Il divieto di rappresentazione nell'ebraismo
La classificazione come presupposto della conoscenza e delle credenze religiose
Secondo Durkheim “Tutte le credenze religiose conosciute, siano esse semplici o complesse hanno uno stesso carattere in comune: esse presuppongono una classificazione delle cose, reali o ideali, che gli uomini si rappresentano in due classi, in due generi opposti”; e questi vengono identificati nel sacro ed il profano. Prima di approdare alla definizione del fenomeno religioso e della religione nel pensiero di Durkheim, ci sembra molto importante ripercorrere step by step il pensiero che lo ha portato a rintracciare nella classificazione, intesa come processo sociale che poggia su distinzioni dicotomiche del reale, la modalità attraverso la quale l’uomo si rappresenta e dà senso alla realtà entro cui si muove.
Nel 1903 viene pubblicato nell’ Annèe sociologique il saggio De quelques formes primitives de classification nato dalla collaborazione tra il sociologo francese e M. Mauss. Questo, ancora oggi viene considerato un contributo molto interessante e significativo nell’ambito della riflessione epistemologica, ovvero dell’indagine del come l’uomo struttura la propria conoscenza.
Ne “Le forme primitive di classificazione”, di E Durkheim e M. Mauss, si evidenzia il limite dei logici, che considerano la gerarchia dei concetti come “data nelle cose e immediatamente esprimibile attraverso la catena infinita dei sillogismi” mentre quello degli psicologi risiederebbe nel fatto che questi considerino il processo di classificazione degli esseri, degli eventi e dei fatti del mondo come afferente alle sole forze dell’individuo. “In realtà per noi, classificare le cose significa disporle in gruppi distinti gli uni dagli altri, separati da linee di demarcazione nettamente determinate”.
Durkheim, nota come alla base dell’idea di classificazione vi è “l’idea di circoscrizione dai contorni fissi e definiti. Orbene, si potrebbe in certo modo affermare che questa concezione della classificazione non risale al di là di Aristotele”. La classificazione che poggia sul criterio di distinzione, è un prodotto sociale e pertanto questo è frutto delle condizioni in cui si è manifestato e da ciò se ne deduce che l’uomo non ha sempre percepito la realtà in questo modo. “In realtà, lo spirito umano ha preso le mosse da uno stato di massima indistinzione; ancor oggi c’è tutta una parte della nostra letteratura popolare, dei nostri miti, delle religioni che si basa su una fondamentale confusione di ogni immagine e idea. Si potrebbe affermare che le immagini o idee separate le une dalle altre con una certa chiarezza, non ce ne siano. La metamorfosi, le trasmissioni di qualità, le sostituzioni di anime e di corpi, le credenze relative alla materializzazione degli spiriti, alla spiritualizzazioni di oggetti materiali, sono elementi del pensiero religioso e del folclore”.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il divieto di rappresentazione nell'ebraismo
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Informazioni tesi
Autore: | Karen Naccache |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | comunicazione e mass-media |
Relatore: | Michele Colafato |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 198 |
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