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I Figli del vento: storia e cultura degli zingari

L’olocausto dimenticato

Con le “leggi di Norimberga” del 1935, prima applicate agli ebrei e poi estese agli zingari, sorse per l’azione di annientamento di questi ultimi il problema della loro origine ariana poiché, provenendo dall’India, risultavano indoeuropei a tutti gli effetti.

Per aggirare la questione sorta venne fondato nel 1936 un centro di ricerca biologica sull’eugenetica, con a capo Robert Ritter (definito lo ”scienziato della razza”) assistito da giovani ricercatori, quali Eva Justin, Adolf Wirth e Sophie Hidermart. Alla fine delle sue ricerche, condotte tramite l’analisi degli alberi genealogici fino all’ottava generazione, giunse alla conclusione che gli zingari puri non esistevano più e attualmente erano solo un gruppo deviante dal carattere ereditario, che definì “un miscuglio creato dai rapporti degli zingari con gli elementi deteriori di diversi popoli e razze dell’Asia sud-occidentale e dell’Europa sud-orientale.

La stragrande maggioranza degli zingari non è altro che Lumpenproletariat di meticci zingari, che ha ben poco a che fare con gli zingari autentici”. (Nell'articolo “Die Zigeunerfrage und das Zigeunerbastardproblem”, pubblicato nel 1939 sulla rivista medica Fortschritte der Erbathologie)
L’unica soluzione consigliata per arginare il problema fu la deportazione e la sterilizzazione (per altro già applicata dal 1934), la cosiddetta zukunftslos.

Nel 1936, in occasione delle Olimpiadi di Berlino, la città venne “ripulita” e gli zingari furono rinchiusi nel campo-ghetto di Mahrzan. Sempre nello stesso anno quattrocento zingari vennero deportati a Dachau.

Nel 1937 fu dato l’ordine di arresto preventivo in quanto asociali e pericolosi, perciò alcuni vennero chiusi in carcere e altri nei campi di lavoro. Nel 1939 venne emanato un decreto di stabilizzazione che ordinava agli zingari di non abbandonare il territorio in cui si trovano. Sempre nel 1939, in seguito all’invasione della Polonia, molti zingari tedeschi vennero trasferiti nei campi polacchi, a Nizko e a Lodz, dove presto scoppiò una epidemia di tifo date le scarse condizioni igieniche.
Il 20 gennaio 1942, durante la Conferenza di Wannsee a Berlino, si parlò per la prima volta di “soluzione finale” (Endlsung), ribadendo l’applicazione di pratiche di sterilizzazione e l’internamento. Nel 1942 molti vennero così deportati a Treblinka e, nel dicembre del 1942, il capo della Polizia tedesca Heinrich Himmler diede l’ordine di deportare tutti gli zingari ad Auschwitz, dove venne creato un settore speciale per zingari a Birkenau, lo Zigeunerlager, o B2.

Anche gli zingari nei territori occupati dai tedeschi, ovvero in Austria, Moravia, Slovacchia, Francia e Belgio, vennero inviati prima in campi di lavoro e poi trasferiti ad Auschwitz, dove nel luglio 1943 molti bambini vennero affetti dal noma, un tumore della pelle dovuta a malnutrizione. I molti bambini malati vennero uccisi, mentre gli altri furono usati da cavia dal dottor Josef Mengele, che li uccideva e ne analizzava i cadaveri.

Molti furono i modi usati per sterminarli: sotto minaccia del fucile spesso si ordinava loro di impiccare i propri parenti; altre volte venivano massacrati con specie di martelli di legno sulla quale era inserito uno spuntone di ferro per risparmiare le munizioni; sempre per risparmiare le munizioni gli adulti erano gettati nei fiumi e fatti annegare, mentre i bambini venivano lanciati dalle finestre o sbattuti contro gli alberi. A volte si faceva loro scavare la fossa per esservi gettati dopo essere stati fucilati, senza preoccuparsi di quelli ancora in vita. Inoltre erano usati come cavie per esperimenti, ad esempio veniva loro iniettato il tifo cosicchè il braccio andasse in cancrena, venivano sottoposti a iniezioni di acqua e sale o a esperimenti con gas iprite. Alcuni dei loro cadaveri vennero inoltre scuoiati e usati per fare rivestimenti in pelle.

Nella notte del 31 luglio venne dato nel campo di Auschwitz l’ordine dello sterminio finale e tutti gli zingari ancora in vita vennero caricati su camion e condotti nelle camere a gas dove trovarono la morte.
Per quanto riguarda gli altri Paesi, in Polonia, Slovacchia, Ungheria, Ucraina e Romania, erano spesso uccisi prima di essere deportati (o venivano fucilati o raccolti in capanne a cui poi era dato fuoco). In Croazia molti vennero uccisi per mano degli Ustasha. Solo la Danimarca si oppose alla deportazione e in Grecia e Finlandia molti si salvarono confondendosi con la popolazione locale.
In Italia vennero usate argomentazioni pseudo scientifiche e culturali, come quelle formulate da Gualdo Landra che li definì”eterni randagi privi di senso morale”, per catalogarli come razza inferiore e deportali nei campi di Bojano, Tossicia (Teramo) e Ferramonti (Cosenza), solo per citarne alcuni. Alcuni vennero inviati in Sardegna e spesso gli uomini venivano inviati come soldati in Albania senza permesso di rientro.

Dopo il 1943 alcuni zingari fuggiti dai campi italiani si unirono alle formazioni partigiane, partecipando alla Resistenza contro i nazifascismi. Ricordiamo Walter Catter, fucilato l’11 novembre 1944, il cugino Giuseppe Catter, fucilato a Colle San Bartolomeo (Imperia) e Amilcare Debar, detto Taro, partigiano combattente nella 48° brigata Garibaldi, catturato dai nazisti nel 1944, deportato a Mathausen ed Auschwitz e liberato dagli Alleati nel 1945.

Circa cinquecentomila zingari trovarono la morte nei campi di concentramento, ma nelle sentenze del processo di Norimberga del 18 ottobre del 1945 vennero sporadicamente menzionati, così come venne negato loro ogni risarcimento negando ogni tipo di persecuzione razziale ai loro danni. Il continuo aumentare delle richieste di risarcimento portò la Corte Suprema tedesca ad adottare, nel 1956, un provvedimento che concedeva i relativi risarcimenti soltanto per i crimini commessi a partire dal marzo del 1943. Solo nel 1988 venne riconosciuta la loro dignità di vittime.

Questo brano è tratto dalla tesi:

I Figli del vento: storia e cultura degli zingari

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Informazioni tesi

  Autore: Milena Ferrante
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università per stranieri di Perugia
  Facoltà: Lingua e Cultura Italiana
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Salvatore Cingari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 68

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