L'Amministrazione Clinton e il terrorismo di matrice islamica
L’atteggiamento e l’azione dell’amministrazione dinanzi alle sfide della politica estera
I principi dell’azione
Diversamente dai suoi due predecessori, Bill Clinton venne eletto senza una forte visione ideologica sugli affari esteri e senza una esperienza diretta in ambito internazionale ma, nonostante queste difficoltà, il neo presidente trovò una decisiva posizione di vantaggio: a guerra fredda ormai finita, gli Stati Uniti erano rimasti l’unica superpotenza e quindi si potevano sfruttare gli ampi margini di errore concessi dalla posizione di supremazia per plasmare una nuova politica estera americana.
L’amministrazione Clinton intense ridefinire il concetto stesso di leadership americana, nella convinzione che quella esercitata da Bush si fosse sostanzialmente adeguata agli eventi; anche se i mezzi per ottenere tale scopo non erano stati sviluppati, con il tempo Clinton attribuì agli Stati Uniti soprattutto il ruolo di potenza leader nel processo di globalizzazione economica; si trattava di un compito importante e terribilmente pervasivo, in grado di erodere perfino il principio della sovranità nazionale, contribuendo così a rideterminare le relazioni fra gli stati.
Nonostante il cambiamento delle priorità durante il mandato Clinton, l’amministrazione mantenne un filo comune nella gestione della politica estera: una costante ricerca del collegamento tra la politica nazionale e la politica estera americana.
Al suo esordio, l’amministrazione Clinton diede l’impressione di voler riprendere il percorso interrotto con l’ultima amministrazione democratica in carica, quella di Jimmy Carter, e in effetti ne ripescò buona parte dei vertici del Dipartimento di Stato e del team di politica estera.
Una volta entrata in carica, l’amministrazione pose l'enfasi sulla crescita delle cosiddette “democrazie di mercato”, e fu guidata dall'impegno di Clinton a seguire una politica estera basata sui valori democratici americani e sul desiderio di assistere e condurre la crescita dell'economia americana.
Le sfide ereditate dall’amministrazione Bush focalizzarono subito l’attenzione presidenziale, coinvolgendo Clinton direttamente in politica estera; a questo riguardo il presidente si trovò costretto ad spendere oltre un quarto del proprio tempo nella affari internazionali.
Con il passare del tempo queste sfide alterarono l'idealismo dell’amministrazione Clinton, conducendola progressivamente verso quel senso di realismo politico tipico del suo secondo mandato; rimasero comunque determinanti le difficoltà interne dovute sia al Congresso e sia agli interessi dei gruppi organizzati, mentre l’opinione pubblica risultò spesso cruciale nelle risposte sui temi della politica estera.
Clinton annunciò di voler innovare la politica estera mediante un approccio diverso da Bush, che si era limitato a “reagire”, quindi auspicò una politica "strategica", "vigorosa", e “compatibile” con i valori americani; l’obiettivo venne perseguito mediante tre principi adatti a servire da guida alla sicurezza economica della politica estera degli Stati Uniti, mantenendo una difesa adatta per l'era del dopo guerra fredda e promuovendo nel contempo la democrazia.
Nell’applicazione di questi principi il presidente venne fortemente sostenuto dal segretario di Stato W. Christoper, il quale non mancò occasione per ribadire la necessità di definire una strategia per la leadership degli Stati Uniti nel post guerra fredda, nel tentativo di portare la transizione verso un sistema di relazioni internazionali più stabili.
Il primo di questi principi fu il più volte richiamato collegamento tra la politica nazionale e la politica estera, nel senso che gli Stati Uniti dovevano prendere decisioni nazionali per migliorare la competitività globale dell’America.
Il secondo principio era volto a mantenere una difesa efficace pur riducendo il personale, ristrutturando l’apparato militare americano e adattandolo alla nuova era, da intendersi come un esercito più piccolo e più mobile, destinato a nuove missioni.
Questo secondo principio portò nel 1997 alla Revisione del Piano di Difesa Quadriennale, volto a creare un più piccolo e più tecnologicamente sofisticato apparato militare, che prevedeva in grado di combattere in due conflitti simultaneamente (o quasi simultaneamente) ed intraprendere compiti nuovi, come il mantenimento della pace internazionale mediante operazioni di peace-keeping.
Il terzo principio era volto alla promozione della democrazia a livello mondiale: l’enfasi sulla democrazia presentava innegabili vantaggi: allo stesso momento sposava i valori americani e mirava a realizzare un mondo pacificato.
Nel settembre 1993 questi principi iniziali vennero espansi e incorporati in un’asserzione più larga, che venne etichettata come la “strategia d’ingrandimento”, volta a sostituire l’ormai obsoleta “strategia del contenimento”: l’ingrandimento venne inteso come allargamento delle comunità libere nel mondo, intese come “democrazie di mercato”.
La strategia d’ingrandimento incontrò numerosi detrattori, ma una volta delineata, il team della politica estera si dedicò con grande responsabilità nel perfezionarne i principi, impegnando gli Stati Uniti in un ruolo globale.
Sostanzialmente la strategia venne applicata ponendo l’accento su tre nuovi principi base della leadership americana: diritti umani, democrazia (prima di tutto nell’Europa centro-orientale) e cooperazione all’interno delle istituzioni internazionali, in specie all’ONU.
Questi obiettivi furono perseguiti attraverso due vie parallele e in un certo modo indipendenti fra loro: la prima divenne nota come “assertive multilateralism”, e venne proposta dall’ambasciatrice americana presso l’ONU Madeleine Albright, secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero agito in modo unilaterale o multilaterale a seconda delle circostanze.
La seconda fu la “diplomazia coercitiva”, un principio che coniugava la dimensione militare con la dimensione politica in un’azione sinergica, e venne proposta dal segretario di Stato Christopher; questo aspetto venne definito dal Dipartimento della Difesa come “programma di difesa preventiva”: si trattò di una iniziativa volta a superare l’ormai obsoleto concetto di deterrenza, proprio della guerra fredda, con la previsione di un potenziale uso integrato di tutti gli strumenti disponibili per la politica estera, compresi quelli militari: l’ambito privilegiato di questo nuovo approccio divenne quello dell’eredità dell’Unione Sovietica.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'Amministrazione Clinton e il terrorismo di matrice islamica
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Informazioni tesi
Autore: | Roberto Canton |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Urbino |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Maria Eleonora Guasconi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 158 |
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