Un presunto errore d'archetipo nel testo del Novellino
Ipotesi di Lavoro
La novella LXI, corrispondente al modulo 30 dell'Ur-Novellino, ha per protagonista Socrate, presentato come filosofo romano e non greco. Questa anomalia, che nell'Ur-Novellino si presenta per ben due volte (moduli 30 e 66), è sempre stata ritenuta dalla critica un errore d'autore; in questo lavoro si avanzerà l'ipotesi che si tratti, in entrambi i casi, d'errore d'archetipo, e che l'originale avesse invece per protagonista Seneca.
Occorre precisare che per il Novellino risulta estremamente difficile trovare un errore comune a tutta la tradizione, in quanto i testimoni presentano gruppi diversi di novelle.
La novella LXI/30, con relativo errore, è attestata da entrambi i rami della tradizione, essendo presente in P1 (ramo α) e in VGzA (ramo β); per tanto l'errore risale o all'originale (errore d'autore) o all'archetipo.
Il modulo 66 invece è presente solo in P1 (pertanto con il solo errore contenuto in questo modulo non si può dimostrare l'esistenza dell'archetipo, ma in questo lavoro vi si farà riferimento come terzo termine di paragone tra la novella LXI/30 e le fonti individuate) ma come è stato detto in precedenza Conte lo considera originale.
Gli argomenti che saranno portati a sostegno dell'ipotesi formulata, con riferimento a diversi contributi critici, saranno principalmente di due tipi: confronti interni al testo dell' Ur-Novellino, confronti con fonti esterne al Novellino.
Ecco la trama della novella LXI/30:
Il soldano dei Greci, desideroso di affrancarsi dal tributo che deve ai Romani, invia degli ambasciatori a Roma con il compito di ottenere la libertà o con argomenti legali o con denaro.
Gli ambasciatori, una volta giunti, presentano le loro richieste al Consiglio di Roma, il quale rimette la decisione a Socrate; gli ambasciatori si dirigono verso la casa del filosofo.
L'aspetto modesto di Socrate e della sua casa induce gli ambasciatori greci a pensare che il filosofo sia facilmente corruttibile, perciò essi, dopo averlo adulato, gli offrono del denaro.
Socrate non risponde alle richieste degli ambasciatori, ma invita a cena i greci rinviando la decisione alla fine del pasto.
Consumata la cena frugale, Socrate chiede ai greci se sia meglio possedere una cosa oppure due cose. I greci rispondono che è meglio possedere due cose.
A quel punto il filosofo emette il suo giudizio: poiché è meglio possedere due cose, i Romani non devono affrancare i Greci mantenendo, in tal modo, sia il controllo delle persone dei Greci, sia dei loro averi.
L'origine dell'episodio risale all'aneddoto del condottiero romano Manio Curio Dentato, il quale respinge il tentativo di corruzione dei Sanniti. L'aneddoto è ampiamente attestato nella letteratura latina e la versione più simile individuata dalla critica si trova nei Facta et dicta memorabilia di Valerio Massimo (IV, III, V).
Rispetto a questa fonte però il racconto del Novellino è più elaborato e vivace e presenta dei particolari mutati.
Conte afferma che non si può stabilire se la riscrittura sia dovuta al compilatore o ad una fonte intermedia; inoltre è ipotizzabile una circolazione orale dell'episodio.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Un presunto errore d'archetipo nel testo del Novellino
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Informazioni tesi
Autore: | Chiara Ruocco |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Alessandro Pancheri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 33 |
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