"Misurare la felicità": opportunità e limiti degli indici di benessere tra Pil e democrazia
La felicità è una questione politica?
Perché lo stato dovrebbe preoccuparsi di sapere se i cittadini sono felici? E' una domanda ricorrente – e comprensibile – che rispecchia non solo il timore nei confronti di metodi di misurazione nuovi e inusuali, ma anche la perplessità su un interesse che a fatica, oggi, si riconosce ai governi. Se effettuare ricerche sulle dimensioni del benessere nella sua totalità crea, come si vedrà, non poche difficoltà sia metodologiche che comunicative, occuparsi nello specifico di felicità – o benessere soggettivo – comporta un aumento non indifferente di complicazioni, che i media certamente non nascondono. E' fondamentale contestualizzare il Swb nell'ambito delle misurazioni del benessere per chiarire che si tratta semplicemente di un ulteriore aspetto di interesse, peraltro non sempre considerato. Occorre altresì commentare i metodi di indagine riportando le evidenti difficoltà, gli aspetti critici e quei risultati che possono sembrare al limite del paradossale: l'esempio del metodo Acsa, in questo senso, ci sembra una proposta convincente per chi obietta sulla semplicità nell'assegnare un voto da 1 a 10 alla propria felicità. Eppure la domanda sopra citata rimane alla base dell'intera questione e non sempre trova risposte pienamente convincenti. Prima di passare all'analisi dei principali indici di benessere, dunque, é bene soffermarsi sulla ragione che porta i governi ad occuparsi di benessere e, in alcuni casi, di felicità.
E' certamente corretto portare la riflessione sul fatto che lo Stato ha il dovere preoccuparsi del grado di benessere dei suoi cittadini, così come lo è esigere che chi amministra i pubblici poteri si chieda cosa è veramente importante per gli individui: se conti di più l'ambiente pulito o un maggior benessere economico, se la sicurezza sia ritenuta più importante della gestione delle strutture pubbliche, se gli investimenti pubblici debbano servire per sviluppare la mobilità o piuttosto per favorire le occasioni di socializzazione nelle città. La politica, in fin dei conti, si occupa proprio di definire le priorità, rispecchiando per quanto possibile le esigenze dei cittadini, i quali ritengono sia onere dei governanti garantire le opportunità per raggiungere un soddisfacente livello di felicità. La logica dello sviluppo, per tutto il tempo in cui ha funzionato, ha forse ridotto l'attenzione nei confronti di una tale ovvietà, ma nel momento in cui si sperimentano i limiti della crescita, è inevitabile che la politica debba interrogarsi su tutti i fattori che determinano la qualità della vita. Non solo: deve chiedersi cosa gli uomini intendano per ‘felicità' e quale peso abbia nella loro vita, quanto sia determinante nel plasmare la loro visione dell'ordine sociale. La democrazia, se vogliamo, nel riconoscere i diritti civili, politici e sociali fondamentali dell'uomo mira proprio alla sua soddisfazione complessiva, nonostante agli occhi di molti la crisi di legittimità degli ultimi trent'anni abbia reso tale obiettivo un'utopia.
Ciascuno di noi, con poche eccezioni, desidera certe cose: la sopravvivenza, il cibo, un tetto, la salute, l'amore, il rispetto, la sicurezza, una famiglia, degli amici, un lavoro soddisfacente, dei divertimenti, eccetera. Il modello specifico dei vostri desideri sarà probabilmente diverso dal modello di qualcun altro, come la maggior parte delle persone, certamente vorrete esercitare un qualche controllo sui fattori che determinano se e in che misura potrete soddisfare i vostri desideri: una certa libertà di scelta, la possibilità di plasmare la vostra vita in base ai vostri scopi, preferenze, gusti, valori, responsabilità, convinzioni. La democrazia tutela questa libertà e queste opportunità meglio di qualunque altro sistema politico mai concepito (Dahl 1998,57)
Proprio Dahl lamenta la distanza che si è creata fra la realtà della democrazia ed il suo ideale: ideale che invece, fin dagli albori, non solo contempla in maniera determinante la felicità, ma utilizza come termometro proprio il punto di vista dei cittadini. La produttività pratica in termini di giustizia, libertà e coesione sociale è solo una faccia della medaglia, mentre l'attenzione alla concezione della cosa pubblica può riportare a considerare l'importanza dell'antico rapporto tra democrazia e felicità, la quale, di fatto, è anche una questione politica.
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"Misurare la felicità": opportunità e limiti degli indici di benessere tra Pil e democrazia
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Daghia |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze della Comunicazione Pubblica e Sociale |
Relatore: | Giancarlo Gasperoni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 141 |
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