La Buona Novella. La canzone d'autore tra fede e anarchia
L’incontro con la musica e con la poesia
Diversamente dagli altri cantautori genovesi, per i quali la poesia arrivò nelle loro vite come una brezza proveniente dal mare, l’incontro tra Fabrizio e la poesia avvenne nelle Langhe piemontesi, ancora nel verde, ancora tra le campagne; iniziò a strimpellare una chitarra lasciata nell’angolo del salotto dell’ingegner Pier Franco Bertone, durante una noiosissima cena estiva alla quale era stato trascinato dai genitori. La noia di quella sera gli valse quella chitarra in regalo e l’inizio della passione per essa. Dopo pochi giorni, il petroliere Abelardo Remo Borzini, colto e raffinato amante del bello, appassionato di poesia e pittura, affascinò il giovane con le sue poesie e col suo modo di trasmettergliele, avvolgendo Fabrizio in una specie di ipnosi poetica, dalla quale probabilmente non uscì mai, alla ricerca continua di sonorità trovadoriche sulla chitarra, e di letture diverse da quelle proposte dai libri di scuola.
Ecco che intraprende la lettura di Steinbeck, Cronin, Dostoevskij, Maupassant, Flaubert, Balzac, Villon, nonché l’ascolto degli chansonniers francesi come George Brassens, iniziata grazie ad un 78 giri regalatogli nel 1956 dal padre. Attraverso queste letture, iniziò a comprendere dove stavano l’emarginazione, i pregiudizi, l’autenticità dei rapporti sociali, la libertà, la bellezza, cosa c’è nascosto dietro i vicoli, quanto dura una solitudine, e le prassi di discriminazione e odio proprie della nostra società.
Sentii fin da subito che il mio lavoro doveva camminare su due binari: l’ansia per una giustizia sociale che ancora non esiste e l’illusione di poter partecipare, in qualche modo, a un cambiamento del mondo. Quest’ultima si è sbriciolata bene presto, la prima, invece, rimane
E così fu quando, tra una bighellonata e un libro, la poca voglia di studiare e le passeggiate tra i carruggi della Genova vecchia per le prime esperienze sessuali, scrisse la sua prima vera canzone, nel 1960, insieme a Clelia Petracchi, La ballata del Michè, che “gli salvò la vita”, dal momento che senza di essa, probabilmente avrebbe proseguito la sua carriera universitaria e oggi sarebbe ricordato come un discreto e onesto avvocato, anziché come ‘un’opera d’arte’ della natura. Aveva infatti intrapreso da poco la carriera universitaria, in legge, dopo aver passato gli anni del Liceo Classico a schivare il problema della competizione creatasi con suo fratello Mauro, di qualche anno più grande, che aveva tutte le qualità che mancavano a Fabrizio, la razionalità, il rigore, la diligenza e i buoni voti.
Il professor Giuseppe de Andrè li aveva educati ad essere persone per bene, a credere nell’esistenza di una meritocrazia, nonostante questa non si sia mai rivelata tangibile, a impegnarsi per guadagnarsela, senza facilitare né tantomeno raccomandare a scuola nessuno dei due figli95. All’epoca del Liceo aveva sfruttato la scuola per conquistare le ragazze alla Lucciola, una balera astigiana di periferia, dove “presentarsi come studente di Genova faceva sempre un certo effetto”; era anche il periodo in cui iniziò ad appassionarsi di musica sudamericana, influenzato dal suo maestro di chitarra, il colombiano Alex Giraldo, che Fabrizio adorava perché più che la teoria, la tecnica e il solfeggio, gli insegnava la canzone, l’utile, l’immediato.
Con lui, e con Pippo Carcassi, Fabrizio intraprese un terzetto che proponeva classici sudamericani; aveva solo quindici anni, ma che fosse più bravo della media, era già evidente. Negli stessi anni, si aggregò a gruppi musicali di ragazzi genovesi, tra cui una jazz-band guidata da Mario de Sanctis. Non avevano platee estese, e questo attenuava il “timor panico” che, come il M° Gatti, tormentava anche lui, forse provocato da un’infanzia trascorsa, in molti momenti, sul palco, col fratello e col padre, durante i comizi, vestito a festa, davanti a folle urlanti.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La Buona Novella. La canzone d'autore tra fede e anarchia
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Informazioni tesi
Autore: | Michela Esposito |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali |
Relatore: | Enrico Careri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 137 |
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