Rilievi critici della prova scientifica nel processo penale
L’incidenza del ruolo del pubblico ministero dinanzi alla scena criminis
Qualche contributo introduttivo é indispensabile ai fini dell’esatta cognizione del ruolo e dei poteri del pubblico ministero, in ragione del progresso tecnologico e delle ricadute che le mete sempre più ambiziose hanno sugli strumenti d’indagine e sulle garanzie difensive (soprattutto al cospetto dei ritrovati nuovi o controversi e di elevata specializzazione).
Il p.m. utilizza le conoscenze afferenti alla scienza per ricavarne un supporto od uno stimolo alle indagini preliminari, ma è consigliabile che il ricorso ad esse sia parsimonioso, in modo che il loro apporto non venga a costituire l’esclusivo elemento di sostegno dell’ipotesi di colpevolezza. Di qui l’opportunità di addivenire ad una sorta di compromesso in grado di contemperare le metodologie scientifiche con le tecniche tradizionali.
La preferenza verso una combinazione siffatta è corroborata da due indicazioni: in prima istanza, «l’attesa (fideistica, quasi passiva) dei responsi tecnico-scientifici può rendere tardiva l’attivazione di altri canali investigativi, cagionando inestimabile pregiudizio ai compiti di ricostruzione del fatto di reato e individuazione del reo; in seconda istanza, dall’intreccio tra risultanze investigative eterogenee il dato probatorio esce rinforzato e valorizzato.
Questo "metodo del bilanciamento", oltre ad essere impiegato, come ovvio, per gli accertamenti che conducono a giudizi di mera probabilità, vale anche per quelli che sono espressi in termini di certezza. Un esempio valga a chiarire l’estensione: il confronto dattiloscopico ha in sé portata dimostrativa assoluta, ma la sua effettiva potenzialità probatoria rispetto alla condotta concreta va pur sempre appurata in relazione agli elementi circostanziali (per intendersi con un esempio d’immediata intuizione, il fatto che sull’arma da fuoco sia identificata l’impronta di un persona non é sufficiente a formulare l’ipotesi di colpevolezza a suo carico).
Quanto evidenziato si collega, di nuovo, al divieto di sopravvalutazione della prova scientifica (di cui s’é discusso nel Capitolo I): «non pare, insomma, convincente quella tendenza – che talvolta é dato cogliere nell’azione di pubblici ministeri, ma più in generale di chi si occupa a vario titolo di investigazione – a delegare in via esclusiva la soluzione del caso all’accertamento scientifico delle emergenze, omettendo o diminuendo l’impegno per la più classica ricostruzione dei fatti attraverso indagini tradizionali».
A parziale attenuazione delle osservazioni condotte, la presenza del p.m. sulla scena del crimine resta comunque di spiccata utilità, sino a divenire quanto mai indispensabile nell’evenienza in cui siano stati consumati delitti di particolare gravità. L’organo dell’accusa, nell’immediatezza del reato, è in grado di coordinare al meglio le azioni da intraprendere e di specificare quelle da evitare, giovandosi di dettagliati protocolli operativi, preposti ad impedire i potenziali effetti inquinanti del locus commissi delicti, pregiudizievoli per il buon esito della seguente istruttoria dibattimentale.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Rilievi critici della prova scientifica nel processo penale
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Informazioni tesi
Autore: | Gabriele Pellicioli |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Bergamo |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Laurea magistrale a ciclo unico |
Relatore: | Filippo Raffaele Dinacci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 206 |
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