I comitati nel processo decisionale dell'Unione Europea: un'analisi empirica.
La comitatologia nell’evoluzione giurisprudenziale comunitaria
Elemento indefettibile e proficuo all’inquadramento del fenomeno della comitatologia è rappresentato in un’ottica complementare dall’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (CGCE) che, adita in alcune circostanze persino dalle istituzioni comunitarie medesime, ha emesso alcune sentenze essenziali alla definizione dei rapporti tra i tre livelli: istituzionale, statale e di comitato (mesolivello politico e amministrativo). Le sentenze della CGCE hanno contribuito a definire più precisamente modalità e procedure per l’attuazione del diritto comunitario. La CGCE ha svolto un ruolo cruciale nel plasmare sostanzialmente il sistema di attuazione (Türk, 1996, 168), integrando le scarne disposizioni dei trattati. La domanda che spicca immediatamente è relativa alla legittimità della partecipazione della comitatologia, non menzionata esplicitamente nei trattati, alle procedure decisionali comunitarie. Nel caso Koster la CGCE stabilì che “l’art. 202 (ex art. 155) attribuisce al Consiglio il potere di determinare ogni regola dettagliata a cui la Commissione è sottoposta nell’esercizio dei poteri conferitigli. La cosiddetta procedura del comitato di gestione forma parte delle regole dettagliata a cui il Consiglio può legittimamente subordinare la delega di poteri alla Commissione”. Ancora, con riferimento al rischio di un mutamento degli equilibri istituzionali, la CGCE precisa che “il comitato di gestione non ha il potere di prendere una decisione al posto della Commissione o del Consiglio. Pertanto, senza distorcere la struttura della Comunità e l’equilibrio istituzionale, il meccanismo del comitato di gestione consente al Consiglio di delegare alla Commissione un potere di esecuzione (…) subordinato al proprio potere di prendere la decisione da sé qualora fosse necessario”. L’esistenza della comitatologia e il suo intervento nei processi decisionali sono legali in quanto indirettamente giustificati dal trattato stesso come condizione utile affinché il Consiglio possa delegare alla Commissione poteri di attuazione degli atti approvati. Ma la CGCE è intervenuta anche in altri ambiti, ad esempio per quanto concerne la distinzione tra atto di base e misure esecutive. Sempre nella sentenza Koster si stablisce che “solo gli elementi essenziali devono essere indicati nell’atto legislativo secondo la procedura prevista dai trattati”. La CGCE tuttavia ha sempre lasciato al Consiglio il compito di determinare gli elementi essenziali, poiché ciò comprende una valutazione politica che la Corte è riluttante a fare (Türk, 2000, 226). Il concetto di attuazione “comprende sia l’elaborazione di regole esecutive, sia l’applicazione delle regole a casi specifici attraverso atti aventi come destinatari singoli individui”. Se la distinzione tra atto di base e esecutivo e l’interpretazione del concetto di “attuazione” rimangono alquanto vaghi, emerge tuttavia un orientamento preciso sul tema delle regole per il conferimento dei poteri attuativi. L’azienda italiana Rey Soda, operativa nel mercato dello zucchero, fu tassata dalle autorità nazionali sulla base di un regolamento (834/74) della Commissione, esecutivo del regolamento del Consiglio 1009/67 relativo alle misure da adottare per evitare turbolenze nel mercato dello zucchero. Nella sentenza la CGCE notò come solo la Commissione “è capace di seguire attentamente gli andamenti dei mercati agricoli e di agire con urgenza quando la situazione lo richiede”. Da questa premessa la CGCE statuì che “il Consiglio può, nella sfera della Politica Agricola Comune, conferire alla Commissione un potere ampio e discrezionale”. La CGCE ha precisato la sua posizione nella sentenza Vreugdenhil affermando che “un’ampia interpretazione dei poteri della Commissione può essere accettata solo nell’ambito specifico delle regole sui mercati agricoli. Non può essere richiamata a sostegno di disposizioni adottate dalla Commissione, sulla base dei suoi poteri attuativi nei mercati agricoli, nei casi in cui il fine della disposizione in questione ricade oltre questa sfera”.
L’orientamento risultante è che esistono due diversi tipi di regole per il conferimento di poteri attuativi, quelle per gli aspetti legati alla PAC che sono più lasche, e quelle per gli altri settori dove è necessaria una disposizione più precisa (Türk, 2000, 231). Infine, un terzo aspetto rilevante concerne i limiti che la Commissione incontra nell’esercizio dei poteri conferiti dal Consiglio. E’ indiscutibile che tutte le misure esecutive incontrano gli stessi limiti degli atti legislativi nei principi generali del diritto, nel rispetto dei diritti umani fondamentali e delle disposizioni dei trattati. La distinzione tra misure esecutive nel campo della PAC e in altri settori torna ad essere giuridicamente rilevante per quanto concerne gli altri limiti. Infatti, se è vero che al di fuori del settore agricolo la disposizione con cui avviene la delega deve essere sufficientemente precisa, questa conterrà anche i limiti che la Commissione dovrà rispettare nell’esercizio dei poteri conferiti.
La questione è più complessa nel settore agricolo. L’applicazione del criterio gerarchico delle fonti del diritto impone il rispetto delle disposizioni dei trattati e dell’atto di base in cui è contenuta la delega (inteso sia come rispetto degli obiettivi e principi generali che della specifica disposizione di delega). Le misure esecutive possono modificare l’atto di base solo se questo conferisce espressamente il potere di farlo. Tuttavia la CGCE ha precisato che le deroghe devono essere conformi ai principi generali dell’atto di base e non possono “minacciare gli elementi essenziali ivi contenuti”. Il problema dei limiti permane irrisolto alla luce del fatto che, come abbiamo visto, nel settore agricolo la disposizione con cui il Consiglio conferisce poteri alla Commissione può avere un contenuto generico. Fin dal 1975 la CGCE ha individuato il principio generale che “i limiti di questo potere devono essere giudicati più facendo riferimento agli obiettivi generali e fondamentali dell’organizzazione del mercato e meno in base al significato letterale della disposizione di delega”.
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I comitati nel processo decisionale dell'Unione Europea: un'analisi empirica.
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Informazioni tesi
Autore: | Simone Romoli |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Relazioni internazionali |
Relatore: | Luciano Bardi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 173 |
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