''Lascia ch'io pianga mia cruda sorte''. Storie personali di castrati illustri e recupero del patrimonio perduto della loro voce
La figura dell’androgino tra Seicento e Settecento: travestitismo e identità sessuale
Il fenomeno dei castrati si inserisce in un quadro culturale e di costume che spesso propone modelli di travestitismo o di scambio dei ruoli sessuali a beneficio della scena. L’arte, e soprattutto il teatro musicale, è trasformazione e immedesimazione, e gli attori sono chiamati a interpretare un ruolo sempre diverso, spesso diverso persino dal loro genere sessuale.
Un esempio di questa tendenza è il teatro inglese di periodo elisabettiano, che proibiva alle donne di esibirsi sulla scena: sembra impossibile immaginarlo ora, ma i drammi più famosi di Shakespeare furono recitati per molto tempo con attori uomini nei ruoli femminili.
Questo provocava spesso un certo sconcerto negli spettatori, che vedevano quello che era palesemente un uomo fingersi donna cammuffando la voce, copiando i movimenti, gli atteggiamenti, i pregi e i difetti femminili, ma che era in modo abbastanza evidente ‘fuori ruolo’ per quanto potesse essere bravo e a suo modo convincente; ma percepiva anche una sorda e irrefrenabile attrazione sessuale, soprattutto per i fanciulli più giovani che impersonavano le parti di ragazze più tenere e ingenue.
Lo sconcerto diventava doppio quando ci si rendeva conto che quello che si vedeva era un ragazzo che si fingeva donna; ci si era invaghiti del personaggio, o dell’interprete, e se dell’interprete, perché in abiti femminili o semplicemente perché maschio?
La questione si complicava ulteriormente in alcuni casi particolari a causa di una tendenza abbastanza comune nei drammi elisabettiani; quella di rappresentare eroine che, per caso o per sfuggire ad una situazione difficile, si travestono da uomo. Il ruolo sarebbe già stato complicato da interpretare per un’attrice donna; fingersi ragazzo, indossando abiti femminili, senza però smarrire del tutto la propria femminilità, sarebbe già stato complesso. Per un ragazzo attore il medesimo procedimento diventava decisamente singolare. Sulla scena di assisteva a un doppio travestimento: un attore che vestiva panni femminili per interpretare un ruolo di donna che però nel dramma si travestiva da uomo per una qualche ragione. Viene spontaneo dire che conveniva all’attore presentarsi direttamente con i suoi vestiti abituali, come uomo quindi, per rendere il cammuffamento verosimile non solo sul piano della finzione storica, ma anche per il pubblico; questa è un’osservazione volutamente ironica, ma che si saranno posti sicuramente anche idrammaturghi di epoca elisabettiana, e ancor più le donne attrici, che richiesero e ottennero con Giacomo II di poter calcare la scena con i loro panni, togliendo a molti attori specializzati nei ruoli en travesti lavoro e scopo di vita, ma restituendo al teatro l’attenzione per la credibilità interpretativa.
L’ambiguità sessuale, in quanto ‘autorizzata’ e posta sotto il controllo degli organi di governo, come poteva essere l’esibizione dei castrati nelle chiese, aveva uno specifico ruolo sociale. La diversità veniva mostrata come monito e avvertimento dei rischi cui si poteva venire incontro se ci si fosse lasciati trasportate dalle tendenze libertine e ‘pagane’ che ancora fremevano nella sottocultura popolare: l’immaginario dell’efebo a guardia dell’harem, del servitore evirato, era combattuto dalla Chiesa in quanto appartenente a una cultura considerata inferiore e contraria alla morale corrente di stampo cattolico e bigotto.
Il castrato rappresentava la ribellione alle leggi e la conseguente punizione divina; il suo dovere era vivere per dimostrare l’implacabilità della giustizia, ma allo stesso tempo finiva per diventare il sogno proibito, non solo delle donne, ma anche degli uomini, che ne erano inconsciamente attratti e più se ne rendevano conto più colpevolizzavano queste figure tentatrici cercando di respingerle.
Si arriva al paradosso che, alla visione del castrato, l’evirazione non faccia più così paura come auspicato; l’attrazione per il proibito e il fascino sicuramente forte di questi personaggi fanno sì che nelle menti degli spettatori si formi un messaggio di libertà, di sessualità non più repressa, di uguaglianza fra i sessi e di adolescenza infinita (i castrati non avevano barba e spesso mantenevano per tutta la vita l’aspetto un po’femmineo del maschio in piena pubertà). Questo era ovviamente l’aspetto più esteriore e sicuramente enfatizzato apposta dai castrati: per scongiurare l’orrore che la loro mutilazione trasmetteva, questi si nascondevano dietro un’immagine allegorica per non essere respinti dalla società, almeno per il tempo in cui rimanevano sul palcoscenico.
I ruoli sessuali non sono solo una questione biologica: sono frutto dei tempi, della situazione politica, culturale e anche economica di un paese. In una situazione sociale complessivamente equilibrata, i ruoli sessuali sono chiari e distinti e ogni eccezione è tollerata nella misura in cui non rechi danno a sé o agli altri.
In una realtà profondamente divisa tra libertinismo e tentativo di restaurazione dei valori tradizionali cattolici qual era quella dell’Italia e dell’Europa del Settecento, il bisogno di libertà sessuale e personale dell’individuo si scontra immancabilmente con i pregiudizie le leggi delle classi dominanti, e può esprimersi solo in forme artistiche e quindi tollerate anche se a fatica perché ‘naturalmente eccentriche’, come appunto la moda dei castrati. Questo non vuol dire che la censura non esistesse, ma sicuramente in un ambiente diverso certe opere come gli scritti di De Sade non avrebbero trovato un canale di divulgazione.
I ruoli sessuali, quindi, sono oggetto di continui negoziati tra il popolo e la classe dominante; il sesso è una delle discriminanti che determinano la partecipazione o meno alla vita della società, e quindi le donne si mascolinizzano per avere un ruolo nel mondo.
Al contrario gli uomini vogliono scrollarsi di dosso le responsabilità e dare sfogo agli istinti nascosti e vestono i panni delle compagne per sentirsi in un certo senso outsider, ma, forse proprio perché ‘fuori’ dalla società, liberi di sperimentarne gli aspetti meno noti ed esprimere i lati più pittoreschi della loro personalità.
Il fascino dei castrati non era solamente sessuale ed esplicito, ma più sensuale e ‘intellettivo’; l’attrazione veniva dall’insieme dei loro gesti, del loro aspetto e della loro fama come cantanti, una mescolanza di fattori che potevano soddisfare mentalmente gli ascoltatori.
L’aspetto interessante dell’attrazione che si provava per loro deriva dall’esistenza o meno di una concezione di bisessualità nella mentalità del tempo; era presente nei Greci, che concepivano l’amore omosessuale in completa armonia con quello tra uomo e donna, e sicuramente qualcosa di questa concezione deve essere rimasto nei geni più nascosti dell’uomo moderno occidentale.
Capire se questa bisessualità esisteva a livello conscio o inconscio nell’animo degli ascoltatori e corteggiatori dei castrati ci aiuterebbe a ricostruire un tassello importante nella storia della sessualità umana: l’impulso sessuale, appurato che non ha necessariamente finalità riproduttive ma spesso tende solo al piacere in sé stesso, può essere anche una sorta di proiezione del proprio io nell’altro che ci troviamo ad ammirare?
E può avere finalità compensative di una parte di sé che si percepisce come carente e si desidera? Sono domande che non troveranno probabilmente risposta, a meno di non ritrovare qualche testimonianza precisa in merito, ma una parziale risposta almeno all’ultima domanda può venire dalle credenze del tempo che vedevano il castrato come la rappresentazione della perfezione dei generi, in quanto conciliazione degli opposti.
Questo brano è tratto dalla tesi:
''Lascia ch'io pianga mia cruda sorte''. Storie personali di castrati illustri e recupero del patrimonio perduto della loro voce
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Informazioni tesi
Autore: | Giulia Zennaro |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia |
Facoltà: | Tecniche Artistiche dello Spettacolo |
Corso: | Dams - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo |
Relatore: | Francesco Cesari |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 83 |
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