L'avventura di RT90. La voce intangibile di un popolo nel panorama radiofonico degli anni '90
L'evoluzione del sistema radiofonico
L'enorme crescita del consumo di radio, segnalato proprio a partire dal biennio 1990-1991, è un fatto che concerne l'intero pianeta e non solo le economie avanzate, Stati Uniti in primis, ma anche i Paesi poveri dell'America Latina, dell'Africa e dell'Asia. Per quanto riguarda l'Italia, Audiradio ha registrato un allargamento impressionante della platea radiofonica, passata da circa 26 milioni nel 1990 a oltre 35 milioni nel 2002. A partire dal 1988, anno in cui è iniziata l'indagine, l'aumento è stato progressivo e costante; solo negli ultimi anni si nota una stasi o un lieve calo, probabilmente dovuto al raggiungimento di un tetto massimo di ascolti. Due sono i fatti che tra la fine degli anni '80 e il 1990 hanno dato un deciso impulso allo sviluppo e alla regolamentazione del sistema radiofonico italiano. Il primo, di natura macroeconomica, è l'istituzione di Audiradio. Dando per scontate tutte le critiche e le riserve che si possono muovere all'attendibilità dei risultati, Audiradio ha fornito uno strumento basilare nell'indirizzare e ripartire gli investimenti pubblicitari, ossigeno indispensabile alle emittenti private e sempre più necessario alle pubbliche. Audiradio nasce nel 1988 per iniziativa dell'UPA, l'associazione che raccoglie gli utenti pubblicitari, cioè le aziende produttrici di beni e servizi. Audiradio produce ogni anno un'indagine campionaria unitaria sull'ascolto delle emittenti radiofoniche nazionali e locali, pubbliche e private, ma la sua strumentazione è molto diversa da
quella televisiva, l'Auditel. Secondo, di natura politico-istituzionale, è stata l'approvazione della legge 6 agosto 1990 n.223, detta anche "legge Mammì" dal nome del ministro proponente. La legislazione Mammì sancisce formalmente il sistema misto pubblico-privato. La legge prevede all'art. 3 "il piano di assegnazione delle radiofrequenze", la suddivisione del territorio nazionale in bacini di utenza i quali, per la radiodiffusione sonora, "hanno di regola dimensioni analoghe a quelle delle province o aree metropolitane" e la conseguente assegnazione a ciascun impianto. Il medesimo articolo precisa che il piano di assegnazione deve riservare alle stazioni locali almeno il 70% delle emissioni ricevibili senza disturbo in ogni bacino d'utenza. Si stabiliscono anche i limiti della pubblicità, così come una soglia minima di programmazione.
La legge Mammì rappresentava un tentativo, largamente fallito, di disciplinare la televisione dopo quindici anni in cui la situazione si era stravolta, per estendere così soluzioni pensate per la tv alla radio. La farraginosa e incompiuta attuazione della legislazione si trasforma in una Via Crucis per le piccole emittenti, prevedendo un tortuoso iter applicativo in cui, attribuite le concessioni nazionali televisive, tutte le scadenze saltavano. La legge adattava alla radiofonia un assetto, senza tener conto della sua specificità, sostituendo il "tetto" con gli affollamenti pubblicitari.
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Informazioni tesi
Autore: | Lucia Geremia |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze e tecnologie delle arti e dello spettacolo, Giornalismo |
Relatore: | Paola Abbiezzi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 84 |
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