Approccio infermieristico al paziente con disforia di genere: una revisione della letteratura
La complessità dell'assistenza infermieristica e i servizi territoriali per il paziente con disforia di genere
Nel 1998 in Italia viene fondato l'Osservatorio Nazionale sull'Identità di genere (ONIG) che, collegato con l'Harry Benjamin International Gender Dysphoria Association inc. (HBIGDA), per statuto "si propone di favorire il confronto e la collaborazione di tutte le realtà interessate ai temi del transgenderismo e del transessualismo al fine di approfondire la conoscenza di questa realtà a livello scientifico e sociale e promuovere aperture culturali verso la libertà di espressione delle persone transessuali e transgender in tutti i loro aspetti".
L'Osservatorio è un'associazione che raccoglie figure (professionisti, rappresentanti di associazioni ecc.) a vario titolo interessate ai temi del transgenderismo e del transessualismo e si occupa inoltre della definizione di linee guida di intervento medico, chirurgico, psicologico e legale a garanzia della qualità omogenea dell'assistenza alle persone che intraprendono percorsi di adeguamento ed a garanzia delle attività dei professionisti.
Sul territorio nazionale esistono diversi centri interdisciplinari, nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale, che si attengono alle linee guida dell'ONIG situati nelle regioni Emilia- Romagna, Toscana, Puglia, Lombardia, Lazio, Campania, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia, a cui la persona che intende ricevere informazioni e assistenza nel percorso di transizione può rivolgersi indipendentemente dal luogo di residenza (23).
Dal quadro teorico visionato, è evidente come un fenomeno di tale delicatezza richieda un'assistenza ed una sensibilità adeguata da parte della figura dell'infermiere. Come dichiara il Codice Deontologico della professione all'articolo 3, infatti, "la responsabilità dell'infermiere consiste nell'assistere, nel curare e nel prendersi cura della persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell'individuo". Inoltre, il principio fondamentale di "advocacy" definisce come l'infermiere debba farsi garante nei confronti di un assistito, con lo scopo di aiutarlo a operare scelte consapevoli per la propria salute e di supportarlo nella difesa dei propri diritti.
Nonostante un possibile approccio intenzionalmente positivo, però, la mancanza di una corretta comprensione ed esperienza da parte del professionista può causare danni non intenzionali nel fornire assistenza alla persona. In primo luogo, può accadere che ci si rivolga alla persona transessuale utilizzando nomi e pronomi errati, rischiando di causare in essa un senso di esclusione. In aggiunta, spesso vengono poste domande invasive sul proprio corpo e sulla propria identità (24).
L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come "uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l'assenza di malattia o infermità". Con questo presupposto, la professione infermieristica ha il compito di approcciarsi al malato attraverso una visione olistica della salute, incorporando quindi le componenti biologiche, psicologiche, sociali e spirituali dell'individuo e della sua famiglia.
L'infermiere, soprattutto nella fase dell'accertamento del paziente, si trova a dover porre domande che per una persona con disforia di genere possono creare un forte disagio se non poste nel modo e con l'attenzione adeguata. Da ciò deriva l'importanza di conoscere la terminologia più adatta per rivolgersi al paziente, le differenze di base tra "sesso" e "genere", "identità di genere" ed "orientamento sessuale". Inoltre, l'esame obiettivo dovrebbe essere condotto prestando cura alla scelta dei termini anatomici utilizzati.
L'incontro con l'infermiere rappresenta per molti il primo contatto in un contesto clinico.
Da ciò si evince come la qualità dell'interazione possa incidere sulla predisposizione positiva all'assistenza da parte del paziente, allontanando timori di pregiudizio e scarsa comprensione. (25)
Per evitare il rifiuto alle cure e migliorarne l'accesso è dunque di primaria importanza comprendere in che modo i pazienti si autoidentifichino, costruire un rapporto di fiducia tra paziente ed infermiere e garantire così un'assistenza più efficace. Accedere all'assistenza sanitaria, infatti, può essere un'esperienza che sottopone a vulnerabilità.
Affinando le proprie abilità interpersonali e cliniche, l'infermiere può essere agevolato nell'affrontare le disparità di salute, creando per il paziente un ambiente accogliente al quale affidarsi (26).
In merito a ciò, Hein e Levitt riportano alcune strategie pratiche adottabili dal personale infermieristico: domandare ai pazienti con quale nome desiderano essere chiamati ed il loro pronome di preferenza, non rivelare inutilmente l'identità dei pazienti senza il loro permesso, allestire bagni di genere neutro, se possibile; in caso non lo fosse, permettere ai pazienti transgender di utilizzare il bagno che corrisponda alla loro identità di genere, non porre ai pazienti inutili domande invasive; assicurarsi che le proprie domande siano esclusivamente correlate all'assistenza sanitaria dei pazienti e domandare ad essi quale tipo di linguaggio preferiscano venga utilizzato per riferirsi al proprio corpo.
Compito dell'infermiere è inoltre farsi mediatore tra i pazienti e il personale sanitario condividendo le proprie conoscenze al fine di favorire la diffusione di una cultura di accoglienza e accettazione.
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Approccio infermieristico al paziente con disforia di genere: una revisione della letteratura
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Informazioni tesi
Autore: | Giulia Liggieri |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Infermieristica |
Corso: | Infermieristica |
Relatore: | Marco Ottaviani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 38 |
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