Il rapporto medico-paziente: le situazioni critiche
L’assistenza al morente
Tutti sappiamo che la comunicazione sta alla base di qualunque tipo di relazione umana, per cui non si comprende perché su di essa non si debba fondare anche il rapporto tra il medico e il paziente. Infatti una delle cose più complesse per gli operatori sanitari è proprio quella di instaurare un dialogo, soprattutto sincero, con il malato; spesso, sia i medici che gli infermieri, si trovano nell’incapacità di saper dire al proprio paziente e ai suoi famigliari quali siano le reali condizioni di salute in cui versa il degente.
Per troppo tempo si è pensato che il malato terminale non fosse abbastanza forte per affrontare la realtà e quindi per diventare veramente cosciente dell’evolversi della sua patologia: la conseguenza di questo tipo di comportamento è stata la congiura del silenzio, ossia la protezione del malato dalla consapevolezza di dover morire attraverso un atteggiamento reticente non solo dei famigliari ma anche dei medici.
Con il passare degli anni l’atteggiamento degli operatori sanitari è andato modificandosi, non solo perché in assenza di una corretta informazione il paziente non può esprimersi al riguardo, ma anche perché lo stesso Codice di deontologia medico ha impartito indicazioni sulle modalità con cui si dovrebbe informare il paziente. L’art. 33 infatti disciplina l’ipotesi in cui le notizie siano particolarmente preoccupanti ed invita i medici ad utilizzare la terminologia più adatta al singolo caso concreto, ma non dispone mai di mantenere il silenzio.
Pronunciare la terribile frase “non c’è più niente da fare”, deve in realtà diventare l’occasione per il medico di approcciarsi al paziente, rendendosi partecipe dei suoi sentimenti e dei suoi desideri, ma deve anche costituire il momento per chiarire quali siano le sue intenzioni e per aiutarlo ad affrontare le provabili paure.
Normalmente uno dei timori più grandi dei malati terminali non è tanto la paura di morire, quanto il pensiero di soffrire e di dover sopportare dolori delle volte intollerabili. Si è giunti ormai in quella fase della malattia in cui le cure non hanno più effetto e l’unica cosa da fare è aspettare l’arrivo della morte, ma non abbandonando il paziente al suo triste destino, ma inserendolo in un programma di assistenza che permetta a lui e alla sua famiglia di affrontare meglio questo periodo così duro: un luogo sicuramente idoneo in cui il paziente può ricevere le cure terminali necessarie è l’hospice, una struttura di ricovero riservata ai malati terminali che necessitano di intervento palliativo
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il rapporto medico-paziente: le situazioni critiche
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Informazioni tesi
Autore: | Laura Ribbera |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Catania |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Salvatore Amato |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 82 |
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