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I giovani e la religione, tra coerenza e contraddizione. Un'indagine tra gli studenti del corso di mediazione dell'Università dell'Insubria.

La cognizione di aldilà

La morte rappresenta una certezza, una condizione cui si giunge per forza alla fine della vita. Quello che varia sono le modalità (per malattia, per incidente stradale, per vecchiaia) o i tempi; ma la certezza che arrivi è uguale per tutti. C’è chi non ci pensa, chi non vuole affrontare l’argomento, chi ha timore che ciò avvenga a breve ecc. I giovani non sono portati a pensarci, poiché sono convinti che il momento non sia la giovinezza. Infatti, l’allungamento della vita e la riduzione della mortalità hanno fatto sì che i giovani avessero sempre meno confronto con questa esperienza, e la morte di un parente stretto o di un amico non sono fenomeni così frequenti. Al contempo, la morte di un coetaneo, spesso dovuta ad incidenti stradali, lascia i giovani interdetti e incapaci di darsi delle risposte certe a riguardo.
La questione che riguarda la fine della vita può essere considerata su due livelli. Il problema della morte è affrontato e discusso da tutti, e appare come l’arrivo, un punto inevitabile della nostra vita. Ben diverso è invece l’argomento aldilà, se ci sia o meno, se effettivamente c’è qualcosa dopo.

I giovani non parlano volentieri della morte, a meno che non siano direttamente sollecitati: il tema è quasi un tabù, inquieta, porta ansie e paure, e si vorrebbe evitare di affrontarlo. Alcuni non pensano alla morte, un po’ per paura e un po’ per l’incapacità di trovare delle risposte certe: “La morte è un argomento che tendo ad evitare”; “Ogni volta che penso alla morte cerco qualcos’altro, come la radio, per non pensarci. […]”. Vi è anche chi “non ha paura della morte, perché arriva un momento in cui si muore”. I giovani tendono a sentirsi spiazzati, poiché sanno di non potervi sfuggire, e sanno anche che non dipende da loro: “[…] Alla fine ti rendi conto che non sei tu a decidere il tuo destino. C’è qualcun altro. E di fronte al dolore tuo e degli altri non hai rimedi, non puoi farci niente”. Coloro che si collocano in una posizione di fede intermedia, non hanno dei pensieri particolari riguardo alla morte: Per loro c’è “la certezza del presente. Dopo, sarà quel che sarà. […] Cerco di avere quello che posso prima della morte, cercando di non farmi sfuggire nulla”; intanto “bisogna vivere la vita serenamente, cercando di arricchirci il più possibile. […]”. Non interviene Dio nella loro dimensione, non si preoccupano di un aldilà, e pensano solo a cogliere l’attimo.

C’è però una cerchia di ragazzi che la pensa diversamente: sono coloro che sono si sono ritrovati a diretto contatto con la morte, dato che hanno perso una persona vicina (come un genitore, un fratello, un amico, ecc). La vicinanza con l’evento ti fa riflettere, e ti costringe a porti delle domande su ciò che rappresenta e su cosa ci può essere oltre: “E’ morto un ragazzo che conoscevo di vista, e poco tempo fa è morto mio nonno. […] Queste esperienze mi hanno portato a pensare che siano vivi in un’altra vita”.

(Citazione da Osservatorio Socio-Religioso Triveneto, “C’è campo? Giovani, spiritualità, religione”)

Questo brano è tratto dalla tesi:

I giovani e la religione, tra coerenza e contraddizione. Un'indagine tra gli studenti del corso di mediazione dell'Università dell'Insubria.

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Informazioni tesi

  Autore: Alessia Pinto
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi dell'Insubria
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze della mediazione linguistica
  Relatore: Alessandro Ferrari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 93

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