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Formazione e interesse del lavoratore alla stabilità del rapporto nella prospettiva del giustificato motivo di licenziamento

La formazione negli ordinari rapporti di lavoro subordinato

Nelle pagine precedenti si è anticipato il ragionamento della dottrina sull’utilizzo della formazione come elemento di riequilibrio del sinallagma contrattuale. La questione sopra esposta risulta di particolare importanza, in quanto direttamente collegata all’innovazione organizzativa e, di conseguenza, al problema dell’adattamento della mobilità professionale, in situazioni rilevanti anche ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo e dei licenziamenti collettivi.
Prima di procedere nella riflessione occorre, però, rivolgere l’attenzione anche a quella parte della dottrina la quale ritiene che, allo stato della normativa legale, non sia possibile costruire a carico del datore di lavoro, sulla base di vincoli contrattuali, un obbligo a fornire al lavoratore la formazione professionale. E ciò tanto nel caso di soppressione di un posto (qualunque ne sia la causa), con relativo esubero di personale - il quale, nel rispetto del principio dell’extrema ratio del licenziamento per g.m.o., impone la ricerca di mansioni equivalenti cui adibire il lavoratore - quanto nel caso di innovazione tecnologico-organizzativa che, pur senza sopprimere la posizione lavorativa, la trasformi modificandone il contenuto professionale, e ponga, di conseguenza, la questione (oltre che, ancora una volta, del possibile spostamento del lavoratore ad altra posizione con mansioni equivalenti, onde evitare il licenziamento per g.m.o., sempre nel rispetto del predetto principio dell’extrema ratio) della riqualificazione del lavoratore stesso affinché possa rimanere assegnato ad essa.
Si tratta delle obiezioni rivolte da Umberto Carabelli e Domenico Garofalo a tutte le tesi sopra ricordate, le quali intendono ricavare dall’assetto normativo vigente un obbligo formativo di origine contrattuale a carico del datore di lavoro. Tale dottrina contesta l’esistenza di un dovere di formazione in capo al lavoratore, sia nel caso in cui lo si riconducesse all’art. 2104, co. 1, c.c., sia ove lo si intendesse come riflesso di un generale onere cooperativo, nel caso di introduzione di un’innovazione tecnico-organizzativa.
Sotto il primo profilo, si ritiene incongruo richiamare l’art. 2104, co. 1, c.c., per fondare un dovere di formazione professionale “dato che essa - una volta intesa come ispirata ai parametri di comportamento conformi al patrimonio di esperienze e conoscenze tecniche riconducibili alle “regole dell’arte” relative all’attività oggetto dell’obbligazione contrattuale - non è certo in grado di per sé di obbligare il lavoratore allo svolgimento dell’attività lavorativa, ma solo di vincolarlo, nell’adempimento anche delle funzioni richieste dai nuovi modelli organizzativi, o dalle c.d. nuove professioni, al rispetto di quegli standards di conoscenza che si consolidino progressivamente, appunto come “regole dell’arte” dell’attività da svolgere, e che dovranno essere dal lavoratore stesso già acquisiti e posseduti nell’esercizio di quest’ultima”. Sotto il secondo profilo, si considerano le informazioni connesse all’innovazione più come “istruzioni per l’uso”, che si traducono “in veri e propri comandi riconducibili nell’alveo della stessa funzione di conformazione o organizzazione interna, del potere direttivo, con conseguente posizione di soggezione del lavoratore”, che non come effettiva attività di formazione professionale.
A tali critiche si aggiungono quelle formulate da Pietro Antonio Varesi, secondo il quale l’accoglimento delle posizioni sopra richiamate «potrebbe aprire fertili prospettive per una nuova tutela della professionalità del lavoratore e per un controllo sul potere organizzativo del datore di lavoro, ma è altrettanto indubbio che tesi così innovative meritano di essere sottoposte ad un vaglio approfondito». Il loro fondamento va ricercato attraverso un percorso di ricerca che porti a un «equilibrato punto di approdo, passando tra norme costituzionali poste a tutela di interessi diversi ed a volte contrapposti, principi del diritto civile e la legislazione del lavoro».

Questo brano è tratto dalla tesi:

Formazione e interesse del lavoratore alla stabilità del rapporto nella prospettiva del giustificato motivo di licenziamento

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Di Berardino
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Francesco Liso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 70

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Parole chiave

diritto alla formazione
formazione
formazione continua
formazione durante tutto l'arco della vita
formazione e contratto di lavoro
formazione permanente
formazione professionale
giustificato motivo di licenziamento
innovazione tecnologica e licenziamento
licenziamento come extrema ratio
obbligo di repechage
obbligo formativo

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