Il diritto naturale cristiano. La dottrina di San Paolo

Tornando allo specifico del diritto naturale cristiano possiamo vedere come fra le fonti dello stesso possa essere annoverata la fede.
Ma cosa si intende per fede?
La fede è una delle tre virtù teologali sulla quale si basa tutto il cristianesimo e da essa procedono la speranza e la carità.
Gesù afferma: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: "Lèvati e gèttati nel mare", senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà».(Marco, 11, 22-24).
Anche in altri passi della Scrittura si possono trovare affermazioni simili a questa che stanno a dimostrare come la fede sia il rapporto intimo fra Dio e l'uomo che viene data direttamente come un dono di Dio!
In particolare l'apostolo Paolo fa descrive questo rapporto intimo fra fede e Risurrezione del Cristo che quindi vengono ad essere i pilastri della vita cristiana.
Ma venendo al rapporto della fede con il diritto ci viene in aiuto il brano del buon ladrone (Luca, 23, 35-43) il quale prima di morire in croce con il Cristo esprime profondamente il significato del giusto e dell'ingiusto.
E considerata la crocifissione come la pena di un delitto indica come Gesù sia stato condannato ingiustamente mentre lui e l'altro ladrone in maniera giusta.
Ma a quali parametri si rifà per indicare tutto questo?
Lo dice egli stesso quando pronuncia: "Noi riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni", quindi un approccio al diritto terreno che poi si coagula con quello divino che, con un atto di fede nel Cristo, lo porterà alla ricompensa eterna.
Per cui il diritto positivo viene superato dalla misericordia divina che "premia" sia le azioni terrene che quelle più intime purchè incardinate sulla prima virtù teologale.
E umanità e divinità, fede e ragione si rafforzano a vicenda per creare una serie di norme che per il cristiano costituiscono la base di ogni giudizio quindi anche dell'ermeneutica legislativa.
E quindi la fede è presupposto per la costruzione di rapporti sociali inclusivi tendenti al bene comune e alla civile convivenza, non priva di contrasti, ma tendente a un rispetto delle regole piene di etica e di valori, che anche se non condivisi possono risultare positivi per realizzare quanto su detto.
Dice papa Franceso: «Proprio grazie alla sua connessione con l'amore (cfr Gal 5,6), la luce della fede si pone al servizio concreto della giustizia, del diritto e della pace».
Tutta l'enciclica scritta a quattro mani per l'Anno della Fede è una traccia importante per comprendere pienamente quanto descritto in precedenza e dimostra quanto considerare la fede come fonte per il diritto sia una scommessa che anche i non credenti possono affrontare in vista di una società più equilibrata e di una legislazione non incentrata solo sul reprimere e punire ma anche sul reinserimento sociale.
E la giustizia dovrebbe garantire i mezzi di difesa anche alle categorie meno abbienti.