Il nucleare iraniano: minaccia reale o strategia della deterrenza?
L’efficacia delle sanzioni
La via di mezzo tra una guerra costosa da un lato e un regime di fragile deterrenza dall’altro, è l’aumento significativo e rapido delle pressioni su Teheran, mirato a colpire quei settori dell’economica dotati di una particolare valenza strategia per il regime.
I precedenti storici dei regimi di sanzioni non risultano, tuttavia, essere particolarmente promettenti: basti pensare al caso dell’Iraq, dove le sanzioni non ottennero significativi risultati politici, ma contribuirono al disastroso deterioramento della società e causarono un peggioramento delle condizioni di vita delle popolazione. Per questa ragione si è indotti a pensare che il successo e l’efficacia delle sanzioni sia un’eccezione piuttosto che la regola, anche se vi sono stati comunque diversi casi di successo.
Infatti, nel caso delle sanzioni contro l’ex Jugoslavia negli anni 1992-1995, nonché nel periodo 1998-2000, le misure adottate contro Belgrado ottennero importanti risultati politici senza per questo disintegrare la società serba.
Nel caso della Libia, le sanzioni portarono alla consegna, da parte del regime di Tripoli, dei responsabili della strage di Lockerbie. Nel caso di Cambogia e Angola, ci furono risultati importanti. In merito all’efficacia delle sanzioni contro l’Iran vi sono numerose opinioni contrapposte. Secondo alcuni studiosi, in una congiuntura economica come quella attuale, una serie di misure sanzionatorie, volte a colpire il settore energetico, avrebbe ripercussioni drammatiche sul prezzo del greggio e quindi, conseguentemente, sull’economia globale. A questo proposito, però, occorre dire che anche le alternative a un regime di sanzioni potrebbero causare un considerevole aumento del prezzo del greggio.
Ad esempio un attacco militare preventivo avrebbe certamente un effetto simile. Si potrebbe obiettare che le sanzioni contro il settore energetico potrebbero indurre il governo iraniano a interrompere le sue forniture di petrolio ai paesi occidentali, ma va anche sottolineato che l’economia iraniana, nonostante l’aumento vertiginoso del prezzo del greggio degli ultimi anni, è in grave crisi.
Per questo motivo l’Iran ha disperatamente bisogno degli introiti provenienti dalla vendita del greggio agli occidentali, e di conseguenza sospendere le forniture come mezzo di ritorsione finirebbe per causare danni considerevoli al regime. Vi sono poi tutti coloro che sono convinti del fatto che le sanzioni non porteranno mai al risultato sperato in quanto Teheran non potrà mai essere dissuaso in alcun modo dal cambiar corso sul nucleare.
Sostanzialmente l’Iran aspirerebbe al nucleare anche sotto un altro regime e sarebbe quindi più conveniente per gli occidentali essere accomodanti piuttosto che rischiare futili, ed economicamente costose, tensioni con Teheran. Rimane il fatto che un arsenale nucleare nelle mani della Rivoluzione Islamica continua a destare molta preoccupazione, probabilmente anche a causa della natura del regime e degli obiettivi che esso si prefigge di raggiungere.
Probabilmente, se l’Iran fosse una democrazia funzionante, responsabile e trasparente, se trattasse i suoi cittadini e i suoi vicini in maniera rispettosa, le sue ambizioni egemoniche resterebbero ugualmente una realtà molto scomoda agli occhi degli occidentali, ma non così inquietante come ora. Se l’Iran fosse una democrazia autentica, le sue ambizioni nucleari desterebbero meno ansietà. Come detto in precedenza, non sempre le sanzioni hanno prodotto gli effetti sperati, ma hanno insegnato sicuramente che per essere efficaci, cioè per indurre un cambiamento di politica da parte del regime fatto oggetto di sanzioni, devono ridurre il più possibile l’impatto umanitario, devono essere accompagnate da incentivi sufficientemente allettanti in modo da indurre il Governo fatto oggetto di misure restrittive a cambiare corso, e devono essere accompagnate da effettivi meccanismi di attuazione delle norme restrittive. Occorre assicurarsi dell’esistenza di un apparato burocratico, politico e legislativo in grado di permettere un’applicazione adeguata delle norme in questione. Non è sufficiente, quindi, adottare norme restrittive sul commercio e sulle operazioni finanziarie, ma occorre assicurarsi che i paesi interessati siano in grado di applicare tali norme.
Con riferimento alla sanzioni imposte dall’Unione Europea, uno dei maggiori problemi in sede di efficacia delle sanzioni stesse, consiste proprio nel fatto che il controllo delle esportazioni, e quindi l’attuazione del regime sanzionatorio, passa attraverso ventisette agenzie nazionali con caratteristiche molto diverse le une dalle altre. L’Europa dovrebbe, dunque, prendere dei provvedimenti che non hanno nulla a che fare con l’inasprimento delle sanzioni, ma che metterebbero gli Stati membri in condizione di attuare in modo più diligente e incisivo le misure esistenti:
* unificare i processi di controllo tra Stati membri;
* armonizzare le “liste nere” di prodotti e tecnologia la cui esportazione è vietata;
* armonizzare e condividere a livello europeo le liste di entità sospette in paesi terzi.
Un rafforzamento dei meccanismi di attuazione non può che giovare all’Europa e alla sua capacità di implementare le esistenti risoluzioni ONU e le ulteriori normative europee volte ad espandere le sanzioni. Inoltre, metterebbe maggiormente in difficoltà gli agenti iraniani che cercano di ingegnarsi per aggirare gli ostacoli e procurare alla Repubblica islamica quella tecnologia così vitale allo sviluppo dei suoi programmi nucleari e missilistici, tecnologia abbondantemente in offerta solo sui mercati europei.
In conclusione, la strada delle sanzioni non è certamente popolare, si scontra regolarmente con gli interessi corporativi, con i gruppi di pressione e con dei genuini interessi economici che frenano le iniziative politiche e ne riducono lo spazio di manovra. Tuttavia, la grande dipendenza economica e tecnologica dell’Iran dall’Europa, offre a quest’ultima una robusta leva di pressione con cui ottenere dei risultati politici importantissimi senza colpo ferire. Si tratta di una scelta difficile, ma comunque preferibile alle alternative delle quali abbiamo parlato.
Il regime delle sanzioni appare, quindi, il male minore tra le alternative di una guerra preventiva ora o il rischio di una guerra contro la Repubblica islamica rivoluzionaria, e armata di un arsenale nucleare in un futuro non troppo distante. Nonostante ciò, a causa delle varie lacune e problematiche viste, per il momento il regime sanzionatorio non ha raggiunto l’obiettivo prefissato, ossia quello di arrestare lo sviluppo del programma nucleare.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il nucleare iraniano: minaccia reale o strategia della deterrenza?
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Informazioni tesi
Autore: | Emanuela Sanna |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Politica Internazionale e Diplomazia |
Relatore: | Giorgio Carnevali |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 124 |
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