia con quello della storia, come materie letterarie. Il fulcro della didattica è allora rappresentato dallo studio degli aspetti prettamente fisici, quali i fenomeni meteorologici, i movimenti e la costituzione dell’atmosfera, nonché i temi astronomici, mentre la parte inerente la geografia generale viene ridotta a semplici accenni, vaghi e spesso superficiali.
Il metodo di insegnamento si basa ora su un approccio di tipo centrifugo, per cui, nel corso degli anni di scuola, si comincia con l’analisi del proprio comune di residenza, si passa poi alla propria regione, per arrivare in seguito al territorio italiano e, infine, ai paesi europei ed a quelli extraeuropei.
Il tipo di lezione effettuato in aula è sostanzialmente frontale e con un approccio di tipo unidirezionale, per cui l’insegnante passava una serie di nozioni, a carattere per lo più descrittivo, che gli studenti ascoltavano e memorizzavano, in modo automatico, senza alcuna interazione docente-discente. Il libro di testo adottato per la didattica della geografia è il sussidiario.
I programmi del 1955, che rimangono in vigore formalmente fino al 1958 (anche se alcuni tratti sono ancora in vigore nella normativa attuale) rivalutano poi il valore dell’intuizione e della fantasia, come potenzialità proprie del fanciullo, per cui la geografia viene ora associata, oltre che alla storia, anche alle scienze.
In realtà però non viene effettivamente posta grande attenzione a tali competenze proprie degli alunni, i quali, al contrario, troppo spesso sono invece obbligati ad una mera memorizzazione di nomi, che rimangono poi privi di reale significato; una futile elencazione povera di contenuto, ridotta ad una semplice forma esteriore. Elemento innovativo è dato, comunque, dall’introduzione dell’aspetto antropico, per cui si cominciano a studiare le opere create dall’uomo, che in qualche modo hanno modificato nel corso del tempo le aree naturali del pianeta.
Anche il ruolo del maestro perciò ora muta, per cui questi adesso deve aiutare gli allievi ad intraprendere il percorso necessario per attuare il proprio processo di ricerca e di scoperta dell’ambiente circostante. La geografia oggi non deve più spingere l’alunno ad uno sterile esercizio di memorizzazione di nomi di luoghi e cifre.
Come disciplina che non possiede un esclusivo ambito di studio, tenderà piuttosto aiutare gli alunni ad orientarsi nel territorio in cui si muovono, valorizzandone i dati fisici e descrittivi e facendo discendere da questo i caratteri antropici del genere umano. In tal modo gli alunni imparano a trovare le connessioni esistenti tra uomo ed ambiente ed a riconoscere, allo stesso tempo, gli elementi che di questo fanno parte.
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Dalla rappresentazione alla spiegazione. Un esperimento in Didattica della Geografia nella Scuola Primaria.
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Informazioni tesi
Autore: | Daniele Costantini |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze della Formazione Primaria |
Relatore: | Bruno Vecchio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 166 |
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