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L’Architettura Funeraria Timuride tra Metafisica e Simbolismo

L’architettura religiosa nel periodo omayyade

I palazzi destinati ad ospitare i gangli del potere amministrativo e giudiziario vennero edificati, secondo lo schema urbano voluto dai sovrani della dinastia, in prossimità della qibla, la direzione fissa verso la Mecca, della Moschea cattedrale (o Moschea del Venerdì) della capitale, quella destinata a radunare idealmente l’intera comunità dei fedeli per la preghiera collettiva. Lo stesso venne deciso riguardo i palazzi dei governatori, al fine di aggregarli intorno al potere centrale, poiché in passato era emersa la tendenza ad arrogarsi una certa dose di autonomia decisionale, spesso difesa con la violenza, proprio in virtù della distanza geografica dalla corte e alle modalità organizzative non sempre trasparenti. In questo modo, i palazzi governativi come il Dār al-imāra, la sede emirale, e il Bayt al-māl, ovvero l’erario pubblico dell’ummah, vennero edificati secondo questa precisa disposizione assiale, stabilendo una relazione di continuità con le pregresse tradizioni orientali, che avevano lasciato traccia anche nell’area mediterranea. Grazie all’ingaggio di manodopera asiatica o proveniente dalla zona iraniana e della penisola arabica, che prestavano spesso il loro servizio tra l’area bizantina e quella siro-palestinese, entrambe zone dai tratti fortemente cristianizzati, i complessi architettonici ebbero dapprima il loro segno distintivo nelle cupole. Anche questo è un indizio del fatto che gli omayyadi furono singolarmente duttili e aperti nel recepire cerimoniali ed elementi ideologici dai potenti imperi del passato. In definitiva, quello che accomunava il grande passato al presente omayyade era proprio il tratto condiviso di un’impostazione politica che ricorreva alla fede come strumento di fusione e di concordia: fenomeno del resto già riscontrato nella vecchia struttura tribale che era evoluta fino a diventare di carattere nazionale. Al pari dell’autoproclamazione per investitura divina tipico delle grandi civiltà dei secoli precedenti, in nome della necessità di stabilire in terra un ordine superiore e necessario, il contenuto coranico si era prestato a fare da collante anche per la sua forza eversiva che aveva potuto sancire il totale depotenziamento dei legami di clan invalsi nella tradizione tribale116. Dal canto suo, il Califfo poteva vantare, come attributi trascendenti della propria personalità, un’aura mitizzante, conferitagli da un sapiente e complesso cerimoniale e da un’accorta propaganda, e la discendenza dal Profeta: le analogie con l’investitura di carattere divino peculiare della cultura iranica e romano-bizantina venivano così a fondersi in una maniera coerente, dotata di una continuità storica e concettuale. Fu questo il supporto ideologico, nel corso delle campagne di conquista, che veicolò l’imposizione della preminenza dei caratteri arabi e di una classe dirigente ben poco in contatto con la realtà sociale dei territori asserviti.

La moschea, come è del resto facile constatare per ogni precedente tipologia di edificio sacro, detenne la funzione di centro di aggregazione della comunità attorno al suo leader, poiché all’esterno del suo perimetro sorgeva non solo il palazzo reale ma anche la zona destinata al commercio ed allo stanziamento dei mercati di beni pregiati e di consumo. Il centro del potere poteva quindi avere il totale controllo e il colpo d’occhio onnicomprensivo di quanto avveniva nel corso della preghiera o all’interno del chiostro della moschea, oltre ad avere il polso della situazione rispetto alla situazione degli scambi commerciali ed alla possibilità dell’introduzione di nuovi dazi sui beni di scambio. Le prime, imponenti moschee cattedrali del periodo omayyade vennero realizzate in muratura o in pietra viva, anche utilizzando materiali di risulta provenienti da centri abitati assoggettati o da agglomerati urbani in abbandono o decadenza: questo vale in particolar modo per elementi come i capitelli e le colonne, di più facile trasporto e riutilizzo in contesti differenti. I muri esterni continuarono ad essere caratterizzati da speroni e torrioni di forma angolare, come nei palazzi reali mediorientali, mentre nei primi anni della dinastia non venne disdegnato l’uso di edifici basilicali di origine cristiana, inserendo l’elemento caratterizzante della variazione circa la direzione della preghiera; questo portò alla realizzazione di file di colonne parallele rispetto alla qibla117.




116 Cfr. A. DUCELLIER, F. MICHEAU, L'islam nel Medioevo, Bologna, Il Mulino, 2004, p. 176.
117 All'esterno della Grande Moschea degli Omayyadi a Damasco, nei pressi dell'ingresso a nord, si trova il Ḍarīḥ Ṣalāḥ al-Dīn Yūsuf al-Ayyūbī, noto anche come Mausoleo di Saladino, una costruzione in stile ayyubide. Al suo interno c’è il sepolcro con le spoglie del sultano che alla fine del sec. XII era stato il fondatore della dinastia degli Ayyubidi e che, dopo la sua morte, aveva trovato una sepoltura provvisoria presso la Cittadella di Damasco, in attesa che l’edificio venisse completato, nel 1196. La madrasa adiacente venne eretta per voler del figlio di Ṣalāḥ al-Dīn, al-ʿAzīz ʿUthmān, ma di essa non è rimasta traccia. Si tratta di un mausoleo di dimensioni ridotte e non particolarmente fastoso, costituito da una camera principale di forma quadrata, circondata da pareti decorati in stile ablaq ("pezzato"), una tecnica architettonica che utilizza l’alternanza di file di pietra chiara e scura, e circondata da quattro archi che fungono da sostegno alla cupola. Il sepolcro che ospita i resti del sultano è decorato con intarsi a struttura geometrica con simbologia astronomica, ed è presente inoltre una sala dedicata alla preghiera coranica. Cfr. H. STIERLIN, Arte islamica nel Mediterraneo. Da Damasco a Granada, Vercelli, White Star, 2005, p. 176.

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L’Architettura Funeraria Timuride tra Metafisica e Simbolismo

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Informazioni tesi

  Autore: Gaetano Piraino
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Studi Orientali
  Corso: Scienze storiche ed orientalistiche
  Relatore: Mattia Guidetti Gaetano Piraino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 231

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