Migranti e salute: l'opera di Tobie Nathan in Francia e primi sviluppi in Italia
Introduzione all’etnopsichiatria
Negli ultimi anni, con la costituzione di una dimensione multiculturale della nostra società, il tema della migrazione ha incominciato ad interessare anche chi si occupa dello studio della psiche: il complesso rapporto che intercorre tra evento migratorio ed eventuale disagio psichico ha prodotto nel tempo opinioni discordanti sulla pretesa di scientificità assunta dai nostri modelli teorici e nosografie, dalle nostre rappresentazioni sulla malattia e salute come criteri di validità universale ed universalmente applicabile.
La medicina occidentale, e soprattutto per ciò che attiene al disagio psichico, ha dovuto prendere atto di un fallimento di fronte ai risultati deludenti ottenuti nella cura dei pazienti provenienti da altri universi culturali. Occorre ripensare e guardare con attenzione critica ai nostri modelli teorici e “l’Etnopsichiatria è la prima scienza coerente con ciò che sta accadendo nel mondo” (Coppo 2003: 87).
Il termine etnopsichiatria si ritiene venne introdotto per la prima volta da Georges Devereux nel 1961, quando ancora si utilizzava la denominazione di Psichiatria transculturale per indicare l’ambito di studio della patologie dei pazienti di culture extraeuropee, anche se il termine era già stato introdotto anni prima da J. Carothers. Devereux la definisce come “..una tecnica terapeutica che riserva uguale importanza alla dimensione culturale del disturbo e della sua presa in carico da un lato, all’analisi dei funzionamenti interni della mente, dall’altro” (Devereux 1978).
Secondo le parole di Coppo, neuropsichiatra e psicoterapeuta, “L’etnopsichiatria rappresenta un saper-fare che nasce dagli interstizi tra alterità per farle dialogare senza che nessuna venga abolita per assimilazione o negazione…è, per la sua stessa struttura, un metodo per accogliere le diversità, per sviluppare l’aspetto generativo dei conflitti.. ed evitare che si trasformino in guerre” (Coppo 2003: 205-206).
La sfida è quella dell’elaborazione di un saper fare nuovo, multidisciplinare e multiculturale, che nasca dal vedere dall’alto, e in parallelo, i vari sistemi culturali e quindi anche i vari modelli antropologici e saper-fare terapeutici, tra i quali, ma sullo stesso livello gerarchico, anche quello prodotto in Occidente. Un saper-fare capace di rispettare e contenere differenze e specificità, in grado di mediare i conflitti tra gli inevitabili, ma anche auspicabili, perché portatori di diversità, localismi” (vedi Coppo 1996)
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Migranti e salute: l'opera di Tobie Nathan in Francia e primi sviluppi in Italia
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Informazioni tesi
Autore: | Giulia Valdettaro |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Scienze psicologiche |
Relatore: | Antonio Marazzi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 51 |
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