Ernesto Rossi. Un pazzo malinconico
L’antifascismo
“Lo Stato totalitario moderno dispone di mezzi per condizionare i cervelli, e per imporre l’obbedienza ai dissenzienti, enormemente più efficaci di quelli di cui disponevano i regimi assoluti del passato. […] Chi ha visto le interminabili sfilate in parata delle camicie nere, dei giovani, dei contadini, degli operai, degli atleti, dei preti, delle monache, delle madre prolifiche, chi ha assistito alle cerimonie nelle quali le più alte cariche dello Stato facevano atto di devozione al regime, ed alle dimostrazioni oceaniche nelle maggiori piazze d’Italia, alle folle deliranti per il duce, può intendere quali sentimenti dovesse vincere chi continuava la lotta anche dopo superata la crisi per l’assassinio Matteotti: aveva veramente l’impressione di muovere all’assalto del Monte Bianco armato solo di uno stuzzicadenti”.
(E. Rossi, Introduzione a No al fascismo, Einaudi, Torino 1957, pp. 10-11).
Tra la fine del 1922 e il maggio del 1924 l’attività di Rossi si concentra su tre fronti: il lavoro di segretario all’Agraria; la direzione del settimanale “Il Giornale degli Agricoltori Toscani”, che inizierà le pubblicazioni il 4 dicembre 1923; e l’impegno politico al “Circolo di Cultura”.
Il lavoro all’Agraria e la direzione del settimanale sono il primo banco di prova della sua azione antifascista. Il tentativo è quello di far leva sugli interessi degli agricoltori per coalizzarli contro la politica protezionista del regime.
“Sono così riuscito ad iniziare la propaganda contro la politica protezionista dei grandi industriali che oggi e sempre hanno diretto la nostra vita nazionale secondo quanto ritenevano essere loro maggiore interesse”.
I fascisti non stanno certo a guardare e intensificano la pressione intimidatoria sulle associazioni agrarie: “I sindacati fascisti stanno assorbendo le agrarie, ed io non potrei continuare nel mio impiego se l’Agraria toscana diventasse pure fascista”. Ma il settimanale è di proprietà di azionisti esterni che gli permettono sin dall’inizio di esprimere le sue idee, e di dare al giornale un taglio nettamente politico. Di queste colonne Rossi si serve per potenziare il lavoro di propaganda antifascista.
Dalla critica delle scelte operate dal regime in ambito economico a danno degli interessi degli agricoltori, prende spunto per esprimere la sua disapprovazione di tutti gli altri “vizi” del fascismo: “illeciti legami fra uomini di governo e gruppi plutocratici; giornali ministeriali che sorgono con milioni di finanzieri abituati a far rendere il mille per cento al proprio denaro; il diritto di associazione e di propaganda concesso ad una sola parte; la magistratura che non inquisisce per reati di azione pubblica quando possono essere giustificati dalla ragione di stato; la violenza contro i dissenzienti e gli oppositori”; si deve “dimenticare l’assurda distinzione in nazionali e antinazionali basata sulla caratteristica formale della appartenenza o meno ad un partito, distinzione con la quale si sono messi al bando più infame uomini che hanno saputo ieri difendere, con i sacrifici più grandi, l’indipendenza dello stesso paese”.
Il “Circolo di Cultura” si riuniva ogni sabato “per discutere un problema di politica”. Ne facevano parte, oltre a Ernesto, il suo “Maestro” Salvemini, i fratelli Carlo e Nello Rosselli, Piero Calamandrei, Piero Jahier e altri professionisti e docenti; le riunioni, comunque, erano aperte a chiunque volesse parteciparvi. Il Circolo, fino a che i fascisti non ne ordinarono la chiusura nel gennaio 1925, rappresentò un’importante occasione di studio e di scambio di idee sulle problematiche politiche nonché di aggregazione per le forze antifasciste fiorentine.
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Ernesto Rossi. Un pazzo malinconico
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Informazioni tesi
Autore: | Giuliana Podda |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze della politica |
Relatore: | Gaetano Pecora |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 163 |
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