(...E fu) La buona novella - Genesi e tratti distintivi del ''Vangelo'' di Fabrizio De André
L’ideologia, la poetica, la storia
«Da un punto di vista ideologico, se posso permettermi il lusso del termine, sono sicuramente anarchico. Uno che pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio e attribuisce agli altri, con fiducia, le sue stesse capacità. Credo che l’esperienza libertaria possa diventare concreta in piccole isole felici. Ma è molto difficile perché la specializzazione maledetta porta gli uomini a considerare se stessi delle macchine con una determinata e specificata funzione.» (Fabrizio De André, «Tv Sorrisi e Canzoni», 17 gennaio 1999)
La scelta di Faber di prendere spunto dai Vangeli Apocrifi, oltre ad avere una motivazione di tipo estetico, risponde ad un’esigenza poetica e ideologica ben precisa che ha la sua origine nell’animo anarchico dello stesso autore: “I Vangeli apocrifi sono una lettura bellissima […]. Ci sono molti punti di contatto con l’ideologia anarchica”. Il tema religioso offre a De André la possibilità di trattare molti altri argomenti in linea con il suo spirito libertario e conferisce all’album un significato polisemico.
Per capire le scelte che stanno alla base della concezione de La buona novella è necessario ripercorrere le tappe più importanti che hanno contribuito alla crescita culturale e ideologica di De André. L’anarchismo del cantautore genovese ha origini pressoché ataviche, è lui stesso a rivelarlo:
«Come mai si diventa libertari? O hai frequentato un ambiente libertario, cosa che ho fatto fin dai diciotto anni, o altrimenti perché hai un impulso a pensare che il mondo debba essere giusto, che tutti debbano avere come minimo le stesse condizioni di opportunità per potersi esprimere ed evolvere. Mi ricordo del mio atteggiamento nei confronti della microsocietà in cui vivevo in campagna, quando avevo quattro anni. Ero sempre dai contadini, assimilavo molto più da loro che dai miei genitori, ero in mezzo alle bestie, volevo bene sia ai contadini sia alle bestie, ci stavo bene, li sentivo parte di me, più veri. Il discorso poi si è evoluto quando ho cominciato a chiacchierare con persone che erano dichiaratamente di fede anarchica.» (Fabrizio De André in un’intervista a Luciano Lanza, 1993, Gli anarchici, i poeti & gli altri)
La coscienza politica di Fabrizio si consolidò nel 1954, quando ricevette in regalo dal padre due 78 giri di Georges Brassens. L’incontro con le canzoni del maitre à penser transalpino fu decisivo non soltanto, come è più facile pensare, dal punto di vista artistico ma anche dal punto di vista ideologico.
Riguardo a questa folgorante scoperta De André dichiara:
«[...]Brassens era anche lui un libertario, le sue canzoni scavavano nel sociale.
Brassens non è stato solo un maestro dal punto di vista didattico, per quello che può essere la tecnica per fare una canzone, è stato anche un maestro di pensiero e di vita. Mi ha insegnato per esempio a lasciare correre i ladri di mele, come diceva lui. Mi ha insegnato che in fin dei conti la ragionevolezza e la convivenza sociale autentica si trovano di più in quella parte umiliata ed emarginata della nostra società che non tra i potenti.»
È attraverso le canzoni di Brassens che il giovane De André cominciò ad avere una coscienza civile e politica grazie alla quale scelse di avvicinarsi ai derelitti umani che popolavano i bassifondi di Genova. Decise così di allontanarsi dalle sue origini borghesi (la sua famiglia era una delle più agiate di Genova) e di inoltrarsi “lungo le calate dei vecchi moli”, dove avrebbe imparato il penetrante senso di solidarietà che animava quei vicoli. Il volersi staccare dai valori piccolo-borghesi per condividere la vita con chi era spesso vittima di quegli stessi valori ha molto a che fare con la poetica di Brassens. Asserisce De André:
«Egli [Brassens] rappresentava il superamento di valori piccolo-borghesi e insegnò anche ai borghesi certe forme di rispetto ai quali non erano abituati. I suoi testi si possono leggere anche senza la musica. Per me è come leggere Socrate: ti insegna come comportarsi o al minimo, come non comportarsi.»
L’influenza di Georges Brassens spinse Fabrizio ad approfondire la ricerca politica. Questa sete di conoscenza lo portò ben presto a preferire ai testi scolastici i libri di autori anarchici come Michail Bakunin, Errico Malatesta e Max Stirner. Nel 1957 Faber, appena diciassettenne, si iscrisse alla Federazione anarchica di Carrara. Come afferma Enrico Deregibus, ormai è chiaro che la scelta anarchica “lo accompagnerà fedele per tutta la vita, perfettamente coerente alla sua vena libertaria e alla sua predilezione per quello che il marxismo chiama sottoproletariato.” Nel 1959 si diplomò al liceo classico Colombo di Genova e nello stesso anno lesse L’unico e la sua proprietà di Max Stirner, pubblicato per la prima volta nel 1845. Questa lettura contribuì alla formazione politica e culturale di Fabrizio che qui ebbe a leggere:
«“La libertà esiste solo nel regno dei sogni!” invece l’originalità, vale a dire l’essenza e la sostanza di me stesso, costituisce l’individualità unica. Sono libero da ciò di cui mi sono liberato, padrone di ciò che ho in mio “potere” e di ciò che “posso”. “Mio” lo sono sempre in qualunque momento e circostanza, se so mantenere il possesso di me stesso e non rinunciarvi in favore di altri. Essere libero è una cosa che non posso veramente “volere”, perché la libertà non posso farla, non posso crearla; posso solo desiderarla, aspirare ad essa che rimane un ideale un fantasma. A ogni momento la realtà scava solchi profondi nella mia carne. Ma “mio” rimango.»
Le parole qui sopra citate avranno un eco nel pensiero di Fabrizio che a proposito dell’anarco-individualismo afferma:
«Il più possibile si vive da soli, meglio si vive: prima di tutto non si fa del male a nessuno; in secondo luogo difficilmente te ne fanno. Quello che veramente mi fa paura, sono le aggregazioni, le associazioni: è al loro interno che nascono i germi della violenza, perché le aggregazioni si danno delle regole, per rispettare le quali creano le polizie [...] A partire dalla bocciofila, tanto per dire, per passare al Lions Club e arrivare fino allo stato. Questo ho sempre pensato.»
Questo brano è tratto dalla tesi:
(...E fu) La buona novella - Genesi e tratti distintivi del ''Vangelo'' di Fabrizio De André
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Informazioni tesi
Autore: | David Paganessi |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Siena |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze dei beni storico-artistici,musicali,cinematografici e teatrali |
Relatore: | Talia Pecker Berio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 112 |
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