Typus melancholicus e Melancolia: continuità strutturali
La depersonalizzazione melancolica come disturbo dell’identità
Il melancolico, come abbiamo accennato in precedenza, è strettamente legato all’identità di ruolo con la quale si iperidentifica. Ricordiamo la frase di una paziente che disse: “Dentro il posto di lavoro mi sento io. Fuori ho un senso di vaghezza come se fossi ubriaca.” Questa iperidentificazione si estende anche al modo di valutare gli altri che vengono visti dal Typus melancholicus come individui generici e sulla base del ruolo che rivestono e non nella loro individualità e globalità. Durante la crisi melancolica si verifica un sovvertimento di questa visione: i valori tradizionali, da sempre perseguiti, vengono visti dall’individuo melancolico diversi da sé ed egli si sente incapace di continuare a incarnarli. La depersonalizzazione melancolica è questa incapacità di continuare a incarnare il proprio ruolo. Non riuscendo più a rivestire il proprio ruolo, il melancolico lo percepisce diverso da sé, in quanto egli vive la crisi melancolica non come un evento che mostra una faccia di sé bensì come l’evento attraverso il quale il sé getta la propria maschera e si mostra nella sua nudità intollerabile e oscena.61
Non potendo più essere ciò che è stato, egli è un altro: tra questo altro e sé stesso non può esserci continuità narrativa, non può stabilirsi alcun dialogo o rapporto perchè il melancolico non tollera aspetti dissonanti in se stesso e gli è impossibile tollerare la presenza dell’alterità in sé e pertanto unire la sua duplicità.
Nella melancolia si manifesta, quindi, un disturbo dell’identità narrativa, di cui ci ha parlato Ricoeur (1990). L’identità narrativa si fonda sulla dialettica tra l’essere lo stesso-identità idem (nucleo dell’identità che rimane costante nel tempo) e l’essere se stesso-identità ipse (identità non stabile nel tempo che implica l’integrazione dell’altro da sé). Il melancolico si polarizza sull’essere lo stesso e rimane fermo a quel punto perché non integra in sé nuovi aspetti ma li vede come corpi estranei non integrabili nella sua vita.
In questa condizione si attua una destrutturazione dell’incontro dialogico con l’altro, in cui i pazienti vivono l’incontro come una pressione e vi si sottraggono chiudendosi nei confini della loro soggettività. Si perde il contatto con il mondo delle realtà umane e cosali, si ha la disfatta di ogni relazione interpersonale e di ogni intersoggettività. Nella depressività psicotica il paziente si ripiega su se stesso in un soliloquio in cui ogni comunicazione, ogni speranza, ogni apertura è spenta.
61 G.STANGHELLINI, “Psicopatologia del senso comune”, cit, p.171
Questo brano è tratto dalla tesi:
Typus melancholicus e Melancolia: continuità strutturali
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Informazioni tesi
Autore: | Assunta Sabato |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara |
Facoltà: | Psicologia Clinica e della Salute |
Corso: | LM-51 |
Relatore: | Giovanni Stanghellini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 121 |
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