L'accoglienza critica italiana a "Profondo Rosso" (1975) di Dario Argento
La creazione della suspense
Nonostante la generale disapprovazione della critica verso la sceneggiatura, ritenuta a tratti forzata nei passaggi logici, «contorta ma rudimentale», nonché inutilmente ricca di «piccole trovate (macabre) e di clichès», Profondo rosso riscuote consensi per una «indubitabile […] finezza del lavoro registico, del trapunto delle immagini e dei suoni».
Per Frezzato il merito del film risiede nell’uso della macchina da presa che, «unitamente alle tonalità della fotografia, costruisce un clima di autentica “suspense” che riscatta un poco il ricorso ad abusati ingredienti del genere […] e la scarsa aderenza di alcuni interpreti ai ruoli loro assegnati». Lo stesso aspetto è sottolineato dal critico di Momento sera, per il quale Dario Argento «dimostra più di tanti giallisti di saper muovere la macchina da presa, di sapersene servire con effetti discutibili, ma formalmente ineccepibile ».
Grazzini, sul Corriere della Sera, riporta che la tensione del film è resa meglio dalla regia, piuttosto che dalla sceneggiatura; per il critico Profondo rosso «affida alla macchina da presa più che alla sciarada scritta da Argento con Bernardino Zapponi il compito di tenerci col fiato sospeso». Anche Cosulich vede il pregio di Profondo rosso nel lavoro di regia compiuto da Argento, la cui pervicacia nel drammatizzare ogni singola inquadratura, nell’esaltare la suspense di ogni singolo dettaglio, riesce a calare questo study in terror al centro di un universo delirante, d’una ridda infernale di ville liberty maledette, di morti raccapriccianti, di visioni demoniache.
Cosulich prosegue nella sua recensione al film dando merito al regista, il quale spesso «coglie il segno, presentandoci inquadrature e sequenze tali da colpire la fantasia dello spettatore».
La recensione meno indulgente con Profondo rosso, anche nei confronti della regia, risulta essere quella di Claudio Quarantotto su Il Giornale d’Italia. Il critico sostiene che il «carattere onirico […] e l’approdo finale alla parapsicologia», considerato anche come «la rinuncia al freudismo da salotto e da cinema», non trovino una rappresentazione sempre adeguata[…] nella regia, che non di rado cerca l’effetto e l’effettaccio, allineando coltelli e mannaie da macellaio, occhi sbarrati e bocche ghignanti, ascensori-killer e decapitazioni estemporanee, con grande spreco di sangue, sicchè, alla fine sembra di aver sbagliato indirizzo e di essere capitati in un mattatoio, non in una sala cinematografica.
Gli elementi di Profondo rosso sui quali i giudizi della stampa sembrano maggiormente concordare sono la fotografia, la scenografia e la colonna sonora. Cosulich si limita a riportare che «il regista è stato ben servito dall’operatore Kuveiller, dallo scenografo Bassan e dal musicista Gaslini». Ugualmente Biraghi sostiene che alla «tensione crescente» del film «espressionisticamente collaborano le musiche di Giorgio Gaslini, la fotografia di Luigi Kuveiller e le scenografie di Giuseppe Bassan».
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'accoglienza critica italiana a "Profondo Rosso" (1975) di Dario Argento
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Informazioni tesi
Autore: | Domenico del Mastro |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Elena Dagrada |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 50 |
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