''in sul mio primo giovenile errore'' Riscritture del primo sonetto del Canzoniere di Petrarca, da Garcilaso a Lope de Vega
L’evoluzione barocca della poesia spagnola con Lope de Vega
La poesia rinascimentale, con la sua metrica e i temi distintivi, come ho analizzato nei capitoli precedenti, fece il suo ingresso in Spagna dopo vari tentativi di adattamento. Questo avvenne grazie agli sforzi di Boscán e al talento poetico di Garcilaso de la Vega, che dimostrarono come la lingua spagnola potesse accogliere la rinnovata poesia e, una volta assimilata, generare opere di indiscutibile perfezione.
Tanti poeti seguirono la scuola poetica italiana fino a giungere a Fernando de Herrera, culmine di questa evoluzione spagnola della poesia rinascimentale italiana, specialmente petrarchesca, non riuscendo però a liberarsi completamente delle catene d’oro dei pregiudizi letterari che lo relegarono, impedendogli di emergere come un creatore poetico e originale45. Herrera rappresenta la sintesi, la perfezione e il dominio delle nuove influenze; un’importantissima linea di passaggio costruita con schemi italiani per introdurre la poesia rinascimentale nella tradizione nazionale senza però sottomettervisi completamente: il sivigliano rimase sempre troppo legato al classicismo rinascimentale per andare oltre a questo già enorme traguardo. A ragion di ciò concordo con l’analisi di Joaquín de Entrambasaguas secondo cui tra gli autori del Siglo de Oro, sia maggiori che minori, fosse giunto il momento di considerare necessario accogliere un concetto che, sebbene si stesse formando con cautela e senza una chiara concretezza, possedeva già una forza di evidenza impossibile da evitare: il barocco spagnolo era ormai diventato la rappresentazione dell’assimilazione nazionale de Rinascimento. In altri termini, il barocco in Spagna è sinonimo di nazionale, e in poesia questi due concetti non possono essere scissi senza arrecarne un grave pregiudizio alla chiarezza critica. È per questa ragione che Lope de Vega, Góngora, e Quevedo, pur prendendo strade differenti, son considerati i principali autori spagnoli ad aver attuato una nazionalizzazione della poesia di ispirazione italiana, attraverso la sua trasformazione barocca, dotandola di caratteristiche essenzialmente peculiari della letteratura spagnola46.
Nato il 15 novembre 1562 a Madrid, Lope Félix de Vega Carpio, noto come “el Fénix de los Ingenios” e scomparso il 27 agosto 1635, si rivelò fin da subito il “predestinato a realizzare la nazionalizzazione letteraria della Spagna”47. Sia la sua sfera privata che quella letteraria lo collocano tra le figure più eminenti del Seicento, non solo spagnolo, ma mondiale. Il periodo in cui questa figura emerge è quello in cui la letteratura necessitava di una personalità simile: la realtà ispanica stava attraversando una trasformazione profonda. La Spagna, ottenuta una quasi totale supremazia politico-militare, è alla ricerca di un’identità culturale che fino ad allora era stata quasi soffocata dal clamore della gloria che la circondava.
Miguel de Cervantes definì Lope un “mostro di natura” per la sua straordinaria maestria poetica e la singolare capacità di sperimentare vari generi letterari. La sua produzione letteraria, infatti, comprende circa duemila opere teatrali, principalmente commedie, ma anche drammi storici e favole pastorali. Lope de Vega stesso affermò di ideare talvolta fino a cento testi in sole ventiquattr’ore, con il fine di consegnarli tempestivamente ai direttori teatrali che, quasi ogni giorno, lo incoraggiavano a produrre sempre di più.
Il poeta madrileno è unanimemente riconosciuto come il padre del teatro nazionale spagnolo e il più grande drammaturgo che la penisola iberica abbia mai conosciuto superando addirittura una figura immensa come quella di Miguel de Cervantes, il quale dichiarò di non poter competere o tentar di emulare un “mostro” come Lope. Nessuno ha sperimentato più di lui e non esiste nessun genere poetico o narrativo con cui Lope non si sia cimentato nel corso della sua vita.
In merito alle vicende biografiche di questo straordinario individuo, si potrebbe raccontare molto; Lope de Vega ha vissuto una vita avventurosa, intrisa di eventi e viaggi, caratterizzata da numerosi amori passionali e da ansie religiose incessanti. Sorge spontaneo riflettere su come, nel bel mezzo di queste tumultuose esperienze contrastanti, sia riuscito a produrre l’ingente quantità di opere letterarie che ha affascinato e sorpreso non solo i suoi contemporanei, ma anche le generazioni successive, fino ad oggi.
Già a nove anni dimostrava una perfetta padronanza del latino, tanto che tradusse in spagnolo il De Raptu Proserpinae di Claudiano; a dodici anni, dopo esser fuggito di casa, intraprese un pellegrinaggio attraverso tutta la Castiglia, fino a quando, una volta riconosciuto, non venne riportato nella sua casa d’origine. A quindici anni, frequentò l’Università di Alcalá de Henares, dove, oltre a mostrare il suo ingegno sopra la media, ebbe i suoi primi amori frenetici ed appassionati (non trascurando relazioni con donne sposate), che avrebbero segnato l’intero corso della sua vita. Ciò che sto delineando di Lope de Vega serve a mettere in evidenza la natura dell’artista, che si rivelò essere quella di un individuo appassionato e profondamente devoto alla Spagna, sia nell’ambito sentimentale che in quello letterario, patriottico e religioso.
Tanto Lope, quanto Góngora o Quevedo, come ho asserito precedentemente seguendo l’analisi di Joaquín de Entrambasaguas, hanno contribuito in questo processo di nazionalizzazione della poesia italianizzante, tramite la sua trasformazione barocca, dotandola di caratteristiche essenzialmente tipiche della letteratura spagnola. Tutti e tre affrontano la stessa sfida estetica, risolvendola ognuno con approcci e risultati distinti. Concentrandoci soprattutto su Lope de Vega, il poeta madrileno si dedicò principalmente a infondere nei suoi versi lo spirito vitale ed esuberante spagnolo. Arricchì la struttura ordinata e classica dei modelli italiani con l’incomparabile ricchezza della conoscenza popolare della sua patria; integrò leggende, santi, tradizioni idee e vocabolario, vestendoli con lo stesso abbigliamento e gli strumenti familiari e colorati del popolare e del contemporaneo48.
La vita stessa di Lope è il riflesso della torrenziale produzione letteraria. Il poeta documentava nelle sue poesie tutta la sua vita sentimentale, in modo tale che la sua opera poetica apparisse come una via parallela alle sue stesse vicende biografiche. Seguendo il pensiero di Alonso Amado, probabilmente non è mai esistito un artista nell’intera letteratura universale la cui vita e poesia si mostrassero tanto amalgamate49.
45 Joaquín de Entrambasaguas, Estudios sobre Lope de Vega, Tomo Primero, Segunda Edición corregida y aumentada, Consejo superior de Investigaciones Científicas, Madrid, 1967, p.14.
46 Joaquín de Entrambasaguas, Estudios sobre Lope de Vega, Tomo Primero, Segunda Edición corregida y aumentada, Consejo superior de Investigaciones Científicas, Madrid, 1967, pp. 15-17.
47 Ivi, p. 3.
48 Joaquín de Entrambasaguas, Estudios sobre Lope de Vega, pp. 15-16.
49 A. Alonso, “Vida y creación en la lírica de Lope” in Materia y forma en poesía, Gredos, Madrid, 1955.
Questo brano è tratto dalla tesi:
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Informazioni tesi
Autore: | Luca Iannello |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2022-23 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e letterature straniere |
Relatore: | Daria Castaldo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 54 |
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