La scala della contemplazione nella Commedia
La doppia direzione della scala infernale: il ribaltamento di Lucifero
L’Inferno dantesco ha senz’altro una forma che, strutturata anch’essa in gironi, possiamo definire “scalare”. Ciò è confermato dalla descrizione di Minosse, collocata al momento dell’entrata effettiva nel regno degli “antichi spiriti dolenti” (Inf. I, v. 116):
Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
(Inf. V, vv. 7-12)
Il passo presenta la struttura infernale come una scala verso il basso, non certo agevole come quella purgatoriale, la quale si compone di vere e proprie scalinate tra una cornice e l’altra, ma una scala che sprofonda fino al centro della terra, in una discesa all’interno di scenari sempre più angusti, oscuri, freddi, lontani dall’influenza divina. Tale struttura riunisce in sé tutti e nove i cerchi, da quello dei lussuriosi a quello dei traditori contro i benefattori, che Dante e Virgilio visiteranno di volta in volta.
Il percorso dei due poeti è discendente, nella prospettiva geografica che va da Gerusalemme alla Giudecca, ossia dall’uomo libero al male più puro: la prospettiva luciferina. Ques’ultima nasce dalla duplice caratteristica che Lucifero, incastrato al centro della Terra, assume nella cosmologia dantesca: da un lato rappresenta attraverso il richiamo biblico una caduta che funge da esempio negativo; dall’altro costituisce una sorta di “motore” che attira l’uomo verso il peccato. Pertanto l’Inferno sarebbe tutto maleficamente sovvertito: nella prigione infernale sono rinchiuse tutte le anime che, invece di tendere a Dio, hanno rifiutato il loro “natural talento”; il percorso dei due pellegrini prosegue attraverso valori e ambienti sempre più negativi e fuorvianti, tanto da sembrare per lo più un viaggio verso il male assoluto. È un’opinione consolidata, d’altronde, che una delle caratteristiche fondamentali del primo regno sia da vedersi nel rovesciamento sia sul piano narrativo, sia su quello morale, sia su quello stilistico, sia su quello strutturale, rispetto agli altri due regni, entrambi volti alla salvezza eterna e al raggiungimento della caritas.
L’idea dell’inversione nell’Inferno trova la sua ragione d’esistenza più profonda ancor più strettamente nella cosmologia dantesca, sul piano geografico-strutturale, in una prospettiva completamente nuova. Questa cosmologia sotterra ancora le sue radici in un «evento preliminare a tutta la storia della salvazione: la caduta di Lucifero come conseguenza della sua ribellione». Alla luce di un altro “ribaltamento”, quello che avviene sulle “vellute coste”(Inf. XXXIV, v. 73) di Lucifero, e di tutto il percorso dantesco che da lì in poi avrà un’unica direzione (verso l’alto, verso Dio), capiamo bene che «descensus ed ascensus si iscrivono in un itinerario consequenziale e continuo che rifugge la terra come approdo infelice della colpa di Adamo e che rinnega, invertendolo, il tragitto seguito da Lucifero». L’Inferno “alla rovescia” è eccezionalmente ribaltato a sua volta dall’itinerarium del poeta.
Torniamo dunque alla figura di Lucifero: da un lato il rovesciamento dei valori cristiani di caritas e fides, in quanto simbolo di tutto il regno di cui egli è il principe maestoso; dall’altro, in specie se consideriamo la seconda parte del canto XXXIV dell’Inferno, il rovesciamento fisico dell’intera architettura infernale, che ritrova la sua funzionalità nell’ascesa del viator a Dio:
Com’a lui piacque, il collo li avvinghiai;
ed el preso di tempo e loco poste,
e quando l’ali fuoro aperte assai,
appigliò sé alle velute coste;
di vello in vello giù discese poscia
tra ‘l folto pelo e le gelate croste.
Quando noi fummo là dove la coscia
si volge, a punto in sul grosso de l’anche,
lo duca, con fatica e con angoscia,
volse la testa ov’elli avea le zanche,
e aggrappassi al pel com’om che sale,
sì che ‘n inferno i credea tornar anche.
(Inf. XXXIV, vv. 70-81)
Come precisa Giorgio Stabile, dunque, «causa di tale rivelazione è la gravosa conversio realizzata da Virgilio la cui simbolica revolutio testa-gambe, oltreché contrapporsi alla posizione contro natura di Lucifero, ristabilisce gli orientamenti assoluti e originari del cosmo».
Immediatamente dopo questo passaggio Dante-autore mette in bocca a Virgilio un’ampia spiegazione geografico-cosmologica (vv. 94-126) sulle implicazioni della scalata sul pelo di Lucifero, che riconfermano quanto abbiamo detto: «Lucifero è confitto ancora al centro della terra, come quando precipitò dal cielo, nella direzione di questa linea diametrale che unisce la collina del Golgota alla montagna dell’Eden».
Questo brano è tratto dalla tesi:
La scala della contemplazione nella Commedia
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Informazioni tesi
Autore: | Riccardo Corcione |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Mira Veronica Mocan |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 128 |
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