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I reati informatici in ambito relazionale e a sfondo sessuale: cyberstalking, cyberbullismo e pedopornografia online

Introduzione al fenomeno del bullismo

Esistono da tempi lontani varie manifestazioni di questo fenomeno ma uno studio sistematico della materia si è avuto solo nei primi anni Settanta del secolo scorso quando, Dan Olweus, professore di psicologia all'università di Bergen in Norvegia, scrisse e pubblicò il primo libro sul bullismo. Il professore definì il bullismo come una forma di prevaricazione o di vittimizzazione che si verifica quando taluno, nel corso del tempo, subisce ripetutamente azioni offensive da parte di uno o più individui con il preciso scopo di umiliare in modo costante le sue vittime fino ad arrivare a privarle della loro dignità e del loro valore. Olweus, nel tentativo di dare una definizione del fenomeno, fece esplicito riferimento agli studenti, limitando implicitamente la portata del fenomeno al solo ambito scolastico; ma la scuola, come purtroppo si evince dalla cronaca quotidiana, non è certo l'unico luogo in cui si verificano episodi di bullismo.
In Italia è stato l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza che ha cercato di dare una più ampia e corretta definizione del fenomeno: "Diciamo che un ragazzo subisce delle prepotenze quando un altro ragazzo, o un gruppo di ragazzi, gli dicono cose cattive e spiacevoli, riceve colpi, pugni, calci e minacce, quando viene rinchiuso in una stanza, riceve bigliettini con offese e parolacce, quando nessuno gli rivolge mai la parola. Questi fatti capitano spesso e chi subisce non riesce a difendersi. Si tratta sempre di prepotenze quando un ragazzo viene preso in giro ripetutamente e con cattiveria. Non si tratta di prepotenze quando due ragazzi, all'incirca della stessa forza, litigano tra loro o fanno la lotta".
Quindi il bullismo è una forma di violenza - fisica, verbale o psicologica - destinata a provocare conseguenze devastanti sulla vittima, anche a causa del suo inesorabile protrarsi nel tempo. Gli atti di bullismo sono favoriti oltre che da uno squilibrio di fondo tra la vittima e il suo carnefice, generalmente dotato di maggiore forza fisica, anche da fattori sociali come il sostegno del "branco" a cui generalmente il bullo si accompagna. Il "branco" ha una propria organizzazione; esso è composto dal c.d. "capobranco" che è un soggetto dotato di particolare aggressività e impulsività e spesso anche di grande forza fisica che produce, come effetto diretto, quello di incrementare la sua autostima; tale forza lo porta a prediligere la violenza; è scarsamente empatico e incurante dei sentimenti altrui. A fianco del bullo troviamo i c.d. "bulli secondari" coloro che, pur non commettendo in prima persona il fatto lesivo, incitano il bullo e lo sostengono e lo assecondano quando questo umilia la vittima. L'atteggiamento passivo nei confronti della vittima li rende comunque colpevoli in quanto, così facendo, legittimano la violenza posta in essere, tanto che si può ragionevolmente affermare che, in loro assenza, il "carnefice" perderebbe parte della sua forza. Vi sono poi gli "outsider" cioè coloro che, pur assistendo alle aggressioni subite dal loro coetaneo (nonché compagno di scuola nella gran parte dei fenomeni di bullismo), restano silenti, quasi non avessero reazioni rispetto a quanto accade; anch'essi contribuiscono a legittimare il comportamento del bullo. La loro connivenza rispetto al verificarsi della violenza ingiustificata è spesso dovuta alla paura di essere a loro volta presi di mira. Accanto a queste categorie di soggetti può affiancarsi un piccolo gruppo (generalmente composto da femmine per il più elevato livello di empatia che tendono naturalmente ad avere) che tenta di proteggere la vittima, consolandola e combattendo l'effetto isolamento.
In tema di responsabilità, la Corte di cassazione, con sentenza n. 20192 del 2014, ha stabilito che quando all'episodio criminoso abbiano partecipato più soggetti, essi sono tutti responsabili senza distinzioni: sia quelli che hanno avuto un ruolo di primo piano che quelli aventi una funzione solo strumentale e marginale; la responsabilità dei coautori del reato è solidale per cui è possibile per il danneggiato chiedere l'intero risarcimento anche a uno solo dei responsabili, salvo poi riconoscere a quest'ultimo il diritto di rivalersi sugli altri corresponsabili in solido. Il danneggiato, dunque, non ha l'onere di provare la misura delle rispettive responsabilità potendo anche rivolgersi alternativamente a più persone. Poiché le condotte violente sono quasi sempre prive di qualsivoglia motivazione, la sofferenza ingiustamente patita, genera nella vittima rabbia e frustrazione. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

I reati informatici in ambito relazionale e a sfondo sessuale: cyberstalking, cyberbullismo e pedopornografia online

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Informazioni tesi

  Autore: Gianpiero Greco
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2020-21
  Università: Università Telematica Pegaso
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Gianluca  D'Aiuto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 188

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Parole chiave

diritto penale
diritto dell'informatica
cybercrime
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cyberstalking
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cyber molestie
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