Protezione della biodiversità agricola e tutela degli agricoltori dall'Hold-Up brevettuale: il caso degli OGM
La Biodiversità Agricola
Nell'ambito della nozione di biodiversità si è soliti distinguere la biodiversità selvatica dalla biodiversità agricola. La prima assume rilevanza esclusivamente come risorsa naturale in quanto attiene alle specie, animali e vegetali, presenti negli ecosistemi che risultano in via di estinzione. La biodiversità agricola si caratterizza, invece, sia come risorsa essenziale per soddisfare un bisogno primario dell'umanità, ovvero l'alimentazione, sia quale risultato del lavoro di addomesticazione, adattamento e conservazione realizzato da generazioni di agricoltori nel lungo percorso avviato diecimila anni fa dall'avvento dell'agricoltura. La Convenzione sulla Biodiversità, nella quinta Conferenza delle Parti (Decisione V/5), ha definito la biodiversità agricola come segue:
'Agricultural biodiversity is a broad term that includes all components of biological diversity of relevance to food and agriculture, and all components of biological diversity that constitute the agro-ecosystem: the variety and variability of animals, plants and micro-organisms, at the genetic, species and ecosystem levels, which are necessary to sustain key functions of the agro-ecosystem, its structure and processes.'
La Rivoluzione Neolitica, durante la quale nacque l'agricoltura, avvenne in diverse aree geografiche della Terra, conosciute anche come centres of origin: così orzo e grano furono addomesticati nel Medio Oriente, il riso nel Sud-Est Asiatico, le patate nelle Ande, il miglio in Africa e il granturco nella Mesoamerica. Selezionando le piante selvatiche con il genotipo più adatto, i contadini alterarono la natura, creando l'agricoltura: gran parte delle piante agricole sui cui noi oggi basiamo la nostra alimentazione, vennero addomesticate già diecimila anni fa. Fin dalle origini, i diversi gruppi di agricoltori si sono scambiati i propri raccolti, comprese quindi le varietà tradizionali (landraces), rendendo tale scambio uno dei principi fondamentali dell'agricoltura: questa si è infatti sempre basata sull'accesso e sullo scambio, e non sull'esclusività. Un significativo aumento nello scambio delle varietà tradizionali si ebbe a seguito della scoperta dell'America: granturco, patate, pomodori e molte altre varietà agricole, coltivate da millenni da Aztechi ed Inca, sbarcarono in Europa, Asia ed Africa. Contemporaneamente, varietà tradizionali del Vecchio Continente furono trapiantate nel Sud America. Nuovi centri di diversità si svilupparono al di fuori del loro centro d'origine, aumentandone spesso la resa. Questo aumento è da attribuire al fatto che nel nuovo ambiente di coltivazione non sono presenti parassiti e patogeni presenti nell'ambiente originario. A tal proposito va però ricordato il caso irlandese del 1830, in cui un microorganismo (Phytophthera Infestans) colpì le coltivazioni di patate, causando una forte carestia che decimo la popolazione irlandese. Per contrastare questa carestia, fu necessario far ritorno in Sud America per trovare varietà di patate resistenti a questo microorganismo, per poi trapiantarle in Irlanda.
Da quanto emerge, le risorse genetiche agricole, a differenza di quelle selvatiche, sono state sviluppate e mantenute dagli agricoltori tradizionali all'interno dei loro sistemi agricoli. Se tali sistemi agricoli vengono meno, verrà meno anche la biodiversità agricola (salvo quella conservata ex situ), fondamentale per le politiche di food security, ossia per garantire ai cittadini una sufficiente quantità di cibo. La dipendenza della biodiversità agricola dai sistemi agricoli, implica a sua volta una dipendenza della biodiversità agricola dalla Regione o dal Paese in cui questa è stata sviluppata e mantenuta: al fine di garantire una politica di food security – che avverrà solamente con la salvaguardia della biodiversità agricola – sarà necessaria una collaborazione fra tutti i Paesi del mondo. Nessun Paese riuscirà, da solo, a raggiungere l'autosufficienza agricola e alimentare.
È noto come il libero scambio di sementi tra gli agricoltori abbia da sempre costituito la base della conservazione della biodiversità e della sicurezza alimentare, soprattutto nei Paesi più poveri; altrettanto noto è come con le sementi i contadini trasferiscono anche idee e sapere, cultura ed usi consuetudinari e quindi tradizioni.
Nell'ultimo secolo si è però assistito a un drastico cambiamento nelle pratiche agricole: l'agricoltura moderna, incentrandosi sulla produzione di merci, rimuove i saperi locali. Nella produzione di queste 'merci', l'agricoltura moderna predilige le monocolture di varietà, trascurando così le colture tradizionali. Queste monocolture causano la decimazione della diversità, con conseguenze che arrivano a minacciare la food security, risultato opposto a quello perseguito. È stato infatti stimato che nei secoli, circa 10 000 specie vegetali siano state utilizzate per l'agricoltura e l'alimentazione; attualmente solamente 4 specie vegetali (patate, riso, mais e grano) e 3 specie animali (bovini, suini e polli) forniscono più della metà degli alimenti.
La forte perdita delle risorse genetiche agricole è da attribuire principalmente al forte sviluppo delle monocolture, all'elevata meccanizzazione, all'uso di pesticidi chimici e inoltre alla sottoutilizzazione del suolo. Questi modelli di produzione si sono pesantemente affermati alla fine degli anni Sessanta, con la c.d. green revolution, ovvero un tipo di agricoltura intensiva basata sul massiccio uso di pesticidi e fertilizzanti chimici. La recente introduzioni di biotecnologie nel mondo agricolo, con conseguente affermazione di forti modelli di proprietà intellettuale, non ha fatto altro che ribadire questo modello di agricoltura, unico ed omologante, tutto incentrato sulla resa perché incentrato a sfamare una popolazione in continua crescita. In un simile modello, l'agricoltore viene sempre più considerato come un potenziale consumatore di sementi, e non più come custode di conoscenze e saperi tradizionali.
Le politiche istituzionali riguardanti, direttamente o indirettamente, la tutela della diversità biologica in agricoltura sono orientate in due macrodirezioni principali: da una parte si persegue una finalità di tipo prevalentemente conservativo, dall'altra parte si mira invece a salvaguardare gli interessi di grandi imprese che investono nel settore, tramite strumenti di proprietà intellettuale.
Prima di procedere ad analizzare i due strumenti internazionali che più di altri hanno implicazioni sulla biodiversità agricola – ovvero l'International Treaty on Plant Genetic Resources for Food and Agriculture (ITPGRFA) e l'Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPs) – si vuole fare una piccola digressione sullo status attribuito alle risorse genetiche agricole dai vari strumenti internazionali che, nel corso degli ultimi quarant'anni, si sono occupati della materia. A seconda dello status, discendo, infatti, importanti conseguenze circa la gestione, l'accesso e la condivisione dei benefici derivanti dall'utilizzazione delle risorse in questione. [...]
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Protezione della biodiversità agricola e tutela degli agricoltori dall'Hold-Up brevettuale: il caso degli OGM
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Informazioni tesi
Autore: | Gianluigi Tebano |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Trento |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Umberto Izzo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 223 |
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