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Analisi spaziale di un campione delle "Novelle per un anno" di Luigi Pirandello

La filosofia del lontano

Nel saggio già menzionato nell’introduzione di questa tesi, Macchia introduce il concetto di «filosofia del lontano» per descrivere alcuni tratti dell’opera e della biografia pirandelliana. L’insieme delle opere di Pirandello viene infatti paragonato a un’isola, a causa del disinteresse dimostrato dal pubblico per lungo tempo; in secondo luogo, lo studioso riflette sull’argomento proposto da Pirandello nella tesi di laurea, che trattava alcuni aspetti del dialetto agrigentino. Questo lavoro venne preparato e portato a termine a Bonn e redatto dunque in lingua tedesca. L’oggetto di studio riguardava dunque la propria terra natale, la Sicilia, ma questa veniva osservata e studiata, appunto, “da lontano”. Assumere un punto di vista simile rispetto alla materia di studio consente di osservare in modo distaccato l’oggetto di cui si parla, favorendo un approccio più imparziale e oggettivo. La lontananza è quindi qualcosa di cui Pirandello fa esperienza in prima persona nel corso della propria vita, ma che diventa poi una sorta di lente attraverso cui osservare il mondo e l’«enorme pupazzata» che vi si svolge.
Per indagare le modalità con cui il concetto di lontananza rientra nelle opere dell’autore si può iniziare menzionando un artificio prettamente pirandelliano, che è quello del “guardarsi dall’esterno” o del “guardarsi vivere”, che si oppone al vivere vero e proprio e conduce il soggetto a estraniarsi dalla realtà, come afferma il protagonista della novella La carriola (Candelora, 1928):

Solo si conosce chi riesca a veder la forma che si è data o che gli altri gli hanno data, la fortuna, i casi, le condizioni in cui ciascuno è nato. Ma se possiamo vederla, questa forma, è segno che la nostra vita non è più in essa: perché se fosse, noi non la vedremmo: la vivremmo, questa forma, senza vederla, e morremmo ogni giorno di più in essa, che è già per sé una morte, senza conoscerla. Possiamo dunque vedere e conoscere soltanto ciò che di noi è morto. Conoscersi è morire.

Sul dramma del vedersi vivere è incentrata anche la lunga riflessione di Vitangelo Moscarda, protagonista del romanzo Uno, nessuno e centomila (1926): nel romanzo troviamo infatti la stessa affermazione presente anche nella sopracitata novella, secondo la quale «conoscersi è morire». Nello stesso capitolo del romanzo è inserita la riflessione sulla concezione che un individuo ha di sé stesso, il modo in cui si vede, ad esempio, in uno specchio e il modo in cui viene visto dagli altri. Per spiegare questo concetto ad Anna Rosa, il protagonista e narratore utilizza come esempio la finestra, oggetto che diventa metaforicamente luogo di confine tra il mondo interno del soggetto, in questo caso Anna Rosa, e il mondo esterno. Questo contrasto tra la concezione che il soggetto ha di sé stesso e il modo in cui appare alle altre persone è reso tramite una relazione spaziale di estrema distanza tra i vari personaggi della scena creata dal narratore: non solo visti dalla finestra i passanti «non sembrano più grandi di un dito», ma allo stesso modo la finestra, vista dalla strada, appare troppo piccola e alta per essere osservata con facilità. Questa metafora straniante sembra funzionale anche per comprendere un altro grande tema pirandelliano, quello dell’incomunicabilità. Anche nel paragrafo del romanzo appena analizzato, il relativismo sembra essere alla base del dramma dell’incomunicabilità:

Vedere le cose con occhi che non potevano sapere come gli altri occhi intanto le vedevano. Parlare per non intendersi.

Nella parte conclusiva del capitolo, che si svolge nella stanza di Anna Rosa e dunque in un ambiente intimo, e che presupporrebbe un certo grado di vicinanza tra i personaggi, viene espresso il sentimento di distacco e straniamento del protagonista, reso tramite il termine «lontananza» che ricorre per ben due volte a distanza di poche righe:

… la guardavo come dall’infinita lontananza d’un tempo che avesse perduto ogni
età.
… guardandola da quella lontananza ...


Parlando del tema della lontananza bisogna menzionare il caso in cui l’estraniazione del soggetto dalla realtà si traduce in una fuga nella dimensione dell’oltre, di cui la novella Il treno ha fischiato (L’uomo solo, 1922) è l’esempio più adeguato. Il protagonista, Belluca, è un impiegato oppresso dal duro lavoro e dalla propria famiglia. Le particolari condizioni di vita conducono il protagonista alla pazzia, un esito che secondo il narratore non ha nulla di sconvolgente: chiunque, conducendo una vita simile, sarebbe certamente impazzito. Il narratore, essendo suo vicino di casa, conosce molto bene Belluca; per questo può osservare degli aspetti della vita di Belluca preclusi ad altri e può dare una spiegazione logica dei motivi che hanno condotto il protagonista allo squilibrio. I colleghi del protagonista, contrariamente al narratore, non possono essere a conoscenza di tutto ciò, per questo si accaniscono su di lui schernendolo e maltrattandolo; e quando poi viene condotto in ospizio mostrano una fredda costernazione. L’alienazione dell’impiegato è resa esplicita dalla metafora spaziale che utilizzano i colleghi per descrivere il protagonista:

Circoscritto… sì, chi l’aveva definito così? Uno dei suoi compagni d’ufficio. Circoscritto, povero Belluca, entro i limiti angustissimi della sua arida mansione di computista…

«Circoscritto» è un termine usato principalmente in geometria, per indicare una circonferenza circoscritta ad un poligono i cui vertici coincidano con dei punti della circonferenza. Il lavoro, caratterizzato da una lunga serie di tecnicismi («…di partite aperte, di partite semplici o doppie o di storno, e di defalchi e prelevamenti e impostazioni, note, libri-mastri partitarii, stracciafogli…») sembra aver inglobato Belluca fino al punto di sottrargli le fattezze umane. Il passo che segue è infatti una prolungata metafora che paragona Belluca a un «vecchio somaro». Una sera, prima di addormentarsi, Belluca sente il fischio di un treno, elemento che funge da vero e proprio spartiacque tra due modelli di vita completamente diversi: da un lato il mondo alienante del lavoro e della famiglia, dunque degli asfissianti ruoli sociali; dall’altro la dimensione in cui non esistono tali ruoli e dunque si può essere liberi. Il giorno dopo aver sentito il treno fischiare, Belluca si presenta a lavoro in ritardo e decide di non far niente, il che sarebbe stato impossibile nella condizione precedente, in cui si lavora e poi si torna a casa a badare alla famiglia, considerata «normale» dai colleghi di Belluca. Nel momento in cui Belluca si oppone allo status quo viene condotto infatti in manicomio.
Il fischio del treno ricorda a Belluca che «il mondo esisteva» e lo conduce, per mezzo dell’immaginazione, in territori lontani e inesplorati, come la Siberia o il Congo, nominati dallo stesso Belluca nel momento in cui tenta di spiegare al suo superiore le ragioni del suo mutato comportamento. Il fischio, risvegliando l’immaginazione di Belluca, lo sottrae alla condizione di oggetto «circoscritto», restituendolo alla dimensione umana. Il passaggio tra i due stati è dato anzitutto dall’attenzione posta allo sguardo del protagonista: infatti, se prima i suoi occhi erano «cupi, senza lustro», ora «ridevano lucidissimi, come quelli d’un bambino o d’un uomo felice». Belluca scopre un modo per fuggire dall’oppressione del quotidiano anche senza assentarsi fisicamente, attraverso l’immaginazione può infatti visitare luoghi distanti come «Firenze, Bologna, Torino, Venezia». Il fischio del treno rappresenta per lui non una fuga definitiva verso un altro mondo, ma una dimensione in cui rifugiarsi occasionalmente quando le angherie della realtà si fanno insostenibili.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Analisi spaziale di un campione delle "Novelle per un anno" di Luigi Pirandello

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Informazioni tesi

  Autore: Giordana Battisti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Franco D’Intino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 101

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luoghi
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analisi spaziale
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