L'acquifero alluvionale a settentrione del Monte Soprano (Salerno): schema idrogeologico e modalità di ricarica
L'Unità idrogeologica Cervati–Vesole
L'Unità idrogeologica del Monte Cervati – Vesole (figura 2.5) è costituita da una successione litologica di termini prevalentemente carbonatici (di età compresa tra il Trias ed il Lias medio), appartenenti all'Unità stratigrafico – strutturale Alburno – Cervati, quest'ultima derivante dalla deformazione del dominio paleogeografico della piattaforma campano – lucana.
In particolare, tale successione è costituita da calcari, calcari dolomitici, calcilutiti e calcari detritici, molto fratturati e carsificati. In successione stratigrafica si rinvengono lembi di calcareniti, calcilutiti e di calcari marnosi di età Paleocene – Miocene (Formazione di Trentinara e Formazione di Roccadaspide – Cerchiara), a luoghi con intercalazioni conglomeratiche e marnose.
Ai margini dell'idrostruttura carbonatica, ben delimitata da importanti discontinuità tettoniche, affiorano a nord, ad ovest e a sud, depositi prevalentemente terrigeni appartenenti alle unità neogeniche pre e tardo orogene (Formazione di Piaggine – Raganello, Formazione di S. Mauro e Pollica) e alle Unità Sicilidi. Si tratta di alternanze mioceniche di arenarie, siltiti, marne, argille, calcareniti nelle quali si rinviene intercalato, e variamente disturbato, il complesso delle Argille Varicolori. Ad Est del rilievo del Monte Cervati s.s., le rocce carbonatiche vengono a contatto con i depositi detritico – alluvionali e fluvio – lacustri del Vallo di Diano, questi ultimi sovrapposti, a loro volta, ai depositi terrigeni miocenici.
I limiti idrogeologici del corpo idrico sotterraneo del Monte Cervati – Vesole sono rappresentati:
- ad E, dalla depressione morfo – strutturale del Vallo di Diano, in corrispondenza della quale, pur mascherata dai depositi fluvio – lacustri recenti, dovrebbe proseguire la linea tettonica visibile lungo la Valle del Noce;
- a N, dalla presenza di un'importante discontinuità strutturale, legata alla tettonica compressiva del Miocene (INCORONATO et alii, 1979); è probabile che lungo tale margine esista un vero e proprio accavallamento tettonico dell'Unità del Monte Cervati sui depositi terrigeni impermeabili, così come sembrano indicare le evidenze strutturali nei pressi degli abitati di Felitto e di Laurino; tale contatto determina quindi un limite di tamponamento "per soglia di permeabilità sottoposta", tale per cui sono esclusi interscambi da o verso corpi idrici sotterranei limitrofi. Rientra in questa contesto anche la Valle del Fiume La Cosa, la quale secondo questo schema dovrebbe essere isolata dall'Unità Idrogeologica Cervati – Vesole;
- lungo il margine sud – occidentale e meridionale, da contatti tettonici con i terreni poco permeabili o impermeabili delle unità litostratigrafiche neogeniche pre e tardo – orogene e dalle Unità Sicilidi, nonché da una complessa situazione strutturale, su cui si è impostata la depressione di Sanza, alla quale è connessa una locale riduzione della permeabilità dei litotipi carbonatici affioranti; ciò rappresenta quindi un limite di "tamponamento", tale per cui sono trascurabili, se non addirittura nulli, gli interscambi idrici sotterranei con gli acquiferi limitrofi.
L'intera successione carbonatica ha uno spessore che complessivamente raggiunge diverse migliaia di metri. Essa presenta la classica geometria "a catino"; infatti, parte della struttura carbonatica risulta sepolta, per notevoli profondità, al disotto del livello minimo di falda. Detta porzione di struttura risulta satura di riserve regolatrici e permanenti anche per diverse decine di milioni di metri cubi, nonostante la porosità efficace della roccia – serbatoio possa risultare localmente non eccessivamente elevata.
L'assetto strutturale e l'andamento della cintura impermeabile determina, per l'idrostruttura del Monte Cervati – Vesole, un forte condizionamento sulla circolazione idrica sotterranea basale. Si riconosce uno schema idrodinamico particolarmente articolato (CIVITA, 1974; CELICO, 1978; CELICO et alii, 1982; CELICO, 1983) con differenti direzioni di flusso e punti di trabocco della falda in rete. In particolare si riconosce, nel rilievo del Monte Cervati s.s., una zona di alto idrogeologico da cui si dirigono diverse direzioni di flusso della falda di base. Nella porzione nordorientale, si ha una direzione del flusso idrico sotterraneo orientata da ovest verso est, ossia verso le sorgenti del Vallo di Diano; nella porzione centromeridionale, il deflusso idrico sotterraneo è orientato da nord verso sud, ossia verso il gruppo sorgivo Fistole del Faraone; nella porzione occidentale, si ha una direzione preferenziale del flusso orientata da sudest verso nordovest, cioè verso i gruppi sorgivi Sant'Elena e Stretta di Laurino. In quest'ultimo settore, parte delle acque sotterranee del massiccio carbonatico travasano verso il rilievo del Monte Vesole, attraverso il graben di Magliano. Infatti, la falda di base della sub – struttura del Monte Vesole, avente una direzione di flusso orientata da sudest verso nordovest, ha recapito finale nelle sorgenti effluenti nella piana di Paestum a quote nettamente più basse (da 5 a 35 m s.l.m.) di quelle che cingono il Monte Cervati (da 330 a 470 m s.l.m.), con una portata globale (circa 3,40 m3/s) che presuppone un bacino di alimentazione nettamente più esteso di quello rappresentato dallo stesso Monte Vesole (CELICO, 1978; 1983).
Inoltre, nel settore sudorientale la pendenza piezometrica della falda risulta molto bassa (circa 0,2 %); invece, tra Laurino e la piccola piana alluvionale di Magliano, il gradiente idraulico raggiunge, per complicazioni ovviamente di carattere stratigrafico – strutturale, valori anche dell'ordine del 3%, con notevoli perdite di carico piezometrico concentrate. Infatti, all'altezza del graben di Magliano, i circuiti idrici sotterranei sono costretti ad approfondirsi (CELICO, 1983) soprattutto perché la sezione dell'acquifero carbonatico affiorante si riduce sensibilmente ad appena 100 m contro i circa 6 km di larghezza misurabili all'altezza dell'abitato di Laurino (posto a qualche centinaio di metri a monte rispetto al verso di deflusso delle acque sotterranee). Proprio al suddetto approfondimento è dovuta la forte mineralizzazione (caratterizzata da un'elevata componente clorurata) delle acque delle sorgenti di Paestum; infatti, tale fenomenologia, confermata anche da dati idrochimici e isotopici, comporterebbe la mobilizzazione di acque marine intrappolate nell'acquifero carbonatico durante i movimenti eustatici del Quaternario, quando la linea di costa era a diretto contatto con il massiccio carbonatico (CELICO et alii, 1982).
Le principali caratteristiche chimico – fisiche e isotopiche delle acque sorgive del Monte Cervati – Vesole (CELICO et alii, 1979), evidenziano la presenza di una facies bicarbonato–alcalino–terrosa, con valori relativamente bassi di temperatura (12 e 15 °C); tale connotazione idrochimica risulta tipica di acque sotterranee circolanti in rocce serbatoio a prevalente componente calcarea, coerentemente con l'assetto lito–stratigrafico locale.
Quanto alle acque sorgive della piana di Paestum, affioranti lungo il margine occidentale dell'Unità carbonatica del Monte Vesole s.s., esse sono caratterizzate da un elevato grado di mineralizzazione (la C.E. assume valori anche di 11860 .S/cm) e da temperature fino a 17 °C.
Esse risultano contraddistinte da una facies cloruro – alcalina, derivante dal mescolamento tra acque bicarbonato – calciche ed acque marine. Infatti, i rapporti caratteristici rNa/rCl, rK/rCl, rMg/rCl sono molto simili a quelli dell'acqua di mare, mentre se ne discosta il rapporto rCa/rCl, il quale mostra l'influenza della componente bicarbonato – calcica. Sulla base dei dati chimici ed isotopici è stata calcolata, nell'ambito del Piano di Tutela delle acque Regione Campania rev 12/05, anche la percentuale della componente di tipo marino che è risultata massima per la sorgente Acqua Salsa (circa 18%) e minima per le sorgenti Capodifiume e di Torre di Paestum (circa 4%). Dal confronto dei dati geochimici con quelli idrogeologici si evince che la mineralizzazione delle sorgenti di Paestum è dovuta al mescolamento, in diverse proporzioni, di acque che hanno circolato in rocce carbonatiche con acque marine.
Queste ultime, vista la mancanza di fenomeno di ingressione marina in atto, sarebbero legate alle diverse fasi eustatiche del Quaternario, quando il mare si è portato a diretto contatto con il massiccio carbonatico. Ciò avrebbe quindi permesso l'intrusione di acqua marina, rimaste nel tempo intrappolate sottoforma di "sacche salate" nell'acquifero, ed oggi messe in circuito anche per la presenza dell'approfondimento dei deflussi idrici sotterranei in corrispondenza del graben di Magliano.
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L'acquifero alluvionale a settentrione del Monte Soprano (Salerno): schema idrogeologico e modalità di ricarica
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Informazioni tesi
Autore: | Gianfranco Laurenza |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi del Sannio |
Facoltà: | Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali |
Corso: | Scienze Geologiche |
Relatore: | Libera Esposito |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 127 |
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