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L'Operazione Sturzo

La DC tra Pio XII e De Gasperi


A Roma, anche se la sfera politica e la sfera religiosa si distinguono evidentemente come responsabilità e come spazi giuridico - istituzionali, in realtà questi non sono slegati, sviluppandosi in un ordito fatto di contatti, di inviti, di pressioni, di dialogo. I confini territoriali tra il Vaticano e la Roma capitale, se pur ben delimitati, sono agevolmente sormontabili e, anzi, senza vere e proprie frontiere. I politici italiani, qualunque fosse il loro orientamento, si sono continuamente interrogati sulle posizioni del Vaticano riguardo all'Italia. E ciò è valso ancora di più per un partito come la Democrazia Cristiana che, pur essendo nata per iniziativa di De Gasperi, era diventato rapidamente il partito della Chiesa Cattolica. Per la DC era indispensabile, soprattutto nel momento delle elezioni, il supporto attivo del clero, delle organizzazioni e delle istituzioni cattoliche, come si era potuto notare il 18 aprile 1948 con la sua vittoria alle elezioni politiche. C'era una correlazione concreta della DC dal punto di vista del consenso elettorale nei confronti della Chiesa, abbastanza forte perlomeno nei primi dieci anni della storia repubblicana italiana. Questo non esprimeva una dipendenza politica dei suoi dirigenti. Ciò nonostante l'ambiente democristiano, principalmente quello dei più giovani provenienti dalle organizzazioni cattoliche, oltre a quello degli ex popolari, era affine all'ambiente ecclesiastico.
La paura di un'affermazione elettorale comunista nel 1952 a Roma aveva fatto salire il livello d'attenzione sull'attività della DC da parte del Vaticano. L'idea di voler creare un diverso partito cattolico era il piano che seguirono gli ambienti ecclesiastici per fare pressione su De Gasperi. L'unità politica dei cattolici, appunto, implicava il compatto coinvolgimento, cattolico ed ecclesiastico, a fianco della DC, particolarmente nel momento delle elezioni. Questa era la volontà di Pio XII che non risparmiava supporti e sostegni alla DC. Ma nei suoi piani i cattolici dovevano essere congiunti nell'impegnarsi a sconfiggere la minaccia comunista. Però, per De Gasperi, sicuramente la Chiesa doveva sostenere la DC, ma i suoi dirigenti, tramite l'elezione da parte del popolo tutto, erano stati insigniti di un mandato da cui dipendevano e per cui dovevano svolgere una politica di governo sotto la loro diretta responsabilità. Contestare l'autonomia politica dei dirigenti democristiani era la manifestazione dell'"intromissione" ecclesiastica. Per Pio XII, preoccupato dall'avanzare del comunismo nell'Est europeo, la politica democristiana, invece, avrebbe dovuto trovare una più forte frequenza con le idee internazionali della Chiesa, per combattere più fermamente il comunismo, per investirsi a conseguire di più una società cattolica in Italia, da porgere poi come esempio. Infatti dalla fine degli anni Quaranta e, specialmente, con gli anni Cinquanta, aumentano le perplessità e le preoccupazioni vaticane. Nei palazzi papali ci si domanda se, con il largo successo elettorale del 1948, la DC non avrebbe potuto fare di più per il cattolicesimo in Italia e per conseguire un clima sociale nel paese in cui fosse marginale l'azione dei laici e delle sinistre. Era proprio dopo le elezioni del 18 aprile 1948, che aveva appunto dato alla DC una forza maggioranza, che erano cresciute le critiche. Iniziò a insinuarsi il dubbio se il successo fosse legato a logiche democristiane o a logiche cattoliche. Ci si chiedeva a chi andasse il merito del risultato. Gli ambienti vaticani erano certi che si trattasse di un successo della Chiesa e delle sue organizzazioni. Inoltre ci si iniziava a chiedere perché De Gasperi non agiva con più determinazione e coerenza per dare all'Italia un carattere più cattolico. E soprattutto ci si chiedeva perché De Gasperi non arginava più di tanto lo spazio dei comunisti in Italia. La condotta del leader della DC, sebbene il riguardo che si aveva per la sua figura come statista e credente, appariva in parte indecifrabile alla Santa Sede. I risultati delle amministrative del maggio-giugno 1951 avevano mostrato una diminuzione dei voti della DC rispetto al 1948, anche se la formazione politica raccoglieva comunque una maggioranza relativa e, da solo o coalizzato con gli altri partiti di centro, si era aggiudicato molti comuni di grande interesse rispetto al voto del 1946. In più, la crisi governativa del luglio 1951 aveva fatto affiorare in taluni ambienti cattolici pretese di un proprio ruolo attivo nelle scelte politiche. A dimostrazione di ciò, per esempio, Luigi Gedda, dirigente del movimento cattolico italiano, affermava che i suoi Comitati Civici erano <> con <> per i quali si era necessario: <>.

Le dichiarazioni di Gedda potevano sembrare come un avvertimento alla DC, quasi un suggerimento a rivolgersi in maggior misura alla realizzazione di un compatto blocco anticomunista. La DC, in sostanza, veniva valutata poco in grado di assicurare un fronte contro le sinistre senza l'attuazione di una coalizione con le destre.

Ugualmente il Papa aveva fatto pervenire il suo pensiero, sia pubblicamente che in via riservata, per mettere al corrente De Gasperi sulle sue intenzioni riguardo ai doveri della Chiesa in quella circostanza e la sua inquietudine di fronte al comunismo. A metà ottobre 1951 Pio XII aveva di nuovo rivendicato la legittimità e la competenza della Chiesa ad intervenire sulle questioni di natura temporale e sociale:

<<compenetrazione reciproca dell'apostolato religioso e dell'azione politica. Politica nel senso elevato della parola, non vuol dire altro che collaborazione al bene dello Stato. Ma questo bene dello Stato ha un'estensione amplissima e, per conseguenza, è sul terreno politico che si discutono e si promulgano anche le leggi della più ampia importanza, come quelle che riguardano il matrimonio, la famiglia, il bambino, la scuola, per limitarci a questi esempi. Non sono, questi, dei problemi che interessano in primo luogo la religione. Possono essi lasciare indifferente, apatico, un apostolo?>>

Sempre in ottobre Mario Cingolani, politico italiano vicino sia a Pio XII che a De Gasperi, esprimeva al leader della DC alcune preoccupazioni che il Pontefice gli aveva espresso in un colloquio:

<<Caro Presidente, questa mattina […] sono stato ricevuto dal Santo Padre. Il Papa appena mi ha veduto mi è venuto incontro con la solita affabilità, mi ha preso la mano fra le sue e mi ha detto: "Come andiamo? Molto male, andiamo molto male: ricevo notizie da ogni parte d'Italia sulla attività comunista che è sempre più audace sull'aumento del numero dei proseliti: dovreste essere più decisi, più forti[…]; negli ambienti cattolici si ha la sensazione della necessità assoluta di una vigoria maggiore e di una rapidità maggiore nell'azione di governo…" E su questo tono alla fine dell'udienza mi ha trattenuto ancora a lungo. Naturalmente io, con molto rispetto ma con molta franchezza ho difeso il Governo e tutti noi politici che facciamo tutto quello che sta in noi per fare il nostro dovere, in confronto del comunismo e per rispondere alle aspettative e alle ansie del Paese. A un certo punto, anzi, avendo il Papa replicato che egli era pessimista, gli ho detto: "Santità oso sperare che vostra Santità abbia torto e che abbia ragione io". Al che il Papa ha risposto ridendo: "Anche io mi auguro che abbia ragione Lei e torto io". Ho creduto mio dovere informarti del colloquio>>

E' palese che il Papa valutava fragile l'operato del governo: desiderava i vertici democristiani "più decisi, più forti", invitava ad avere "vigoria maggiore", "rapidità maggiore nell'azione di Governo". Sono parole evidenti dello scontento di papa Pacelli.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'Operazione Sturzo

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Angeli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Renato Moro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 49

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