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Cyberbullismo: quando la "condivisione sociale" diventa "condivisione d'odio"

Internet come strumento di controllo sociale

Nel momento in cui un utente pubblica determinati contenuti – foto, video, o semplicemente testi scritti – su una piattaforma social, quest’ultima diventa un anello di congiunzione tra il suddetto e la propria audience. La comunicazione con tale audience diviene più “selettiva”, a discrezione dell’utente, nel momento in cui questi si avvale della capacità di modificare le impostazioni della privacy inerenti alla visibilità dei contenuti postati. Sin dagli albori dei social media si è spesso dibattuto sul tema della privacy, una delle affordances il cui utilizzo si manifesta in una sorta di “zona grigia” che separa un contesto pubblico da uno privato: nei social media “statici”, la privacy è correlata alle impostazioni di visibilità del profilo dell’utente, mentre in quelli “dinamici” riguarda la visibilità dei post condivisi dall’utenti29.

Appurata l’esistenza di questo labile confine, è possibile distinguere tre tipologie di privacy nei social media:
• Privacy di rete, volta alla “privatizzazione” delle relazioni intraprese con individui appartenenti a una determinata rete sociale;
• Privacy di diffusione, attraverso la quale sono resi accessibili determinati contenuti soltanto ad una “fetta” di pubblico virtuale più ristretta, che costituisce un’audience;
• Privacy di flusso, che rende inaccessibili determinate conversazioni – che siano tra due o più individui – su scala globale, fatta eccezione per gli interlocutori coinvolti in esse.30

Le logiche della privacy contribuiscono allo sviluppo di un’omofilia delle reti, definizione che delinea la tendenza ad approcciarsi e tessere relazioni con altre persone con cui si ha una comunanza di pensieri, interessi e ideologie, comunanza che regge le fondamenta del social sharing. Generalmente la limitazione della visibilità ad un proprio, ristretto plebiscito personale è legata a diverse motivazioni, in particolar modo alla volontà da parte degli utenti di crearsi un proprio safe space. Tuttavia, è lecito domandarsi se questo “spazio sicuro” possa fattualmente esistere e le numerose contraddizioni persistenti nel contesto del web 2.0 rendono, se non impossibile, in qualche modo infattibile l’esistenza di suddetto spazio. Oggigiorno l’utilizzo di Internet e dei social network e l’ausilio delle infinite risorse da loro predisposte è totalmente gratuito. Ciò avviene per una ragione specifica, poiché all’interno delle relazioni sociali da loro intessute gli individui “sorvegliano e sono sorvegliati a loro volta”, attraverso un incessante scambio di informazioni tra i suddetti ed altri gruppi di individui, scambio che avviene anche e soprattutto attraverso la condivisione di contenuti: in tal senso, secondo Lovink, “i profili di milioni di giovani ingenui cui piace divertirsi vengono analizzati e confrontati con i loro comportamenti in rete”.31
Qui entra in gioco in primis il paradosso della privacy, definizione secondo la quale esiste un dislivello tra la preoccupazione degli utenti circa la diffusione dei propri dati ed informazioni personali – che, metaforicamente, lasciano un segno permanente su Internet a mo’ di “impronta digitale” – e l’effettiva facilità con cui i suddetti incoraggiano tale diffusione: ciò è dovuto principalmente ad una mancata consapevolezza dei rischi connessi ad una eccessiva esposizione della propria identità digitale, oltre che ad una mancanza di competenze circa le modalità d’uso dei social e la gestione delle impostazioni inerenti alla privacy. In secondo luogo, si assiste al paradosso del controllo, che nasce nel momento in cui il monitoraggio dei dati da parte degli utenti perde di significato: suddetti dati, una volta resi pubblici, diventano usufruibili da parte di istituzioni ed aziende, poiché l’utente che li ha condivisi “perde il controllo” su di essi (il caso del furto di dati, legato talvolta ad un utilizzo illecito degli stessi, avvalora tale perdita di controllo).32 La ragion d’essere dei due sopracitati paradossi è insita in un permanente compromesso tra l’utente e le logiche dei social network poiché, nel momento in cui un utente delinea la propria identità digitale aprendo un proprio profilo sui social media, acquisisce consapevolezza nel dover rinunciare al pieno controllo dei propri dati e delle proprie informazioni tramite un processo di negoziazione incentrato su due livelli: il primo riguarda l’inserimento di suddetti dati da parte dell’utente; il secondo prevede la cessione di questi ultimi ai titolari della piattaforma (ragion per cui si tende a parlare di consenso informato) per usufruire, in cambio, di determinati vantaggi offerti dalla socialità nel contesto digitale.33



29 N. Vittadini, Social Media Studies. I social media alla soglia della maturità: storie, teorie e temi, FrancoAngeli, Milano, 2018, pp. 128-129
30 Ivi, pag. 130
31 G. Lovink, Zero comments: teoria critica di Internet, Mondadori, Milano, 2008, pag. 21
32 N. Vittadini, Social Media Studies. I social media alla soglia della maturità: storie, teorie e temi, FrancoAngeli, Milano, 2018, pp. 147-148
33 Ivi, pp. 148-150

Questo brano è tratto dalla tesi:

Cyberbullismo: quando la "condivisione sociale" diventa "condivisione d'odio"

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Di Meglio
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2023-24
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Scienze Sociali
  Corso: Sociologia
  Relatore: Mirella Paolillo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 64

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