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La maternità in carcere: gli effetti della co-detenzione sullo sviluppo del bambino

L’affettività nella reclusione: quali significati?

La reclusione comporta di per sé, come evento, sensazioni quali spavento, paura, dove una conseguente valutazione cognitiva della situazione, favorisce e mette in atto delle difese fisiologiche, espressive, linguistiche ed esperienziali.
Questo avviene nonostante si sia consapevoli del fatto che il carcere implichi la perdita della conoscenza di sensazioni, emozioni, sentimenti importanti che fino a quel momento avevano accompagnato la vita di quel soggetto, poiché il carcere porta a sviluppare deprivazione sociale, sensoriale ed umanitaria in genere.
Serra e Fabrizi (1993), attribuendo un ruolo preponderante alla comunicazione non verbale all’interno del carcere, a scapito di quella verbale, affermano come vi sia la tendenza ad attuare risposte emotive estreme è quanto accade in carcere, proprio per non soccombere e non perdere la propria identità, il reo abbandona determinati valori precedenti all'internamento, per adattarsi al nuovo contesto di carcerazione.
E’ necessario partire dal presupposto che l’affettività, così come esiste “fuori”, esiste altresì in carcere, e nonostante abbia delle notevoli limitazioni, ha comunque le sue espressioni che, se capite e valorizzate, possono fare della manifestazione dell’affettività non solo un problema, ma una risorsa, finalizzata alla rieducazione.
Si possono raggruppare sotto il nome di “dimensione affettiva” moltissime espressioni comportamentali, emotive, istintive, a volte fisiologiche della persona, l’insieme dei sentimenti e delle emozioni di un individuo, che fanno parte del suo patrimonio personale e che lo accompagnano in ogni momento della sua vita, e che sono sentiti più o meno consapevolmente da parte sua e da coloro che gli sono accanto.
Fanno principalmente parte di tale area i rapporti della persona detenuta con il proprio nucleo familiare, con il personale penitenziario e con gli altri reclusi; queste diverse dimensioni se comprese nella loro origine e nei loro elementi costitutivi, se analizzate nelle loro fragilità e risorse, possono rappresentare un tentativo nel risolvere determinati problemi che la detenzione comporta, fornendo sostegno laddove necessiti o solamente di un’attenzione più accurata.
In particolare, l’area dei rapporti con le altre detenute, rappresenta un aspetto importante, poiché si colloca in una situazione dove tempo, spazio e comunicazione sono bloccati e ciò che acquista significato sono i movimenti del corpo, certi gesti cristallizzati, certe parole e frasi convenzionali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La maternità in carcere: gli effetti della co-detenzione sullo sviluppo del bambino

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Informazioni tesi

  Autore: Erika Vignola
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Fiorenzo Laghi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 121

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Parole chiave

attenzione
carcere
co-detenzione
detenute madri
diade madre-bambino
flessibilità attentiva
svilluppo infantile

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