La critica letteraria di György Lukács
La concezione realistica di Lukács
«Le cose ci stanno ora davanti in una luce chiara, viva, per molti anche cruda e fredda. Questa luce ci è stata portata dal marxismo». Questa affermazione compare sulla prima pagina dell’introduzione ai Saggi sul realismo di György Lukács. L’assunzione del marxismo, che agisce come illuminazione su tutti i campi del sapere e su ogni singolo aspetto dell’attività umana, apre per il filosofo ungherese la strada ad una letteratura che tenda la sua penna alla realtà della vita.
Il marxismo cogliendo ogni fenomeno nelle sue radici materiali, nella sua connessione storica, riconoscendo le leggi del suo svolgimento e dimostrandole dalle prime radici fino alla fioritura, dissipa da ogni fenomeno quella nebbia irrazionale e mistica che esprime uno stato d’animo puramente sentimentale.
Lukács spiega come questa illuminazione agisca su molti, in un primo tempo, come una delusione. Egli crede che sia ben difficile guardare negli occhi la realtà qual essa è veramente, e nessuno ci riesce al primo impatto. Ciò, secondo Lukács, comporterebbe non soltanto una grande fatica, ma anche un serio sforzo morale.
Nel primo periodo – dice Lukács – della conversione la maggior parte dei lettori rimpiangeranno i loro falsi ma poetici sogni, destinati a sfumare. Soltanto più tardi apparirà chiaro, quanto maggior contenuto umano – e perciò anche quanto più genuina poesia – si celi nell’accettare la realtà nella sua dura verità, nell’immedesimarsi con essa, e nell’agire in corrispondenza di questa verità.
È semplice capire come nella concezione estetica marxista il realismo equivalga sempre alla massima realizzazione artistica. Il progetto di dissipazione delle ombre avviene nella letteratura per mezzo del romanzo realista.
Lukács crede che l’estetica e la critica borghese non possano superare l’oscurità prodotta da quella nebbia, irrazionale e mistica, che avvolge i fenomeni della realtà con uno stato d’animo puramente sentimentale. I critici borghesi, secondo Lukács, avrebbero potuto esclusivamente rappresentare la disperazione sociale, senza mai cogliere l’essenza e la veridicità dei fenomeni sociali. In Saggi sul realismo è chiaro quali siano e come si muovono i mezzi della critica marxista, Lukács sferra la sua critica principalmente contro le mode letterarie che secondo lui si alternerebbero tra la “pseudo oggettività” del naturalismo e l’illusoria soggettività dello psicologismo astratto. Secondo il filosofo, il realismo a differenza del naturalismo non fondava la sua creazione su una falsa “media”1 né tantomeno su un mero principio individuale che non rappresenta assolutamente niente ed era destinato a dissolversi nella sua esasperata irripetibilità. Cogliere la realtà in tutta la sua profondità presupponeva, per quanto concerne la letteratura, l’esistenza di una categoria fondamentale: il “tipo”, di cui si è già detto. Ci limiteremo ad un piccolo ma ulteriore approfondimento: nel “tipo”, dice Lukács:
confluiscono e si fondono tutti i momenti determinanti, umanamente e socialmente essenziali, d’un periodo storico; per il fatto che esso presenta questi momenti nel loro massimo sviluppo, nella piena realizzazione delle loro possibilità immanenti, in un’estrema raffigurazione di estremi, che concreta sia i vertici che i limiti della completezza dell’uomo e dell’epoca.
L’altro aspetto centrale della rappresentazione realista può essere considerato partendo dal rispetto, a volte contestato, che il marxismo aveva della tradizione classica. Il filosofo ungherese, al quale viene attribuita la rivalutazione di un marxismo umanista1, ritiene che l’aspetto fondamentale che Marx aveva recuperato dalla classicità fosse la sublime capacità di riprodurre l’uomo nella sua totalità. Continuamente il filosofo ci mostra come le teorie marxiste prestino sempre profonda attenzione agli aspetti umani: l’humanitas presente negli scritti dei padri fondatori doveva essere l’essenza di ogni letteratura e di ogni arte vera.
L’appassionato studio dell’uomo non era sufficiente, diceva Lukács, per la creazione di opere che si possano definire umanistiche; l’integrità dell’uomo non andava studiata ma costantemente difesa da ciò che la umilia e la intacca. Nelle opere del marxismo Lukács rivela costantemente questo fine.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La critica letteraria di György Lukács
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Informazioni tesi
Autore: | Luca Pastore |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Roma Tor Vergata |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Simona Foà |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 159 |
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