Damasio: dalle teorie alla realtà.
Jung, archetipi e rappresentazioni disposizionali
Affrontiamo adesso la visione dell'inconscio secondo Jung. Egli sostiene che oltre all'inconscio personale esiste anche un inconscio collettivo.
«[...] L’inconscio collettivo è una parte della psiche che si può distinguere in negativo dall’inconscio personale per il fatto che non deve, come questo, la sua esistenza all’esperienza personale e non è perciò un’acquisizione personale. Mentre l’inconscio personale è formato essenzialmente da contenuti che sono stati un tempo consci, ma sono poi scomparsi dalla coscienza perché dimenticati o rimossi, i contenuti dell’inconscio collettivo non sono mai stati acquisiti individualmente, ma devono la loro esistenza esclusivamente all’ereditarietà. L’inconscio personale consiste sopratutto in "complessi"; il contenuto dell’inconscio collettivo, invece, è formato essenzialmente da "archetipi".
Il concetto di archetipo, che è un indispensabile correlato dell’idea di inconscio collettivo, indica l’esistenza nella psiche di forme determinate che sembrano essere presenti sempre e ovunque. La ricerca mitologica le chiama "motivi"; nella psicologia dei primitivi esse corrispondono al concetto di représentations collectives di Lévi-Bruhl; nel campo della religione comparata sono state definite da Hubert e Mauss "categorie dell’immaginazione". Adolf Bastian. molto tempo fa, le ha denominate "pensieri elementari" o "pensieri primordiali". Da questi riferimenti dovrebbe risultare abbastanza chiaro che la mia idea di archetipo - letteralmente una "forma preesistente" - non è isolata, ma è riscontrabile anche in altri campi della conoscenza.
La mia tesi dunque è la seguente: oltre alla nostra coscienza immediata, che è di natura del tutto personale e che riteniamo essere l’unica psiche empirica (anche se vi aggiungiamo come appendice l'inconscio personale), esiste un secondo sistema psichico di natura collettiva, universale e impersonale, che è identico in tutti gli individui. Quest’inconscio collettivo non si sviluppa individualmente, ma è ereditato. Esso consiste di forme preesistenti, gli archetipi, che possono diventare coscienti solo in un secondo momento e danno una forma determinata a certi contenuti psichici.
[...] Benché l’accusa di misticismo sia stata rivolta frequentemente alla mia concezione, devo di nuovo sottolineare che il concetto di inconscio collettivo non è né speculativo né filosofico, ma empirico. Il problema è semplicemente questo: esistono o non esistono forme universali inconsce di questo genere? Se sì, c’è una regione della psiche che si può denominare inconscio collettivo.» (Jung, 1936).
Sia che la connessione dell'individuo all'inconscio collettivo sia nata per ragioni materiali o mistiche, il termine inconscio collettivo descrive un'importante caratteristica comune a tutta l’umanità.
Possiamo quindi vedere l'inconscio collettivo come un elemento mistico oppure come l'insieme di rappresentazioni disposizionali innate che sono state acquisite nel corso di centinaia di migliaia di anni di evoluzione della specie umana e che vengono tramandate a livello genetico nel nostro DNA.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Damasio: dalle teorie alla realtà.
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Informazioni tesi
Autore: | Cristiano Pedretti |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università Telematica "E-Campus" |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Scienze e tecniche psicologiche |
Relatore: | Giulia Cavalli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 85 |
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