The Permanent Campaign: un'analisi comparativa italiana-americana

Come già anticipato in precedenza, il termine "campagna elettorale permanente" definisce e teorizza un cambiamento che affonda le sue radici in una mutazione nella gestione delle campagne da parte dei partiti. Fu durante il periodo a cavallo tra gli anni 70 e 80 che maturò il concetto di campagna elettorale permanente, esplicitato da Patrick Caddell, consulente e sondaggista del presidente Jimmy Carter, nel suo memo intitolato "Initial Working Paper On Political Strategy".

Secondo Caddell "nel pianificare una strategia per l’amministrazione è importante riconoscere che non si può separare politica e governo [..] essenzialmente [..] governare con il consenso pubblico richiede una campagna elettorale continua".

Pochi anni dopo Blumenthal asseriva che "Nella campagna permanente il governare si trasforma in una campagna elettorale perpetua che converte il governo in uno strumento di sostegno della popolarità degli eletti" (1982: 23).

In sostanza, la campagna elettorale si dilatava per tutta la durata del mandato implicando "l’utilizzo in fase di governo (quindi anche per il perseguimento di specifici obiettivi legislativi) di strumenti e relazioni con il pubblico tipici delle campagne elettorali" (ivi).

Questa modalità non solo permise al governo in carica di governare con più facilità ma, consentì naturalmente di accreditarsi con maggiore sicurezza anche l'elezione successiva, attraverso un mantenimento del consenso.

Nel nuovo modello qualsiasi giorno venne ritenuto cruciale come il giorno delle elezioni (Heclo 2000: 17). Questo fatto determinò che già nei 100 giorni successivi alle elezioni, periodo chiamato luna di miele, venisse mantenuto un alto livello di guardia per conservare, e possibilmente ampliare, il consenso, ma anche per sfruttare quest'ultimo come scudo per le proprie scelte di fronte alla classe politica, una pratica tutt'ora in uso.