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I nodi della Maternità Surrogata in una prospettiva sociologica

L’esperienza concreta della surrogazione

Esistono solo un numero molto limitato di studi ufficiali sulla surrogazione di maternità in Europa, come appunto quello condotto dalla Direzione Generale per le Politiche Interne o quello dello Iona Institute, che tuttavia sembra orientato principalmente al divieto della pratica. Si tratta di ricerche riguardanti l’esperienza della surrogazione che mostrano come questa sia condizionata da fattori come la prossimità geografica sia della madre surrogata che dei genitori intenzionali e la complessità dei contratti e dei legami giuridici che vi si instaurano. Non per niente i tre paesi in cui vi sono prove evidenti sono gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’India, seppur con differenze evidenti. Le surrogate non formano infatti una categoria uniforme. Coloro che provengono da paesi sviluppati risultano ben informate, professionali, parti del network e spesso perfettamente capaci di negoziare i termini di contratto. Al contrario, le loro controparti nei paesi in via di sviluppo sono più soggette a sfruttamento, poiché molto povere e prive di un background culturale e d’istruzione.
L’impatto psicologico che la separazione del bambino comporta alla madre surrogata è stato oggetto di ricerche empiriche. Ciò che tali studi mostrano è come le surrogate affrontano la fase in cui si reinventano per cooperare con i genitori acquirenti. È stato ipotizzato che le surrogate sperimentino una strategia di riduzione della dissonanza cognitiva al fine di mitigare gli effetti della separazione. Uno degli studi più significativi ha identificato che la surrogata tende spesso a non percepire come suo il bambino nel momento in cui deve separarsene. Altri studi invece hanno dimostrato come questa non sia invece vissuta come una fase felice ma che una buona relazione con i genitori potenziali alleviasse tale sentimento e solo in alcuni casi tale impatto avesse condotto la donna a sperimentare la depressione post partum e sentimenti di colpevolezza. La maggior parte degli studi si è però concentrata in contesti europei o americani, con l’eccezione di un recente studio condotto in Israele, paese in cui la surrogazione è severamente controllata dallo stato e riservata a cittadini ebrei. In questo contesto le surrogate utilizzano metafore legate all’amore per parlare della loro relazione con i genitori seppur riconoscono l’importanza del pagamento.
Lo studio rivela anche, attraverso interviste semi strutturate, che la surrogazione sia stata un’esperienza positiva contraddicendo l’impatto negativo sulle surrogate. Le conseguenze psicologiche non sono risultate significative seppur alcune surrogate hanno riscontrato alcuni problemi subito dopo la separazione. Le surrogate genetiche non hanno manifestato legami particolari nei confronti del bambino. La maggior parte delle madri non ha avuto problemi nemmeno con i genitori e la qualità delle relazioni non era di tipo dipendente. Tuttavia, la possibilità di bias cognitivi da risposte sociali desiderabili o non rappresentative ha rappresentato un limite allo studio.
Al contrario, in paesi come l’India in cui non vi è l’intervento dello Stato per la regolamentazione della pratica e vi è un supporto al contrario da parte del governo favorevole al turismo procreativo, la surrogazione è di tipo commerciale, formalmente legalizzata nel 2002 ma priva di regolamentazioni o restrizioni. Studi etnografici risultano importanti poiché espongono le condizioni estreme di alcune cliniche in cui si effettua tale pratica: “tutte le surrogate vivono insieme in una stanza arredata solo di brande di ferro. I mariti e i parenti della surrogata possono far visita ma non rimanere la notte. Le donne non possono fare altro che passeggiare attorno alla clinica e condividere tra loro le loro preoccupazioni, le loro esperienze mentre aspettano l’iniezione successiva”.
Al contrario della sua controparte americana o europea, la surrogazione indiana rivendica la parentela con il bambino mentre riconosce il diritto del padre biologico sul figlio. Vi è ancora l’utilizzo della metafora del dono ma questa volta dagli esperti della clinica che indottrinano le surrogate nel leggere il loro status come un dono di Dio che permette loro di guadagnare per la loro famiglia senza diventare troppo avide. La percezione delle surrogate dimostra la loro natura altruistica nei confronti dei loro stessi figli piuttosto che per i bambini dei clienti. Sembrano anche resistere alla natura commerciale della surrogazione stabilendo delle relazioni con le madri committenti che percepiscono come una speranza per un futuro migliore privo di povertà. La narrativa scelta dalle madri intenzionali è legata dalla retorica della “missione”; mentre accettano di scegliere l’India come destinazione poiché vi sono leggi più flessibili e più controllo delle madri surrogato, viene enfatizzato il loro desiderio di aiutare una famiglia ad uscire dalla povertà come principale motivazione. Entrambe le interpretazioni dimostrano un potere sbilanciato sia per quanto riguarda le dinamiche che gli status. Ciò che è ovvio è che le parti cercano di ridefinire le relazioni su un terreno non commerciale attribuendo carattere sempre più nobile ad una relazione che comincia e spesso finisce come una transazione finanziaria.
Un altro tema interessante emerge dai racconti di tutte le surrogate. L’importanza del supporto dei loro mariti o compagni risulta essenziale per una vita famigliare divisa tra culture e legami. Le surrogate americane sembrano essere forti e determinate, ma soprattutto ben informate, indipendenti e indifferenti agli atteggiamenti o alle opinioni degli altri, mentre la controparte indiana vede gli accordi di surrogazione come qualcosa che le separa e le aliena dalla famiglia e dagli amici.
Spesso devono scontrarsi con le ostilità a causa dello stigma sociale legato alla pratica soprattutto in aree dell’India rurali, mentre le cliniche non si assumono alcuna responsabilità sul loro benessere e la loro reintegrazione nella comunità.
Inoltre, il punto di vista dei bambini rimane un’area inesplorata. Ricerche dal Regno Unito che coinvolgono i genitori intenzionali che hanno rivelato ai loro bambini di età 7-10 anni sulla natura della loro nascita e sulla madre surrogata che già conoscevano, mostrano che la maggior parte di loro fosse indifferente o positivo alla surrogazione148. Vedono la surrogata come una donna che ha aiutato le loro madri ad averli e ringraziano il loro altruismo. Questo atteggiamento può cambiare quando questi sono adolescenti e totalmente in grado di comprendere il significato di surrogazione. Lo stesso studio rivela che i genitori non mostrano riluttanze a svelare la connessione con la madre surrogata in caso di surrogazione gestazionale. Non è lo stesso quando si parla di surrogazione tradizionale. Quasi la metà dei genitori non rivela l’informazione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

I nodi della Maternità Surrogata in una prospettiva sociologica

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Campochiaro
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Criminologiche
  Corso: Scienze della politica
  Relatore: Paulus Albertus Blokker
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 136

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