Reati contro la persona e fattispecie preterintenzionali
L’evoluzione dottrinale sulla natura soggettiva della responsabilità preterintenzionale
Da quanto sin qui esposto emerge come uno degli aspetti più controversi nell’interpretazione dello schema normativo del delitto preterintenzionale concerne la sua natura soggettiva: l’imputazione dell’esito ulteriore costituisce da sempre il nodo problematico di un importante processo evolutivo, di cui la dottrina ha percorso le tappe più significative.
La storia legislativa e l’elaborazione dogmatica dell’omicidio preterintenzionale vanno di pari passo con quella concernente la natura giuridica della preterintenzione, né potrebbe essere diversamente, dal momento che l’art 584 c.p. rappresenta la sola previsione esplicita nel codice Rocco di illecito oltre l’intenzione ex art. 43 c.p.
In passato, il titolo d’imputazione dell’illecito preterintenzionale è stato oggetto di elaborazioni dogmatiche che tendevano a ricostruire il profilo soggettivo della responsabilità preterintenzionale in termini unitari. Muovendo dalla condivisibile premessa secondo cui la preterintenzione non potesse essere elevata ad una forma autonoma di colpevolezza, diversa ed intermedia rispetto al dolo e alla colpa, in quanto tra il volere e il non volere tertium non datur, queste concezioni, finivano per ricondurre il profilo soggettivo della preterintenzione ora nell’ambito del dolo, ora in quello della colpa, a seconda dei casi in cui si privilegiasse la porzione di illecito sorretta dalla volontà, piuttosto che quella involontaria.
Più in specifico, una parte della dottrina tradizionale ritenne il reato oltre l’intenzione un vero e proprio delitto doloso, sulla semplice constatazione che l’illecito preterintenzionale trova la sua genesi in un fatto volontario del reo. Secondo tale orientamento inoltre, l’evento ulteriore ancorché non voluto non è neppure “disivoluto” dall’agente, in quanto, secondo la comune esperienza, oggetto di previsione costante da parte di colui che si trovi nella situazione contemplata dalla norma incriminatrice.
Sulla base di tali premesse, si giunse così ad identificare la preterintenzione a seconda dei casi, nel dolo diretto, o indiretto, fino addirittura a coniare in proposito l’idea della cosiddetta volontà lambente.
É ovvio che, allo stato attuale della nostra legislazione, queste concezioni dottrinali appaiono ormai retaggi del passato, visto tra l’altro il loro palese contrasto con la definizione legale di preterintenzione di cui all’art. 43 c.p., dove è inequivocabilmente escluso che l’evento ulteriore possa in qualche modo ricadere nel raggio della volontà colpevole del reo, essendo altrimenti configurabile una diversa imputazione per delitto doloso di cui al comma 1, primo alinea, del medesimo articolo. E comunque, non si può ricondurre un fatto non integralmente voluto nello schema tipico del dolo, ovvero nell’ambiguo e inafferrabile concetto della volontà lambente.
Non è un caso quindi, che queste soluzioni di tipo unitario siano state definitivamente abbandonate, facendo spazio invece a nuove correnti dottrinali che giungono a riconoscere nella preterintenzione, una fattispecie a struttura soggettiva complessa, caratterizzata dalla combinazione di diversi titoli di imputazione. Il comune dato di partenza degli attuali indirizzi dottrinali è la necessaria presenza dell’animus necandi che identifica la volontà dell’evento minore. Ma, se è pacifico il riconoscimento del dolo di lesioni o percosse, i contrasti riemergono in relazione al suo possibile atteggiarsi nella forma del dolo eventuale, anche perché la definizione legale del delitto preterintenzionale non fornisce alcuna indicazione specifica circa la forma del dolo del delitto di base.
Mentre secondo la dottrina tradizionale, l’oggetto della volizione possiede una connotazione finalistica ben precisa, tale da richiedere una configurazione del dolo di base, per lo meno nella forma diretta, la dottrina più recente sostiene invece, che l’elemento soggettivo del delitto di base possa configurarsi anche subspecie di dolo eventuale. Alla base di tale spaccatura sta una diversa considerazione del requisito della direzionalità degli atti verso la commissione dei delitti di lesioni e percosse: per gli uni, espressione necessaria di un orientamento univoco della volontà criminosa del soggetto, per gli altri, una semplice caratteristica della condotta, tale da non implicare alcun riflesso automatico sul contenuto della volontà dell’agente.
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Reati contro la persona e fattispecie preterintenzionali
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Informazioni tesi
Autore: | Laura Mistichelli |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Brescia |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Gaetano Insolera |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 168 |
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