Il disabile adulto e la sua famiglia. Sfide educative e prospettive future
L'inclusione della persona disabile e della sua famiglia
Sebbene da decenni la nostra società si sta orientando verso l'integrazione e la valorizzazione della diversità sia dal punto di vista giuridico che dal punto di vista psico- pedagogico, il mondo della disabilità rimane tutt'oggi un mondo complesso lontano dalla totale inclusione della persona disabile e della sua famiglia all'interno della società.
La famiglia non è l'unica responsabile del futuro della persona disabile, anche la società ha un ruolo fondamentale in tutto questo.
La famiglia può anche aver indirizzato il proprio figlio verso l'autonomia per una conseguente inclusione, ma se le barriere architettoniche, i pregiudizi e gli etichettamenti non vengono abbattuti, la strada verso l'inclusione può presentare qualche ostacolo.
Per tale motivo, la società deve impegnarsi nell'assicurare a tutti i cittadini, disabili e non, standard dignitosi di vita, non solo in riferimento al possesso di beni materiali, ma anche al benessere complessivo della persona, raggiungibile attraverso la partecipazione e il coinvolgimento, condizione necessaria per evitare l'esclusione (Bortolotti & Sorzio, 2014).
Da alcuni anni si sente parlare di "inclusione", termine utilizzato a livello internazionale (Lipsky, Gartner, 1999; Clough, Corbett, 2000; Canevaro, 2007; Werler et al, 2012), che risulta di non facile e univoca definizione, ma che fa riferimento al diritto delle persone ad avere una vita di qualità. Affinché ciò avvenga il contesto deve essere facilitante e deve adattarsi e modificarsi in base alle esigenze e ai bisogni della persona.
Come sostengono W. Stainback e S. Stainback (1990): "L'inclusione è un diritto di base che nessuno deve guadagnarsi". Uno dei primi passi, affinché ciò avvenga, consiste nell'eliminazione degli ostacoli e delle barriere architettoniche ovvero di quegli elementi come scale, gradini e rampe troppo rigide, che limitano o impediscono, alle persone disabili, i movimenti, gli spostamenti o la fruizione dei servizi e delle strutture. Queste barriere non rappresentano un ostacolo solo per le personali disabili, ma anche per tutti quei soggetti che si trovano in una situazione di disagio motorio anche momentaneo; basti pensare a persone anziane, donne incinte, genitori con passeggini che continuamente incontrano "barriere" non facili da superare. La possibilità di vivere in un ambiente inclusivo non deve esser data solo alla persona disabile, ma a tutti.
Per sostenere i diritti umani delle persone con disabilità bisogna prima di tutto eliminare questi ostacoli, ma allo stesso tempo serve un'azione positiva per fornire loro tutte le opportunità e i mezzi pratici necessari per vivere pienamente.
L'inclusione, come sostiene Canevaro (2013), fa riferimento ad un allargamento di orizzonti per tutti, e coinvolge non solo l'ambito dello sviluppo e della partecipazione della persona, bensì la creazione di un clima culturale e sociale che garantisce i diritti di cittadinanza attiva per tutti. Egli intende l'inclusione come metodo e prospettiva in grado di realizzare un processo di conoscenza e di riconoscimento reciproco, in cui le ragioni di ciascuno si incontrino in un percorso di crescita comune.
Essere disabili non vuol dire essere esclusi dalla società. Bisogna ricordare che la disabilità non è una malattia ma una condizione di vita; anche le persone disabili possono essere in salute o ammalarsi come chiunque altro.
A tal proposito la "Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità" (divenuta legge n.18 il 3 marzo 2009 a seguito della ratifica del Parlamento italiano) promuove l'inclusione e l'uguaglianza di tali individui in tutti gli ambiti della vita sociale. Tale convenzione sui diritti delle persone con disabilità, segna uno spartiacque nella storia della lotta per l'uguaglianza, i diritti umani e la cittadinanza. Viene riconosciuto che le convenzioni sui diritti umani già esistenti non sono basate a garantire i diritti umani delle persone con disabilità, e aiuta a chiarire cosa significa promuoverli.
L'obiettivo che si prefigge la Convenzione è dichiarato all'art. 1, che al comma 1, recita:
"Scopo della presente Convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità."
La convenzione descrive e analizza i singoli elementi dell'inclusione, indicando le strade migliori per realizzarla e promuovendo la revisione degli stili di pensiero, degli atteggiamenti e delle opinioni che devono includere la disabilità tra gli eventi ordinari della condizione umana (Bartolotti & Sorzio, p. 16). Essa richiama la concezione della disabilità descritta nell'ICF, ponendo l'attenzione sulla persona e sull'interazione tra essa e l'ambiente. Bisogna precisare che l'inclusione non riguarda solo il soggetto disabile, bensì l'intera famiglia.
A tal proposito nella legge quadro n. 104/19217, sui diritti delle persone disabili, vengono fatti riferimenti ai diritti della famiglia (precisamente in nove dei quarantaquattro articoli di cui è composta).
Questa legge ha rappresentato una svolta nel campo delle politiche assistenziali, sia a livello nazionale che regionale, non più basate su interventi specializzati e di tipo assistenzialistico ma piuttosto di promozione dei diritti umani e di cittadinanza della persona con disabilità, attraverso il suo inserimento nella società. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il disabile adulto e la sua famiglia. Sfide educative e prospettive future
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Informazioni tesi
Autore: | Roberta Blandamura |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Programmazione e gestione dei servizi educativi e formativi |
Relatore: | Roberta Caldin |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 131 |
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