Orientamenti etici nelle terapie intensive neonatali
Incertezza scientifica
Indirettamente sembrano non essere le scelte mediche di volta in volta moralmente discutibili ma lo stesso progresso medico in modo particolare quando pone in modo indiscutibile la logica della sopravvivenza come un valore che prevale sulla morte e sulla sofferenza soprattutto quella legata a sopravvivenza con disabilità. Ancora di più pesa il generale silenzio sulla natura sperimentale dei trattamenti intensivi neonatali e l'autocertificazione morale della sperimentazione che deriva dall'applicazione corretta e formale delle procedure mediche identificando in ciò l'eticità delle cure anche prescindendo dal consenso dei genitori del neonato. Appare dunque sufficientemente evidente come il progresso della biotecnologia medica consenta la sopravvivenza del feto ad età gestazionali sempre più basse comportando, nel medesimo tempo, una incertezza della prognosi. Secondo alcuni critici non sembrerebbe azzardato affermare che la medicina non sia in grado di porre rimedio ai danni alla salute che spesso ha contribuito essa stessa a causare. Sottoporre il neonato gravemente immaturo a cure intensive non garantisce la sopravvivenza così come astenersi non ne garantisce la morte o almeno la morte immediata. Di Canio (2011) parla di falsa neutralità morale dei giudizi scientifici di "efficacia", "prognosi buona", "prognosi infausta", "tollerabilità al rischio".
In tale contesto di incertezza scientifica e morale non ci si può tuttavia esimere dal saper collocare, con una certa serenità, la tradizionale etica medica dei doveri, cioè di trattare o non trattare il paziente senza che questo diventi un esercizio di paternalismo medico. Fu importante, a tale proposito, la testimonianza nel 1973 dei medici pediatri Raymond S. Duff e A.G.M. Campbell quando portarono a conoscenza (non soltanto alla comunità scientifica) che nella loro unità di terapia intensiva neonatale venivano prese decisioni di fine vita, particolarmente per quei pazienti affetti da anomalie multiple come la trisomia e la spina bifida. Nelle loro argomentazioni vi era testimonianza dell'incertezza, espressa nel comune dubbio di genitori e medici, sul diritto di morire del neonato che non avrebbe mai avuto una vita pienamente umana che poteva esistere soltanto attraverso l'astensione dalle terapie intensive o rianimatorie. Immediatamente successivo a questa rivoluzionaria testimonianza vi fu l'intervento del teologo gesuita R. Mc. Cormick secondo il quale, il comandamento cristiano dell'amore attribuirebbe al "carattere relazionale dell'individuo" il vero significato della vita umana. Vita umana che, secondo la sua interpretazione di teologo cristiano, non sarebbe un valore da perseverare in "sé e per sé stessa" ma un bene relativo da preservare come condizione per altri valori e quindi finché, come questi altri valori, rimane realizzabile (Mc. Cormick, 1974 pag 175).
Questo brano è tratto dalla tesi:
Orientamenti etici nelle terapie intensive neonatali
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Informazioni tesi
Autore: | Pasqualino Cauzzo |
Tipo: | Tesi di Specializzazione/Perfezionamento |
Specializzazione in | Bioetica |
Anno: | 2012 |
Docente/Relatore: | Corrado Viafora |
Istituito da: | Università degli Studi di Padova |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 33 |
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