L'incontro con l' ''Altro'': l'indio in Perù dalla scoperta alla letteratura indigenista.
L’indio: ferita non risolta nel panorama letterario sudamericano
L’indipendenza politica dell’America Latina favorì anche l’indipendenza culturale, che si manifestò nel bisogno di ricercare una propria identità fino ad allora identificata nei modelli spagnoli ed europei; “il problema di una definizione dell’ “essere nazionale” e dell’ “essere latinoamericano” precede ogni espressione letteraria e critica”.
La letteratura diventò strumento di denuncia, di creazione del senso patriottico, di orgoglio civile e di rifiuto della tradizione spagnola. La fine del colonialismo indusse gli intellettuali americani ad una rivalutazione del passato precolombiano, ad un recupero delle proprie radici, dei miti e dei simboli ancora vivi nella tradizione autoctona. Rosalba Campra, in America Latina. L’identità e la maschera, esamina due correnti letterarie, l’indigenismo e la gauchesca, che rivendicano, rispettivamente, il mondo culturale dell’indio andino e del gaucho del Río de la Plata.
La scrittrice sostiene che il gaucho è, ormai, una figura appartenente al passato argentino; a differenza dell’indio, non aveva una tradizione organica da rivendicare; fu protagonista negli anni delle lotte per l’indipendenza, successivamente venne liquidato perchp non assimilabile all’interno della nuova società. Il gaucho venne “mitizzato”, per diventare una sorta di archetipo dell’argentinitâ. Per quanto riguarda, invece, le sorti dell’indio? Mentre il gaucho è ormai una figura “mitica”, che esiste soltanto nei racconti "l’indio è ancora lì, ferita non risolta (…) in quanto realtà attuale e problematica".
Nelle pagine romantiche, influenzate dai modelli europei, l’indio rappresentó il buon selvaggio, vale a dire, la visione idealizzata di “creatura selvatica”; tale visione non venne abbandonata neanche quando il romanzo diventò espressione di una protesta sociale, come nel caso di Aves sin nido (1889) della peruviana Clorinda Matto de Turner. Questo romanzo è considerato indianista, poiché, pur mostrando maggiore accuratezza e profondità di analisi rispetto ai precedenti romanzi storici, la visione degli indios restó stereotipata ed “esterna”. Lo spostamento di visione, da “esterna” a “interna”, nella quale lo scrittore assume il punto di vista dell’indigeno che prende in mano il proprio destino, segnó il passaggio dalla letteratura indianista a quella indigenista. Opera intermedia è El mundo es ancho y ajeno (1941) di Ciro Alegría, scrittore di origine peruviana, che aveva trascorso la fanciullezza nella tenuta agricola del nonno, dove ebbe una conoscenza diretta degli indios. Il tema centrale intorno al quale ruota l’azione di questo romanzo è l’espulsione della comunitâ indigena dei Rumi dalle loro terre ad opera dei latifondisti.
La spoliazione della terra assume, in questo romanzo, un significato nuovo: l’uomo e la terra vivono in rapporto simbiotico e, per tale ragione, rivendicare la terra, per l’indio, significa rivendicare il proprio essere, la propria identità: l’indigeno si trasforma, quindi, da vittima passiva a rivoluzionario. L’identificazione della terra con l’identità indigena sarà il tema centrale di tutta la letteratura indigenista, ma, finché scrittori non indigeni continuarono ad interpretare la mentalità degli indios, il risultato non poteva che essere approssimativo o, meglio, “letterario” e non sempre antropologicamente corretto. Mariátegui, nel saggio El proceso de la literatura, scrisse, a proposito dell’indigenismo letterario:
La corriente “indigenista” que caracteriza a la nueva literatura peruana, no debe su propagación presente ni su exageración posible a las causas eventuales o contingentes que determinan comúnmente una moda literaria. Y tiene una significación mucho más profunda. Basta observar su coincidencia visible y su consanguinidad íntima con una corriente ideológica y social que recluta cada día más adhesiones en la juventud, para comprender que el indigenismo literario traduce un estado de ánimo, un estado de conciencia del Perú nuevo. (...) El problema indígena, tan presente en la política, la economía y la sociología no puede estar ausente de la literatura y del arte. (...) La literatura indigenista no puede darnos una versión rigurosamente verista del indio. Tiene que idealizarlo y estilizarlo. Tampoco puede darnos su propia ánima. Es todavía una literatura de mestizos. Por eso se llama indigenista y no indígena. Una literatura indígena, si debe venir, vendrá a su tiempo. Cuando los propios indios estén en grado de producirla.
Non saranno direttamente gli indios a produrre una letteratura indigena, come si auspicava Mariátegui ma, negli anni successivi al 1940, gli scrittori indigenisti abbandonarono il realismo, una modalità che comportava delle limitazioni alla rappresentazione del mondo degli indios, poiché ne escludeva la loro interpretazione “magica” della vita e si limitava a rappresentare il punto di vista “razionale” occidentale. Questi scrittori vissero nei territori indigeni, dove appresero il linguaggio ed i miti delle comunitâ, scoprendo che l’abbandono del realismo poteva dare loro maggiore possibilità di verosimiglianza nella descrizione del mondo indigeno, intrinsecamente “magico”. Il più importante rappresentante di questa nuova modalità di scrittura fu José María Arguedas, indigenista profondamente radicato nella realtà indigena.
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L'incontro con l' ''Altro'': l'indio in Perù dalla scoperta alla letteratura indigenista.
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Informazioni tesi
Autore: | Isabella Viceconte |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi della Basilicata |
Facoltà: | Lingue e culture moderne europee |
Corso: | Lingue e culture moderne |
Relatore: | Ilenia Zirham |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 98 |
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