Istituzioni totali o comunità terapeutiche?
La comunità terapeutica: San Martino
Nel 1980 venne aperta una casa diurna a Foligno dove poi, a seguito di eventi tragici e di numerose richieste dei ragazzi che cercavano un posto anche per dormire, nel 1982 venne aperta la comunità di San Martino. Sette anni fa il responsabile, nonché mio intervistato, Massimo Noris, insieme ai suoi collaboratori decise di chiudere per un anno la comunità, perché: “tanti ne entravano e tanti ne uscivano allo stesso modo”. In quell’anno lavorarono con i Ser.T. della zona, informandosi su quali erano i bisogni del momento e come era cambiato il mondo delle dipendenze. L’anno dopo riaprirono con nuove consapevolezze: fare più progetti individuali, i tossicodipendenti monosostanza erano, e sono, sempre più in via d’ estinzione, l’ingresso della “roba” chimica in questo mondo, pasticche e acidi, che sono a buon mercato e si trovano facilmente, portano ancor più a problemi a livello psichico. “La grande diversità è che con i tossicodipendenti vecchio stile si può fare ancora qualcosa, mentre con i tossicodipendenti di oggi si lavora più che tutto sulla riduzione del danno”.
Prima “nella nostra vecchia esperienza” le regole comuni erano di più,” si lavorava otto ore al giorno, era una comunità lavorativa, si fumavano 10 sigarette, si bevevano 2 caffè al giorno e tutto il gruppo degli utenti faceva la stessa cosa nello stesso momento”; tutto questo non si può rinnegare perché in quel periodo storico serviva quello. Adesso si ragiona in maniera diversa, perché la società è cambiata, e è importante adattarsi a questi cambiamenti. Ne è una riprova di ciò il diverso atteggiamento tenuto dagli operatori nel rapporto con l’utente; mentre prima le azioni, come il fumare un determinato numero di sigarette veniva imposto all’utente da parte della comunità, ora si cerca di fare apprendere al tossicodipendente i motivi a favore e contro quel determinato comportamento, cercando così di rendere partecipe l’utente alle decisioni. La principale differenza con il passato risiede nel numero e nella specificità di “paletti” che l’operatore deve far rispettare. In passato alla violazione di uno di questi, corrispondeva una specifica punizione; al giorno d’oggi l’operatore non è più un semplice custode di regole specifiche e ben identificate, ma ha un compito molto più gravoso, basato sulla gestione di un utente più libero di scegliere e di sbagliare.
Le regole principali, in ogni caso, non sono cambiate, e sono essenzialmente tre:
* Non si può far uso di sostanze
* Non si accettano nessun tipo di violenza, ne fisica ne verbale
* Non si possono avere rapporti di coppia
La violazione di queste regole porta all’allontanamento dalla comunità e quindi la fine del rapporto, almeno in quel momento, perché in un futuro ci sarà la possibilità di un secondo rientro se i servizi territoriali pensano sia necessario. Le altre regole sono per lo più progetti individuali che si scrivono insieme alla persona per adattarli meglio su di lui; non sempre questo progetto viene scritto, ma comunque si pensa insieme, anche con la partecipazione del servizio inviante. Questi tre soggetti, con le loro idee, stabiliscono degli obiettivi, minimi, piccoli, verificabili, che aiutano ad arrivare all’obiettivo finale: l’affrancamento delle sostanze.
Dando obiettivi a breve termine, il ragazzo può riuscire a centrarli più facilmente, già dopo poco tempo, prendendo così consapevolezza delle sue capacità.
Ci sono anche casi in cui gli obiettivi non si raggiungono subito, allora il progetto si rivede, e si capisce che si sono sbagliati i tempi, quindi per esempio si allungano. Questa comunità ha dieci posti letto, divisi su due appartamenti, la scelta del numero piccolo è volontaria, per lavorare meglio con la persona.
La giornata tipo inizia alle 7 con la colazione, poi ci si dedica alla pulizia della casa, e alla propria igiene personale; si passa poi alle attività strutturate: la manutenzione del posto, di una durata di circa due ore. Il pomeriggio è più variabile, ad esempio: il lunedì si esce con l’operatore per fare la spesa, il martedì e venerdì ci sono de ore di lavoro, il giorno dopo c’è la visione con discussione di un film, mentre il giovedì è fissata la riunione di circa due ore con gli utenti e gli operatori, per vedere l’andamento della settimana, gli ultimi due giorni sono molto più ludici.
Sono presenti anche attività non strutturate, cioè non tutti sono obbligati a parteciparvi, come ad esempio gli sport, che non sono attività che tutti possono fare per problemi fisici, “o perché non piace”. Anche per quanto riguarda i colloqui troviamo una distinzione che li suddivide in colloqui strutturati e non; nei primi si parla di obiettivi raggiunti durante la settimana, nei secondi si affronta invece una riflessione sulle proprie paure e su di sé; quest’ultimo aspetto è facoltativo, e fa sì che ci sia una motivazione più profonda ed intrinseca, perché la voglia di fare il colloquio parte dal ragazzo.
Dall’intervista che ho effettuato emerge che i risultati conseguiti dalla comunità non dipendono esclusivamente dal metodo utilizzato; la differenza la fa soprattutto la motivazione degli utenti nel voler effettivamente conseguire un risultato positivo da questa loro esperienza. Le comunità sono diverse tra di loro, ed è giusto che sia così, perché esistono diversi tipi di tossicodipendenti, con diversi caratteri che necessitano di trattamenti e metodi diversi. Per quanto riguarda i contatti con il mondo esterno, in linea di massima l’utente non ne ha per i primi quindici giorni, perché così gli operatori possono conoscerlo meglio, e per lui serve per “staccare” dalla vita quotidiana. Dopo questo periodo, il ravvicinamento con la famiglia non è detto che avvenga per tutti gli utenti allo stesso modo, perché non per tutti il contatto con i propri cari può essere utile ai fini di un più veloce recupero.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Istituzioni totali o comunità terapeutiche?
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Informazioni tesi
Autore: | Francesca Coricelli |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | servizio sociale |
Relatore: | Enrico Caniglia |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 60 |
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