Disagi affettivo-relazionali in un bambino in affidamento familiare: una proposta di intervento pedagogico - clinico
L’affidamento in comunità o istituto
Se non viene reperita una famiglia o una persona singola l’affido potrà essere fatto ad un istituto o comunità.
Questa forma di affidamento è da effettuarsi quando ogni altra forma di assistenza si sia rivelata impraticabile, così come si affermava già nel 1978, ancor prima dell’entrata in vigore della legge n.184, in una direttiva della regione Emilia Romagna “[…] l’ammissione di un minore in istituto dovrà essere consentita solo in mancanza di ogni altro intervento assistenziale e non altrimenti evitabile”.
La comunità di tipo familiare sembra essere tra queste la soluzione migliore nei casi in cui non ci sia alternativa; è costituita generalmente da un gruppo di minori (non superiore a 7-8) che vive in una casa sotto la responsabilità di educatori (figure maschili e femminili di riferimento) e un equipe di diverse professionalità. E' una struttura educativo-assistenziale il cui ambiente umano e fisico-abitativo è il più possibile vicino a quello familiare, orientato a ricostruire un sistema di rapporti affettivi e relazionali armonici e personalizzati.
È comunque anche questa una soluzione subordinata cioè attuata solo dopo il fallimento di interventi di aiuto, ed è attuata per il superamento dell’istituzionalizzazione dei minori, così come enunciato nell’Art.2, comma 4 della legge 184/836; inoltre nel disegno di legge che successivamente la modifica si precisa che i bambini al di sotto dei 6 anni non possono essere istituzionalizzati ma soltanto inseriti in famiglie affidatarie o eventualmente in comunità di tipo famigliare, e fissa una data (31 Dicembre 2006) entro la quale deve essere superato il ricovero in istituto, anche se sulla base dell’esperienza e letteratura occorrerebbe escludere la comunità di ogni tipo nella fascia di età infantile (0-10).
In determinate situazioni comunque la comunità può risultare più adatta rispetto all’affidamento familiare, come molto spesso per un adolescente che ha ormai interiorizzato le figure genitoriali, anche se in modo emotivamente ambivalente, non è accettabile la riproposizione di un’altra famiglia, in quanto tale situazione può riaprire “ferite profonde” che aggravano la sua condizione.
Alcuni sostengono che per l’adolescente l’incontro con la famiglia affidataria, può essere invece, la risposta adeguata a bisogni di dipendenza a lungo frustrati; può dare una compensazione ad esperienze di adultizzazione precoce, permettendogli di sperimentare una situazione in cui non si deve occupare di adulti fragili o di fratelli bisognosi e gli permette, inoltre, di confrontarsi con dinamiche di vita non legate al disagio, alla sofferenza, alla patologia.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Disagi affettivo-relazionali in un bambino in affidamento familiare: una proposta di intervento pedagogico - clinico
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Informazioni tesi
Autore: | Cristina Pirri |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Master per la professione di Pedagogista Clinico |
Anno: | 2011 |
Docente/Relatore: | Guido Pesci |
Istituito da: | ISFAR - Istituto Formazione Aggiornamento Ricerca di Firenze |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 61 |
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