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La percezione del prodotto di qualità certificata

L'evoluzione del concetto country of origin nell'era globalizzata

I primi studi sul country of origin si classificano come single-cue poiché l'unico parametro di valutazione del prodotto è il suo paese di provenienza. In questo modo, prendendo in considerazione un solo attributo, si rischia di gonfiare i dati e giungere a risultati sfasati e non veritieri. «In realtà, quanto più numerosi sono gli attributi inseriti nel modello, tanto più moderato risulta l'effetto esercitato dal paese di provenienza del prodotto», infatti, secondo l'analisi di Peterson e Jolibert (1995) «negli studi single-cue l'effetto medio del paese di provenienza incide per il 30%, mentre negli studi multi-cue tale effetto si riduce al 16%» (Vianelli & Marzano, 2012, cit. pag. 7).
La definizione del country of origin è notevolmente cambiata con l'avvento della globalizzazione: oggi, diventa difficile parlare di un'origine "pura" del prodotto dal momento che le fasi del processo produttivo, il più delle volte, sono dislocate in diverse zone del pianeta. Per questo motivo, Chao (1993) distingue fra forme "ibride" e "non ibride" del prodotto riferendosi, in particolare, ai paesi di origine di manifattura e design che nella maggior parte dei casi non coincidono più.
Gli studi più recenti di marketing si classificano come multi- cue poiché non guardano più alla mera origine di un prodotto ma a tutto ciò che riguarda le fasi della produzione dello stesso, dal momento che queste possono non essere concentrate in un unico luogo: di conseguenza un territorio può farsi riconoscere per un determinato brand o per la manifattura, per l'assemblaggio o per il design: «in aggiunta a concetti quali made in o assembled in, dunque, stanno acquisendo sempre maggiore rilevanza anche quelli di designed in, engineered in, manufactured in e parts supplied by» (Ibidem, cit. pag. 12).
È necessario riconoscere che «a prescindere dalla tipologia di classificazione adottata, emergono chiaramente le diverse dimensioni che contribuiscono a formare l'origine di un prodotto e che, una ad una, producono effetti diversi sulla percezione qualitativa dei consumatori durante il processo di valutazione (Li, Murray e Scott, 2000)» (Ibidem, cit. pag. 13).
Dunque, quando parliamo di origine dobbiamo anche chiarire a quale parte della produzione facciamo riferimento: il concetto di Made in è stato fortemente ridimensionato dal processo di globalizzazione dal momento che si riferisce solo ad alcune componenti del prodotto. Oltre che ridimensionato, è stato anche "relativizzato" soprattutto a causa dello sviluppo del sistema produttivo cinese ed in generale dei paesi dell'Est, da sempre simbolo di scarsa qualità, cui troppo spesso oggi le aziende ricorrono. Di conseguenza, la provenienza del prodotto, non riguardandolo più interamente, diventa un parametro sempre meno determinante ai fini delle scelte di consumo
Le denominazioni DOP e IGP mirano a salvaguardare le vere denominazioni country of origin dagli effetti della globalizzazione: il tentativo è quello di riconoscere tutte quelle produzioni agro-alimentari che avvengono interamente in un dato territorio con lo scopo di proteggerle e valorizzarle. Per questo, a mio parere, i prodotti italiani a marchio sono così tanto apprezzati: sono tra i pochi ad avere mantenuto intatta la propria tradizione e la propria qualità non lasciandosi coinvolgere dal processo di globalizzazione e dalla frammentazione dei processi produttivi.

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La percezione del prodotto di qualità certificata

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Informazioni tesi

  Autore: Roberta Biandolino
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Lecce
  Facoltà: Scienze Sociali
  Corso: Scienze politiche dell'area mediterranea
  Relatore: Monica Fait
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 44

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Parole chiave

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qualità certificata dei prodotti agroalimentari
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